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 2015  settembre 03 Giovedì calendario

SESSO, I FARMACI GUASTAFESTE


Nel novembre 2012 il tribunale di Rennes emette un verdetto su una questione insolita. Da anni Didier J., padre di famiglia di 54 anni, persegue legalmente il laboratorio farmaceutico GlaxoSmithKline con l’accusa di avergli rovinato la vita. Didier è affetto dal morbo di Parkinson da sette anni, e assume un farmaco prodotto da questo laboratorio. Dopo aver iniziato a prendere la medicina il suo carattere ha subito una metamorfosi: da marito modello e padre attento, tranquillo consigliere municipale e responsabile di un’associazione sportiva della sua città – Indre, nella Loira Atlantica – Didier si è progressivamente trasformato in un praticante del sesso sfrenato e del gioco d’azzardo. Una discesa agli inferi che l’ha portato a dilapidare il proprio patrimonio, a piratare le coordinate bancarie degli amici e a sprofondare nella sessualità compulsiva, fino al punto di esibirsi su Internet, travestirsi e farsi violentare.
La GlaxoSmithKline è stata giudicata colpevole e condannata a versare 200.000 euro di indennizzo. Il verdetto è chiaro: la metamorfosi di Didier è stata provocata dall’assunzione di un farmaco prodotto dal laboratorio. Ma in che cosa consiste questo elisir del sesso sfrenato? Nel caso di Didier si tratta di un antiparkinsoniano della classe degli agonisti dopaminergici, il ropinirolo (Requip), che ha effetti collaterali sorprendenti: attrazione compulsiva verso il gioco d’azzardo, rapporti sessuali multipli e a rischio, ossessione per la pornografia e così via.

Condizionamento cerebrale
Il ropinirolo è un precursore della dopamina, molecola che alcuni neuroni – localizzati nella substantia nigra, una regione del cervello che nel morbo di Parkinson degenera progressivamente – usano per comunicare tra loro. In caso di malattia questi neuroni devono essere sovraccaricati di dopamina per svolgere le proprie funzioni, in particolare quella relativa al controllo del movimento, che è profondamente alterata nella malattia.
Ma c’è un problema: i neuroni che usano la dopamina svolgono anche un ruolo determinante nel desiderio sessuale. Si trovano in prossimità della substantia nigra in una regione cerebrale denominata area tegmentale ventrale, collegata a un autentico centro del piacere, il «nucleo accumbens». Bombardando il cervello di dopamina si curano i sintomi del Parkinson, ma il rischio è di farne comparire altri. Con il passare del tempo Didier, ignorando gli effetti della molecola, ha visto i propri pensieri, desideri e pulsioni trasformarsi per via di questo afflusso di dopamina.
Anche altri farmaci possono modificare il desiderio sessuale. Ne è testimone Sylviane P., di mestiere badante. Dopo un anno di antidepressivi la sua vita sessuale ha cominciato ad affievolirsi fino alla perdita di ogni desiderio. Quando, nonostante tutto, cerca di nuovo un rapporto sessuale, prova un totale vuoto di sensazioni. Dipende dalla cura?

Antidepressivi: libido in declino
Come Sylviane, 6 milioni di persone in Francia assumono antidepressivi (2,2 in Italia), con forti conseguenze sulla libido. Circa il 50 per cento degli uomini presenta problemi erettili accompagnati da perdita di piacere e di desiderio sessuale, mentre nelle donne le cifre oscillano tra il 20 e il 70 per cento a seconda degli studi. Nei depressi non trattati farmacologicamente la proporzione si riduce a meno della metà, confermando l’influenza degli antidepressivi sul calo della libido.
Come si produce questa singolare alchimia? Gli antidepressivi che provocano una diminuzione del desiderio modificano l’attività dei neuroni. Queste molecole, chiamate «inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina», aumentano artificialmente la concentrazione di un neurotrasmettitore, la serotonina appunto. La serotonina, talvolta detta «molecola della felicità», aiuta a sentirsi bene e a formulare progetti. Ma il rovescio della medaglia è che turba la sessualità. Si fissa infatti alla superficie dei neuroni situati in un importante centro del desiderio sessuale, l’area tegmentale ventrale, e alcuni suoi recettori modificano il funzionamento dei neuroni inibendone la produzione di dopamina. Diminuendo la dopamina, i circuiti del desiderio e del piacere rallentano fino a spegnere ogni desiderio sessuale.

Un fragile equilibrio
Gli anglosassoni hanno parlato di una «sindrome da disfunzione sessuale» legata all’assunzione di antidepressivi, che aumentano la concentrazione di serotonina. La sindrome può manifestarsi sotto forma di desiderio sessuale ipoattivo (calo o assenza di fantasie e desiderio sessuale, fino all’instaurarsi di profondo stress o difficoltà interpersonali), anedonia (perdita delle emozioni positive), problemi erettili, anorgasmia o eiaculazione ritardata.
In realtà il calo del desiderio è tale che alcuni antidepressivi (la dapoxetina) vengono usati per ritardare l’eiaculazione negli uomini che soffrono di eiaculazione precoce. Si comprende quindi come l’assunzione di questi farmaci sia ben lontana dall’essere innocua per la libido. Il desiderio sessuale è infatti il risultato di un fragile equilibrio fra la dopamina che tende ad aumentare il desiderio e la serotonina che tende a ridurlo. Naturalmente i farmaci che aumentano la concentrazione dell’una o dell’altra hanno effetti opposti sulla libido.
Questo principio permette di elaborare strategie di compensazione: alcuni composti che stimolano la liberazione di dopamina sono usati, al di fuori di ogni autorizzazione commerciale, per attenuare o sopprimere le disfunzioni sessuali indotte dagli antidepressivi o per bilanciare gli effetti di alcuni neurolettici; questi farmaci, impiegati nella cura di numerosi disturbi comportamentali, neutralizzano infatti l’azione della dopamina sostituendosi a essa sui recettori cerebrali. In questo caso la dopamina è presente, ma non serve più a nulla: i circuiti del desiderio sessuale sono a riposo. Alcuni farmaci antiparkinsoniani possono quindi rivelarsi utili perché mimano l’azione della dopamina attivando potentemente i suoi recettori, che vengono così aiutati a ristabilire in parte l’attività della libido e dei circuiti del piacere.

Doppia azione negativa
Ma i neurolettici aumentano anche la concentrazione di un ormone chiamato prolattina. Coinvolta nella lattazione, la prolattina può fissarsi su alcuni recettori situati nei testicoli e nelle ovaie. Forti concentrazioni di questa sostanza potrebbero saturare i recettori e, attraverso meccanismi ancora ignoti, affievolire la produzione di testosterone o di estrogeni provocando il calo del desiderio. Per contrastare l’effetto dei neurolettici, il ricorso a farmaci di tipo antiparkinsoniano rappresenta dunque un’opzione interessante. Questi composti mimano l’azione della dopamina nel cervello fissandosi sui suoi recettori: tutto funziona come se il cervello fosse bombardato di dopamina, in particolare nei circuiti cerebrali del piacere, che cominciano perciò a funzionare a pieno regime. Non è tutto: alcuni antiparkinsoniani bloccano la liberazione di prolattina al livello di una ghiandola, l’ipofisi, laddove la prolattina fa abbassare la libido. A quel punto, venendo meno la funzione frenante della prolattina sulla liberazione di dopamina, si innesca una spirale positiva del desiderio.
Non dimentichiamo però che queste interazioni tra farmaci hanno luogo nel nostro cervello. Si tratta di questioni delicate, sulle quali è sempre opportuno consultare un medico prima di intervenire.

Pillole tristi
Resta un altro farmaco, largamente prescritto: la pillola anticoncezionale è usata in Francia da 4 milioni di donne (circa 2,5 milioni in Italia). Di queste, il 20-30 per cento sembra soffrire di calo del desiderio sessuale. Se da una parte permette alle donne di vivere una sessualità affrancata dall’angoscia di gravidanze indesiderate, dall’altra la pillola provoca un blocco dell’ovulazione, che spesso si accompagna a un’ondata di desiderio connessa a un’accresciuta secrezione di ormoni sessuali da parte delle ovaie.
Gli estrogeni sembrano dunque avere un effetto sulla motivazione sessuale, facilitando la liberazione di dopamina nei circuiti del piacere e della ricompensa. Nel 2006 i lavori del neurobiologo Jean-Claude Dreher, oggi all’Istituto di scienze cognitive di Lione, hanno inoltre mostrato che l’attività di questo sistema di ricompensa dipende dalla fase dell’ovulazione femminile. Sopprimendo l’ovulazione, la pillola priverebbe le donne del picco ormonale mensile e dell’alone di libidine di cui è circondato. I composti che bloccano l’ovulazione aumentano inoltre la produzione di una proteina, la SHBG (Sex Hormone Binding Globulin) che inattiva il testosterone prodotto nella donna dalle ghiandole surrenali. E anche il testosterone svolge una funzione nella libido femminile...
Nell’uomo il testosterone è il motore biochimico del desiderio sessuale, e alcuni farmaci – usati principalmente nella cura del cancro alla prostata – interferiscono pesantemente con la sua azione. È il caso degli antiandrogeni, che si fissano sui recettori cerebrali per il testosterone, bloccando la liberazione di dopamina e smorzando così il desiderio sessuale. Questi antiandrogeni frenano inoltre la produzione di testosterone da parte dei testicoli.
Questi effetti negativi potrebbero essere usati nella cura dei criminali sessuali (previo consenso). Quando la sessualità maschile diventa deviante, accompagnandosi a gravi disturbi del controllo delle pulsioni, con parafilie che comportano un partner non consenziente (stupro) o un bambino (pedofilia), può essere proposto un trattamento antiandrogeno. La riduzione delle pulsioni sessuali nell’uomo adulto affetto da devianze sessuali severe con rischio di recidiva si basa su due farmaci antiandrogeni: l’acetato di ciproterone (Androcur) e la triptorelina (Salvacyl) che implicano una riduzione imponente ma reversibile della secrezione di testosterone. Non si tratta dunque di una vera e propria castrazione chimica: è semmai più corretto parlare di «terapia antilibidinale».

Betabloccanti e blocco dell’erezione
Depressione, Parkinson, metodi contraccettivi: e che dire di una malattia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, ovvero l’ipertensione arteriosa?
Il mercato degli anti-ipertensivi è notevolmente sviluppato, e alcuni anti-ipertensivi centrali – che agiscono a livello cerebrale – gli anti-ipertensivi della famiglia dei betabloccanti e alcuni diuretici tiazidici sono regolarmente incriminati per i loro effetti negativi sulle funzioni sessuali, in particolare sull’erezione.
In generale questi composti modificano la pressione arteriosa agendo sull’attività del sistema simpatico, un vasto sistema nervoso che regola una moltitudine di funzioni: il cuore, le arterie, la contrazione di alcuni muscoli, i visceri e così via. L’erezione dipende, fra le altre cose, dall’attività del sistema simpatico, che modula in particolare la liberazione del monossido d’azoto nei corpi cavernosi del pene; è per questo motivo che le variazioni dell’attività «simpatica» costituiscono una minaccia sicura per le capacità erettili.
Alcuni pazienti trattati con questi farmaci hanno problemi di sessualità così acuti da indurli a interrompere bruscamente la terapia betabloccante addirittura a rischio della vita, nel tentativo di ritrovare una sessualità normale. Anche alcuni farmaci regolarmente prescritti per l’ipertrofia prostatica benigna – gli alfa-bloccanti e in particolare la silodosina – possono provocare disturbi sessuali.

I farmaci amici
Fortunatamente ci sono farmaci in grado di rinvigorire una sessualità in declino. Quelli usati contro il morbo di Parkinson, come abbiamo visto, aumentano la concentrazione di dopamina nel cervello, con il rischio di provocare una problematica ipersessualità. Ma nei pazienti in cui la dopamina è già insufficiente – in conseguenza, per esempio, di una cura antidepressiva – la perdita di desiderio può essere contrastata e la libido riequilibrata. Lo stesso accade anche nei pazienti che assumono neurolettici per curare le psicosi e alcuni disturbi comportamentali.
A livello cerebrale, il disturbo del desiderio sessuale ipoattivo sarebbe dovuto all’iperattività di un sistema inibitore situato al livello della corteccia orbito-frontale (alla base della fronte), adibito al controllo dell’intensità delle pulsioni sessuali. Questo disturbo del desiderio – entità patologica inserita nel celebre Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali – sarebbe particolarmente diffuso tra le donne.
Per curarlo, viene oggi usato un vasto assortimento di farmaci che riflettono in realtà un eccesso terapeutico e commerciale. Secondo i laboratori farmaceutici praticamente tutti gli uomini e tutte le donne soffrirebbero di qualche forma di disfunzione sessuale da curare con urgenza. Nell’uomo la terapia a base di testosterone, per i disturbi della libido, non va presa in considerazione se non in caso di deficit androginico confermato da dosaggio ematico, e richiede la prescrizione di uno specialista.
In seguito al ritiro degli induttori dell’erezione a base di apomorfina e di yoimbina, gli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (IPDE5) hanno praticamente conquistato il monopolio dell’erezione; l’alprostadil si trova in posizione secondaria, perché va iniettato direttamente nel pene, una procedura non troppo semplice e che induce a riflettere prima di passare all’azione. Ma su Internet si è sviluppata una pericolosa offerta di IPED5 contraffatto.
Anche per la cura della libido femminile il mercato ammonta a miliardi di euro, e assistiamo a una corsa farmaceutica verso l’orgasmo femminile, nuovo eldorado dei laboratori. Diversi farmaci annunciati come blockbuster farmacologici – come la flibanserina o i cerotti al testosterone – non hanno ricevuto alcuna autorizzazione commerciale o sono stati ritirati a causa di uno sfavorevole rapporto rischi/benefici. Inoltre questi medicinali si scontrano visibilmente con la complessità emotiva della sessualità femminile.
Va infine sempre ricordato che, se per una libido vacillante possono essere prescritti farmaci, molti trattamenti farmacologici hanno come effetto collaterale proprio i disturbi della sfera sessuale.