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 2015  settembre 03 Giovedì calendario

UN BORGHINI PICCOLO PICCOLO – 

Incredibile, è proprio lui, è proprio quel Piero Borghini, l’ex comunista doc (con laurea in Russia) che fu vicedirettore dell’Unità e che passò coi socialisti riformisti all’inizio del 1992: il tutto per diventare sindaco di Milano. Cabina di regia dell’operazione - ecco perché la ricordo bene - fu quell’avamposto craxiano che era la redazione milanese dell’Avanti!, dove mi agitavo da pischello. Poi Borghini passò a Forza Italia e si perse nella destra che non c’era, ma adesso non interessa: interessa che ha completato un funambolico giro a 360° e ora rieccolo, piccolo piccolo, corsivista sull’Unità a pagina 12: e a parlar de che? Del riformismo, che diamine: ieri si è interrogato sul perché a Milano non esista più il riformismo e ha citato Gramsci e si è chiesto come mai, all’inizio degli anni 90, il cambiamento "sia avvenuto in assenza di un reale protagonismo della sinistra riformista". Uh, sapeste che risposta complessa e politologica che si è dato: non ne azzardiamo neppure una sintesi. Peccato che Borghini - che c’era, eccome se c’era - abbia omesso il banale e l’essenziale: cioè che la "sinistra riformista" fu assente perché si trasferì in galera, questo mentre nel febbraio 1992 - un mese dopo insediamento di Borghini a sindaco - l’ex Pci si schierava armi e bagagli coi magistrati e coi forcaioli di tutte le risme. Eccola qui l’analisi politologica. Non sparì il riformismo, sparì la politica. E sparì lui.