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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

NELLE SPIRALI AL CENTRO DEI PETALI IL GIRASOLE SI SVELA CON FIBONACCI

Una bellezza immediata e semplice quella dei girasoli (Helianthus annuus), capaci di rallegrare il giardino di fine estate con un tocco spontaneo e gradevolmente contadino. Eppure, a ben osservare, il loro è un funzionamento estremamente complesso, più di quello di molti altri fiori, e degno delle migliori ingegnerie botaniche.
Basti pensare al loro famoso eliotropismo: i capolini, così come le foglie, si orientano in direzione del sole, seguendolo da Est a Ovest nel corso della giornata, per reclinarsi al calar della sera. Quando il fiore poi si apre, il balletto finisce e lo stelo si blocca una volta per tutte. Anche la struttura del disco scuro al centro dei petali non scherza: è formata da un’elegante serie di spirali adiacenti, alcune in senso orario, altre antiorario, il cui numero segue niente di meno che la successione di Fibonacci. Un meccanismo così perfetto che si è quasi intimoriti dall’idea di recidere un girasole sfiorito e buttarlo via. E per fortuna: i fiori, già ambitissimi dalle api e soprattutto dalle coccinelle, seccando diventano una risorsa preziosa (anche se forse non bellissima) per uccelli di ogni tipo. I semi, che nelle specie da giardino sono più piccoli che in quelle da coltivazione ma pur sempre commestibili, possono assicurare la sopravvivenza durante i lunghi mesi invernali.
Originario dell’America centrale, del Messico o forse del Perù, dove era adorato dalle popolazioni Inca come simbolo del Dio Sole, fu portato in Spagna da Pizarro nel Cinquecento e coltivato nei giardini reali di Madrid. Da lì a poco arrivò in Italia, per il tramite dei Medici, e un secolo dopo divenne l’emblema botanico di Luigi XIV, che ne riempì un po’ tutta Versailles, da quelli cesellati in vasi, inferriate e maniglie a quelli allevati nelle grandi aiuole del Potager. Nei paesi dell’Est fu invece apprezzato per il suo olio, uno dei pochi che la tradizione ortodossa ammetteva nei periodi di digiuno, ed è da lì che deriva la storia del girasole come pianta «utile».
Di girasoli ne esistono numerosissime varietà, perché è una specie molto variabile e che si ibrida facilmente. Il vivaista Marco Gramaglia consiglia, tra quelli gialli a stelo alto, H.a. «Ring of fire» e H.a. «Valentine», quest’ultimo con petali giallo limone, mentre H.a. «Beauty of autumn» ha sfumature sul bruciato. Tra i multipetalo, c’è l’H.a. «Santa Fè», alto oltre il metro e mezzo, e tra le varietà nane l’H.a. «Pacino», coltivabile anche in vaso.
Il girasole è una delle annuali più facili da crescere, perché sa adattarsi a qualsiasi terreno purché assolato (anche se preferisce quello calcareo) e non teme né il freddo né il caldo: è una pianta ideale per orti e giardini di montagna. La semina può essere fatta scalarmente, da aprile fino a inizio di giugno, e se avviene in semenzaio occorre trapiantare prestissimo, per non tarpare lo slancio della crescita. I tempi sono da record: una settimana per germogliare e circa 70 giorni per il primo fiore, facendo attenzione alle lumache, che sono ghiotte dei germogli e possono provocare disastri.
I girasoli vogliono tant’acqua: un tempo erano utilizzati, insieme con gli eucalipti, per la bonifica delle terre acquitrinose. Se durante la crescita può resistere a brevi periodi di siccità, quando è in fiore funziona come un’idrovora: le innaffiature devono essere frequenti, ma evitando i ristagni, perché la base del fusto può marcire. Tanto slancio richiede un adeguato nutrimento: quando si pianta, è bene lavorare in profondità la terra, aggiungendo del letame maturo e durante la fioritura conviene somministrare una concimazione minerale ricca di potassio. Insieme ai girasoli è meglio non coltivare nient’altro: sono così voraci che qualsiasi altra erbacea soccomberebbe, tranne forse i convolvoli. In compenso, dopo di sé, lasciano un terreno fertile e ricco di residui organici, ideale per le coltivazioni dell’orto.