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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

GIÀ APERTE LE REGISTRAZIONI PER IL 12 DICEMBRE. MOLTE LE CANDIDATURE FEMMINILI. È LA PRIMA VOLTA NEL REGNO RIVOLUZIONE SAUDITA ANCHE LE DONNE POTRANNO VOTARE


È un’estate molto calda, quella vissuta dall’Arabia Saudita, e non solo per le temperature e per le minacce del terrorismo islamico. Nel regno che vide nascere l’islam, dove tutt’ora vige la sua versione ultraconservatrice wahhabita, è cominciato il conto alla rovescia per le elezioni municipali, che passeranno alla storia come le prime in cui le donne saudite potranno votare ed essere votate. La Commissione elettorale, di cui fanno parte anche tre donne, ha fissato il calendario: le registrazioni sono cominciate a fine agosto, e alle urne, salvo sorprese, si andrà il 12 dicembre.
Il Paese è attraversato da sentimenti contrastanti: la voglia di cambiamento si scontra con granitiche tradizioni, ma questa volto indietro non si torna, ormai anche gli uomini, perfino i religiosi più tradizionalisti, lo sanno. La prova? I titoli dei quotidiani locali in inglese, dal Saudi Gaiette ad Arab News, che a giugno hanno dato risalto alle «80 donne in corsa per il consiglio della Provincia Orientale», la più grande e ricca di petrolio, dove si trova Damman, il principale porto saudita nel Golfo. Colpisce che la partecipazione femminile al voto, proprio in questo regione strategica, trovi tanto spazio su giornali destinati a lettori stranieri: un messaggio al mondo, per ribadire la promessa fatta dal defunto re Abdullah e mantenuto dall’attuale sovrano, Salman. E non è un caso isolato: del voto femminile si parla e si scrive, perché non è più un tabù.
Quanto alle donne, erano già in attesa dal 2011, quando l’ora X del suffragio femminile sembrava sul punto di scattare: quattro anni fa la delusione fu tonto, ma loro non si sono date per vinte.
Tra tutte le campagne di sensibilizzazione spicca Baladi (in arabo, il mio Paese). Lanciato per le municipali del 2011, promuove la partecipazione femminile in politica attraverso training e lezioni per «allenare» le saudite. Dal 2013 ai loro workshop hanno partecipato oltre 360 donne, alle quali è stato insegnato non soltanto come votare, ma anche come essere votate. Fowziyah Al-Hani, attivista di Baladi, spiega quanto sia difficile, anche per le più emancipate, candidarsi: «Molte temono che i loro programmi potranno essere copiati una volta resi pubblici, per altre è un problema sostenere, dal punto di vista emotivo o finanziario, la campagna elettorale».
Eppure, nonostante i timori, le speranze sono molte, anche per l’impegno delle autorità saudite, che stavolta sono in prima linea nel promuovere il voto femminile. La campagna Baladi ha già tenuto un corso per le imprenditrici, sempre nella Provincia Orientale, in collaborazione con la Camera di commercio locale; mentre, insieme alla Alwaleed Bin Talal Foundation e all’Istituto arabo per lo sviluppo urbano, intende coinvolgere il ministero delle Municipalità e degli affari rurali per raggiungere le donne nelle campagne.
L’impegno ce lo stanno mettendo tutte e tutti, e questo volto sembra improbabile un nuovo stop come accadde nel 2011, anche perché da allora le donne hanno conquistato sempre più posizioni. «La partecipazione femminile al Consiglio della Shura ha migliorato la società saudita» spiega Al-Hani. Il riferimento è alla rivoluzione del gennaio 2013, quando per legge Abdullah stabilì che 30 donne, su 150 membri, sedessero nella Shura, una sorto di Parlamento con funzioni consultive e non legislative. E non è il solo segnale di apertura. Di giugno è l’annuncio che si sto studiando la possibilità di far viaggiare le donne senza l’autorizzazione del tutore legale – cioè un uomo della famiglia – anche all’estero, che significa poter chiedere o rinnovare il passaporto in tutto autonomia: sarebbe un’altra rivoluzione. Ma ora la priorità è il voto, in attesa che cada anche l’altro tabù: poter guidare. ■