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 2015  settembre 02 Mercoledì calendario

IL CATTIVO GUSTO DEI CASAMONICA INDIGNA PIU’ DEGLI SCEMPI DELL’ISIS

Il ministero della Cultura dello Stato islamico ha ordinato la distruzione del Pantheon. L’Unesco ha predisposto presidi per verificare che la dinamite sia collocata in prossimità delle colonne del pronao per consentire una più organica distruzione dell’edificio. La comunità internazionale considera l’iniziativa una inevitabile espressione di autodeterminazione culturale e religiosa.
Roma, 24 agosto. Il Pantheon è raso al suolo. La comunità internazionale plaude all’iniziativa dello Stato islamico, in nome delle garanzie multiculturali e religiose. Da quando Roma è stata occupata dall’Isis, le testimonianze archeologiche appaiono in contraddizione con i principi della religione musulmana nella propaganda della fede nel Dio vero. A questa notizia i giornali d’Europa hanno dato la necessaria rilevanza, anche come monito contro chi abbia mostrato rigurgiti di culto per gli dei pagani. Un romano era stato visto adorare Giove e chiedere soccorso a Mercurio. È stato legato alla Colonna Traiana e gli hanno tagliato la testa. L’Unesco guarda con attenzione a questi esempi di multiculturalità.
Roma, 31 agosto. Devoti in preghiera con martelli pneumatici e ruspe hanno iniziato a demolire il Colosseo. Testimonianza di modi di vivere e di divertimenti incompatibili con la religione musulmana. Parti dell’anfiteatro sono state rase al suolo, ed è prevista nei prossimi giorni la distruzione totale del monumento pagano. La notizia è data in una breve, in basso, a pagina 16, da alcuni quotidiani italiani. A margine della scoperta di un maxigiacimento di gas in Egitto. Grande rilievo ha, in prima pagina, la vittoria di Valentino Rossi a Silverstone, luogo incivile dell’agonismo occidentale, di cui è prevista la liquidazione nei programmi dell’Isis dopo aver abolito il motomondiale al Mugello nel giugno scorso.
Le notizie che avete letto sui quotidiani di osservanza islamica, stampati oggi in Italia, non sono comunicati relativi a episodi di fantastoria, ma perfetti equivalenti, davanti alla presente storia della civiltà romana antica, di quanto abbiamo letto, con ampio risalto, il 24 e il 25 agosto sulla distruzione del tempio di Baal Shamin, iniziando ad abituarci allo scenario che tra non molto vedremo realizzarsi in Italia.
Ieri, infatti, in una breve su un quotidiano nazionale, ho letto una notizia di cronaca, senza commenti e senza allarmi, di come sarebbe la distruzione del Colosseo dopo quella del Pantheon, in una progressiva anestetizzazione delle nostre reazioni. Rassegnati all’inevitabile. La notizia è: «Lo Stato islamico ha distrutto, nella tarda serata di ieri, una parte dell’antico tempio romano di Bel, uno dei più importanti e meglio conservati del sito di Palmira in Siria, risalente al 32 a.C. Lo hanno fatto sapere alcuni attivisti di Raqqa e lo ha confermato l’Osservatorio dei Diritti Umani». Punto. Dodici righe. Sono certo che oggi non leggerete nessun commento.
È iniziata la normalizzazione. Con l’aggravante che inqualificabili terroristi, in nome di una falsa religione che incita a distruggere e a uccidere, non diversamente dai criminali nazisti, hanno ottenuto il riconoscimento di «Stato Islamico». C’è forse una convenzione dell’Onu? Può chiamarsi Stato, in nome di principi religiosi, una falange di assassini e distruttori? La comunità internazionale continua a non reagire, e si avvia a riconoscere i confini del nuovo Stato, e anche la sua consolidata attività transnazionale, come non ha fatto neppure con lo Stato palestinese, in un’azione di contrasto discutibile appare (o forse appariva) comprensibile, con Israele.
A Palmira, casa nostra, civiltà nostra, centro del nostro pensiero, la distruzione di inermi monumenti appare incomprensibile. Come lo fu, quindici anni fa, all’inizio di questa deriva la distruzione dei Buddha di Bamiyan. La guerra all’Occidente è guerra ai suoi simboli.
Ogni tanto penso di avere sbagliato tutto. Infatti, sono certo che oggi non leggerete commenti indignati di uomini della cultura, intellettuali e tantomeno politici, ministri, parlamentari, prefetti che, per una settimana hanno, con sprezzo del pericolo, denunciato l’irruzione della mafia a Roma per una carrozza e quattro cavalli ai funerali di Vittorio Casamonica, nella cui casa ci sono i rubinetti d’oro (in realtà dorati: ce li ho anch’io).
Sono state invocate misure di sicurezza, il prefetto ha manifestato allarme per il gravissimo episodio; un festival di comici (travestiti da Autorità) si è manifestato in comunicati, editoriali, denunce, riflessioni sociologiche e antropologiche. Roma è nelle mani della mafia. In questo coro di incoscienti si distingue il silenzio del presidente del Consiglio e del sindaco di Roma.
La testimonianza di maggiore responsabilità che abbiano mai espresso, con il pudore, che altri non hanno avuto, rispetto a un episodio inesistente. Ma anche Palmira è Roma, e la distruzione dei templi di Baal Shamin e di Bel è reale, oggettiva. Mi chiedo allora perché il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il presidente del Senato, il presidente della Camera, il ministro degli Esteri, il ministro dei Beni culturali non chiedano la convocazione del Consiglio di sicurezza contro i crimini di guerra, e azioni di polizia internazionale e di intelligence che interdicano la sistematica distruzione del patrimonio dell’umanità.
La mafia, a parte le sue finte rappresentazioni, non si combatte in una dimensione internazionale? E non è come, e peggio, della mafia, l’insensato assassinio di innocenti e l’eliminazione fisica di opere d’arte e di monumenti storici? Riusciremo a fermare questo falso «Stato»? Potremmo cominciare a raccogliere firme perché il ministro degli Esteri e il ministro dei Beni culturali italiani, per tutti, si facciano titolari di un’azione di difesa del patrimonio artistico, e (in questo caso) romano in particolare?