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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

IL VERO MIRAGGIO È LA PRODUTTIVITÀ

La conferenza stampa di Mario Draghi ieri ha fatto scorrere qualche brivido sulla schiena dei mercati.
Ma in realtà è successo poco o niente. Draghi ha rimarcato l’ovvio: il rallentamento della Cina e dei mercati emergenti avrà effetti sostanziali sull’economia europea e la Bce è pronta ad agire con l’obiettivo di limitarli. Il risultato delle parole di Draghi è stato un calo dei tassi, un rafforzamento in borsa e un indebolimento dell’euro.
Sono effetti tipicamente a breve termine, presto riassorbiti dall’andamento dei fondamentali. La motivazione principale che sta dietro alle parole di Mario Draghi è invece data dalle nuove previsioni congiunturali della Bce. Le previsioni di crescita sono state aggiustate al ribasso di qualche decimo (un decimo quest’anno e due nel 2016 e 2017). Qualche decimo in più quelle che riguardano l’inflazione. Da questi numeri si deduce che, quantomeno sulla base dei modelli della Bce, la congiuntura mondiale è negativa ma nulla di drammatico. In queste condizioni, naturalmente, la Bce non può che annunciare una politica monetaria espansiva. Pochi sono stati i dettagli in conferenza stampa, ma le indicazioni generali ci sono tutte: il programma di acquisto titoli, attraverso il quale la banca centrale immette liquidità nel sistema economico, sarà esteso in termini di “dimensione, composizione e durata”.
Nulla di inatteso nemmeno qui: è quello che le banche centrali intendono fare in questi momenti, anche se è sempre rassicurante sentirselo dire dal governatore. Il fatto che invece la Fed sembri incerta riguardo al segno della propria politica monetaria, se rialzare i tassi o meno, non fa che aggiungere volatilità ai mercati in un momento in cui non ce ne sarebbe proprio bisogno.
Ma al di là dei decimali di crescita ed inflazione, dei nuovi acquisti di titoli della Bce, della volatilità dei mercati, la fantomatica ripresa che si aggira per l’Europa è sempre più un miraggio? È la domanda che tutti si pongono e attraverso la quale occorre leggere mosse e dichiarazioni della Bce. In Italia, in particolare, molto si è fatto e detto nei giorni scorsi a questo proposito, anche in seguito alla pubblicazione di nuovi dati Istat in qualche modo favorevoli. È cambiato tutto dopo le caute parole di Draghi? Di fatto, la ripresa sembra elusiva nei dati e siamo ancora tutti qui a chiederci se davvero ci sia. E poi sembra dipendere in modo fondamentale dalla domanda dei paesi emergenti e ci chiediamo se dopo le parole di Draghi tutto sia perduto. Questo suggerisce che se anche ci fosse, la ripresa, sarebbe comunque flebile e fragile. Il punto importante è che nelle aspettative di tutti, questa ripresa sarebbe trainata dalla domanda: un po’ di austerità in meno, un po’ di esportazioni in più, sfruttando l’indebolimento dell’Euro, liquidità a gogo dalla Bce (e dalla Fed) e via. Si prende quel che si può, naturalmente. Ma le riprese vere, quelle che durano e che famiglie e imprese sentono, sono trainate dall’offerta, da incrementi di produttività. E invece la produttività ristagna e gli investimenti ripartono a stento, ancora più lentamente dei consumi, secondo i dati Istat.
È necessario smettere di pensare all’economia sempre in termini congiunturali. Certo, il rallentamento dei paesi emergenti conta per due decimi di crescita l’anno, ed è un peccato perderli. Certo, la crisi ha colpito duramente l’economia europea in questi anni. Ma quanta crescita abbiamo perso, in Italia in particolare, non riuscendo a stare dietro agli incrementi di produttività nel resto del mondo sviluppato? Quanto la durezza della crisi è stata accentuata da politiche economiche rese necessarie dalla irresponsabilità fiscale precedente, in periodi di vacche più grasse? Il cambio dell’Euro favorevole dà un po’ di respiro alle imprese che esportano. Ma senza crescita della produttività questi non possono che essere fattori temporanei, congiunturali appunto.
Naturalmente, la produttività non è una variabile di politica economica, non si controlla come la domanda, attraverso spesa pubblica, cambi o liquidità. Richiede interventi profondi, lenti, complessi. È necessario alzare gli occhi dalla congiuntura e guardare alla crescita. Sembra un disco rotto, ma è necessario dare inizio a quelle riforme strutturali di cui si parla da anni, che permettano a cittadini e soprattutto imprese di investire e innovare.