Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 04 Venerdì calendario

COSI’ L’ONDA LUNGA CINESE PUO’ GELARE LA PRIMAVERA DELL’ECONOMIA ITALIANA

È inutile nasconderlo. Le parole di Draghi hanno gelato i freschi entusiasmi del governo per la doppia revisione Istat al rialzo del Pil italiano. Per un motivo molto semplice. A giugno, nel pieno del dramma greco, la Bce non aveva ritoccato le previsioni di Pil e inflazione. Ora sì. Ed entrambe al ribasso. Segno che la frenata della Cina e dei Paesi emergenti, il calo del prezzo del petrolio, le turbolenze di agosto sui mercati finanziari sono di gran lunga più pesanti del debito di Atene. E rischiano di contagiare l’Eurozona, zavorrando i primi vagiti di crescita.
«Nessuno può escludere che questi elementi di instabilità abbiano effetti sull’Italia», conferma il viceministro dell’Economia Enrico Morando. «È vero però che ora l’Italia, grazie alle riforme, è rientrata nel gruppo dei primi paesi europei. Cresciamo come gli altri e questo ci rassicura. Così come ci conforta la possibilità che il Quantitative easing possa essere prolungato ».
L’ipotesi dunque che la Bce continui a stampare moneta anche dopo il settembre del 2016 e addirittura possa aumentare gli importi di acquisto di titoli, oltre i 60 miliardi mensili, spegne per il momento gli incubi del governo. Aggrappato all’elicottero Mario, come l’America all’Helicopter Ben, negli anni in cui l’ex presidente della banca centrale Bernanke suggeriva di innaffiare il Paese di dollari lanciati dal cielo per rivitalizzare l’economia (riprendendo Friedman).
La “droga” della Bce che continua ad essere iniettata nei forzieri esausti della Vecchia Europa è però solo uno dei risvolti (tra l’altro ipotetici) del discorso di Draghi. Il presidente della Banca centrale europea non ha nascosto i suoi timori. Pur celebrando gli effetti positivi del Qe su Paesi come l’Italia e la Spagna, ha avvertito che nei prossimi mesi saremo di nuovo in deflazione. Un livello dei prezzi basso, addirittura negativo, significa che i consumi ancora latitano, i profitti delle imprese si spengono, l’economia non cresce, anzi si blocca nella palude. Fenomeni giudicati transitori perché legati soprattutto a prezzi delle materie prime, in primis il petrolio, molto bassi. Ma se dovessero risultare permanenti, l’elicottero Mario è pronto a decollare.
I mercati hanno festeggiato, come ovvio. Mentre l’Italia ritorna alla sobrietà, con i piedi per terra. «Non è il momento per un ottimismo inconsapevole, ma non fasciamoci la testa prima di averla rotta», ragiona ancora Morando. «Certo non fermano la bontà della strategia del governo. Bisogna correre, fare in fretta. Sfruttare tutti i fattori esterni che sono ancora positivi: Qe, euro forte, petrolio basso. E pensare che siamo di nuovo nel gruppo che conta. Se ora il gruppo cammina un po’ meno veloce, come dice Draghi, noi però ci siamo».
La preoccupazione crescente della Bce, pronta non solo a fare tutto quanto è necessario ma ora anche a passare dalle parole ai fatti, non può non investire in pieno il processo di definizione della legge di Stabilità italiana. Alla luce della parole di Draghi, la querelle con Bruxelles sulla Tasi assume connotati più seri. Ha senso sopprimere per sempre la tassa sulla prima casa e farlo per tutti? Non avrebbe più senso procedere, sin dal 2016, con un taglio delle tasse più incisivo sul lavoro? La questione, chiusa da Renzi, ora forse è riaperta da Draghi.