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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

VITTORI E L’ATLETICA SPARITA

«Dicono “ torniamo a Formia”, come se lì ci fosse l’acqua benedetta, ma non si rendono conto che...». Di lì è una valanga Carlo Vittori, 84 anni, mitico guru dell’atletica italiana degli anni d’oro, allenatore di Mennea e di una generazione che, come lui ricorda, racconta, evoca, «in 15 anni vinse 47 medaglie tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei».
Poi però, professor Vittori?
«Poi è finita. Non mancano gli atleti, no, tre anni fa al campionato italiano allievi c’erano 600 ragazzi entusiasti. Ma non ho riconosciuto un allenatore. Ecco cosa abbiamo perso: gli allenatori, noi che eravamo all’avanguardia nel mondo. Questa federazione poi ha fatto di tutto per allontanare anche quei pochi buoni».
È la storia del decentramento: cioè, la Fidal ha detto agli atleti “allenatevi a casa e cercatevi da soli i tecnici bravi”.
«Mi sembra semplicemente incredibile che una Federazione non sia in grado di mettere a disposizione dei suoi atleti un’ampia classe di tecnici. Ora dicono “torniamo a Formia”, pensando che basti mettere piede lì, rifare i ritiri, vivere in clausura, per tornare a fare risultati».
Cos’era la “vostra” Formia?
«Una struttura di livello mondiale, c’erano le persone giuste, medici, fisioterapisti, allenatori. Noi avevamo una sorta di intelligenza maieutica, la capacità cioè di saper trarre il meglio dall’atleta, dalla sua coscienza prima che dal suo corpo. Oggi si tende a saltare le tappe: si punta al risultato entro i 20 anni, poi si vive di rendita, sperando nell’exploit».
Dove sbaglia la Federazione?
«A non investire su questo, a cercare di rimediare qualche risultato qua e là, confidando nello stellone. A Pechino, per esempio, una medaglia dalla maratona o dalla marcia sarebbe anche potuta arrivare, e ora parleremmo di quella e metteremmo la testa sotto la sabbia. E invece una medaglia, arrivata in qualche modo, non avrebbe cambiato di una virgola una realtà drammatica».
Questa dirigenza dovrebbe andare a casa?
«Ci vuole una riflessione generale molto seria su cosa siamo diventati. Trincerarsi dietro le solite sciocchezze, tipo “in Italia non ci sono più vocazioni, i ragazzi si muovono poco, siamo quattro gatti” vuol dire non aver capito nulla. E poi, i due direttori tecnici Magnani e Baldini vengono dalla maratona, di pista, salti, lanci non sanno nulla, come possono far crescere una generazione che ha bisogno come il pane di specializzazione?» Qual è il posto naturale dell’atletica italiana nel mondo?
«Abbiamo un popolo naturalmente dotato di mezzi fisici straordinari. Per esempio, noi abbiamo avuto per un decennio il record mondiale della 4x200. In quella staffetta c’era Mennea, certo, ma anche altri tre velocisti di caratura internazionale. Poi ci siamo spenti, oggi il nostro centometrista a Pechino ha fatto 10”41, un risultato da campionati regionali. Viene da piangere a pensare a quello che siamo stati capaci di distruggere».
Qualcuno in Federazione le ha mai chiesto un consiglio, un parere, un’idea?
«I miei ultimi contatti con qualcuno della Fidal risalgono al 1988...».