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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

SILENZIO, PARLA AGNESE

L’ultima prova di firstladysmo l’ha offerta la settimana scorsa, a Firenze. Mentre ai piani alti di Palazzo Vecchio Matteo Renzi conversava con Benjamin Netanyahu, nel salone dei Cinquecento, sotto i dipinti del Vasari, la moglie del premier israeliano Sara veniva intrattenuta dalla signora Agnese Renzi, perfettamente a suo agio e in grado di esprimersi in un inglese corretto, comunque più comprensibile di quello del marito. E tutti i presenti hanno capito che ormai la metamorfosi di Agnese si è compiuta: da insegnante precaria a prima donna dello Stato.
«Non farò mai la first lady», giurava Agnese Landini, da sedici anni moglie di Renzi dopo lungo fidanzamento. «Non siamo in America dove le mogli dei politici fanno discorsi in pubblico. Vi prego, prendete atto che da ora in poi io non esisto», annunciò ai cronisti che assediavano la sua casa di Pontassieve quando Matteo giurò al Quirinale, il 22 febbraio 2014. Promessa mantenuta, almeno all’inizio del mandato. Due giorni dopo Agnese si nascose quasi in una tribuna del Senato, per assistere al primo discorso del marito da premier, affiancata soltanto dall’amico Marco Carrai. E seminò i cronisti all’uscita. Un mese dopo, durante il primo viaggio all’estero, a Parigi per il vertice italo-francese, mentre Renzi parlava con François Hollande, visitò il museo d’Orsay e qualche via del centro. Con particolare interesse, perché a Parigi non c’era mai stata.
Negli ultimi tempi, invece, la signora Renzi ha cominciato a calarsi nella parte. C’è una data simbolica che segna il passaggio di Agnese dal nascondimento della provincia al red carpet delle celebrities internazionali. II primo maggio, l’inaugurazione dell’Expo a Milano. Uno spartiacque, registrato dall’archivio fotografico del sito di Palazzo Chigi curato da Tiberio Barchielli, il ritrattista di corte, uno di casa, originario di Rignano sull’Arno. Su 5722 immagini, in gran parte scattate durante il governo Renzi, quelle in cui appare la moglie del premier non superano il centinaio. Ma sono concentrate in gran parte negli ultimi cinque mesi. Fino all’Expo la signora Renzi si era concessa qualche rara uscita pubblica: il vertice dei G20 di Brisbane in Australia, il raduno degli scout di San Rossore, un viaggio in Cina e Vietnam. Sempre un passo dietro il marito, il sorriso tirato, la pettinatura nevrotizzata e incerta che trasmetteva una sensazione di disagio. Qualcosa, ora, è cambiato. La nuova Agnese affianca alla pari Michelle Obama in visita all’Expo e poi la coppia Merkel vestita di rosso fiammante, fa un perfetto inchino di fronte all’imperatrice del Giappone, spunta tra i grandi del mondo non più alle spalle ma a fianco del marito. E si muove senza consorte: all’ultimo meeting di Comunione e liberazione a Rimini è andata ad ascoltare in prima fila la first lady afghana Rula Ghani che l’ha definita «una mia carissima amica». Un altro passo verso l’abbandono della ritrosia dei primi tempi e un’interpretazione più attiva del ruolo di moglie del premier, se non di protagonista.
Nella Prima Repubblica la moglie del presidente del Consiglio era una figura politicamente inesistente, nonostante l’influenza riconosciuta di donne come Livia Danese Andreotti. Nella Seconda Repubblica, con il berlusconismo e la personalizzazione della politica, anche le consorti più sobrie hanno dovuto rassegnarsi a cedere quote di visibilità. E l’Italia ha conosciuto first lady protagoniste (Donatella Pasquali Zingone Dini), riservate (Flavia Franzoni Prodi), invisibili (Diana Vincenzi Amato). Ironiche, come la signora Elsa Monti che comunicò il costo del veglione di Capodanno e fu dimenticata dal marito Mario Monti in una visita di Stato in Giappone. E il trauma di una guerra a colpi di lettere sui giornali, cause di divorzio milionarie, insulti e tradimenti nel caso della saga Silvio Berlusconi-Veronica Lario. In linea con quanto succede da decenni nei paesi a sistema presidenziale, gli Stati Uniti di Hillary Clinton, oggi candidata alla Casa Bianca, e la Francia di Carla Bruni Sarkozy e delle baruffe sentimentali attorno a Hollande. Con una crescente spendibilità mediatica della consorte del capo del governo di turno. E le conseguenze (negative) dell’amore, quando si trasforma in separazione, specie se non consensuale.
Fino a poco tempo fa Agnese Renzi è stata una moglie dell’assenza. Una naturale seguace del filosofo francese Pierre Zaoui, teorico dell’arte dello scomparire e della discrezione come virtù politica. Tutta casa e famiglia: la persona che vede più spesso è la cognata Matilde, la sorella del premier, con il marito Andrea, con loro e i figli fa anche le vacanze. A Pontassieve, a casa sua, continua a muoversi senza scorta. E senza scorta si è fatta vedere nell’istituto Ernesto Balducci, dove insegna lettere, nei giorni caldi della rivolta dei docenti contro la riforma della scuola del governo Renzi. Nessun politico tra le frequentazioni, con una sola eccezione. Quando Matteo ha compiuto quarant’anni l’unico ammesso in casa è stato Marco Carrai, l’onnipresente ambasciatore renziano nel mondo degli affari e in Israele. Di Marchino la coppia Renzi è stata testimone di nozze. E quando Carrai si lasciò con la precedente fidanzata Matteo abbandonò tutti gli impegni per fare una telefonata e comunicare la notizia: a Agnese, naturalmente.
Ora la Landini Renzi appare, e non solo sui settimanali di gossip in bikini. I renziani negano che le uscite di Agnese siano il risultato di una sofisticata strategia comunicativa. Le foto messe in circolo dallo spin di Palazzo Chigi Filippo Sensi su Instagram la ritraggono di spalle o di profilo, in posa defilata o come quella di chi sta per salire sul palcoscenico. Agnese non ha uno staff, non ha un ufficio stampa, i cronisti che hanno il suo numero la chiamano direttamente ottenendo sempre un rifiuto a parlare. Non si conoscono consiglieri per l’immagine, eppure sta diventando sempre più elaborata, nella scelta dei vestiti e dei colori, nelle movenze. Difficile pensare che un premier ossessionato dalla comunicazione non ragioni sul messaggio pubblico che può trasmettere sua moglie. Per quasi un anno si è faticato a costruire un taglio narrativo attorno alla first lady. Ora c’è un doppio vuoto da coprire. Un vuoto rappresentativo: non c’è una prima donna repubblicana, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è vedovo. E un vuoto politico: serve anche Agnese per rafforzare il lato comunicativo che Renzi percepisce come logorato da un anno e mezzo di governo, la vicinanza con le persone normali, le antenne indebolite sulla società e sulle periferie. Tendenza Agnese, un modo diverso di essere Renzi. Ma non contrapposto o alternativo, com’era Veronica Lario anche prima della clamorosa rottura con Silvio, semmai complementare. Renzi ama gli U2, lei la musica classica e l’opera lirica. Matteo è circondato da banchieri, finanzieri, poteri forti, la moglie frequenta le associazioni per persone con sindrome di Down Trisomia 21 o Oxfam Italia per la lotta alla fame nel mondo, è una signora buone cause. Renzi è l’amante dichiarato degli intrighi di "House of Cards", di Agnese si conosce l’attaccamento ai valori cattolici. Tradizionali, s’intende: al punto che si dice sia ostile al disegno di legge sulle unioni civili sbandierato dal marito. Un’opinione che pesa. Nel 2013, quando Renzi si candidò alla segreteria del Pd, attaccò a Bari l’idea di un’amnistia o di un indulto per svuotare le carceri, sostenuta da Giorgio Napolitano al Quirinale. A suggerire l’affondo era stata Agnese Renzi: la voce del senso popolare comune in casa del premier, per questo ascoltatissima. Mai una distinzione in pubblico, però, sulla riforma della scuola Agnese è stata più militante del marito. «Grazie Agnese, lei sa perché», la salutò Renzi il giorno della sua elezione a segretario del Pd. Lei sa tutto, è l’unica vera depositaria dei segreti di Matteo.
Nella sua normalità c’è la forza comunicativa di un personaggio destinato a crescere nel racconto renziano. Soprattutto in una futura campagna elettorale può rivelarsi una carta da spendere. E chissà che dietro la cortina di pudore Agnese non cominci a coltivare per sé l’idea di diventare la first lady della Repubblica che verrà fondata sul Giglio Magico. E in questa ambizione si dimostrerebbe totalmente renziana. Più di Matteo.