Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 03 Giovedì calendario

LAUDA, 40 ANNI DOPO

«Il 1° TITOLO CON FERRARI UN’EMOZIONE IRRIPETIBILE»
Il ricordo di quella giornata è un caldo infernale, il caos, il disordine che c’era a Monza in una Formula 1 che non era organizzata come oggi, per cui tutti andavano dappertutto, travolgendo se il caso reti e muretti. Come avvenne, appunto, nel momento in cui Clay Regazzoni tagliò vittorioso il traguardo e Lauda, piazzandosi terzo con 23” di distacco, conquistò il campionato del mondo. La festa cominciò quando le macchine erano ancora in pista. Una marea incontrollabile si portò sotto il podio a osannare la Ferrari. C’erano i tanti svizzeri ticinesi che impazzivano per Clay, c’era la grande folla che acclamava Niki. Un Niki incredulo: «Non avevo mai vissuto una cosa del genere, non riuscivo neppure a immaginarmela. Sotto il podio c’era il mondo, i tifosi riempivano i prati, la pista, tutto. Mai più provata una cosa del genere. Per giunta avevo conquistato il titolo. Una giornata indimenticabile. Credo che anche oggi, salire sul podio a Monza sia un’esperienza unica per chiunque ed è per questo che vincere il GP d’Italia vale tantissimo».
FATICA Lauda sorride pensando a quei momenti, perché è come se si vedesse bambino, nonostante allora avesse 26 anni molto maturi, molto consapevoli, molto vissuti. Il Mondiale era la consacrazione, l’obiettivo per cui aveva cominciato a correre litigando con la famiglia che non voleva. Aveva firmato le cambiali per pagarsi le corse agli inizi, contraendo un grosso debito con una banca per poter accedere in F.1 con la March e continuare a farlo con la Brm. A un certo punto gli introiti — ovvero i premi d’arrivo — non erano più stati sufficienti per pagare le rate perché i risultati erano sotto le sue aspettative e, in un momento di follia, Niki aveva persino pensato di farla finita. Era stato Montecarlo a salvarlo. Non la roulette, ma il gran premio del 1973. Nel quale lottò come un matto con una Brm poco stabile, tanto da ritrovarsi al terzo posto alle spalle di Jackie Stewart ed Emerson Fittipaldi. Fu in quel momento che i tifosi della F.1 scoprirono le sue qualità. Lauda però non concluse la gara, il fragile motore della Brm lo tradì.
SVOLTA «Quando rientrai ai box — racconta Niki —, Louis Stanley, titolare della Brm, mi chiese una opzione per correre per lui nel ’74, offrendomi ovviamente dei soldi e dissi sì, perché in quel modo potevo cancellare i miei debiti col team e diventare un pilota pagato. Non sapevo però che Enzo Ferrari mi aveva visto in tv e aveva incaricato qualcuno di contattarmi nei giorni seguenti».
SCELlini Quel qualcuno era Luca di Montezemolo, fresco d.s. di Maranello a soli 25 anni. «Ferrari — racconta Montezemolo — mi disse di seguire Jarier, Hunt e Lauda, ma ben presto fu scelto Niki per le positive informazioni che gli aveva dato Regazzoni. Era l’estate del 1973. Incontrai Lauda all’aeroporto di Londra, 3 ore di discussione in cui lui chiese un ingaggio in scellini e dovemmo comprare all’edicola il Financial Times per vedere il cambio con la lira…». L’ingaggio era di 32 milioni di lire, niente male per quell’epoca. Per svincolarsi della Brm, Lauda ebbe il supporto degli avvocati della Marlboro e la cosa si aggiustò in armonia.
DEBUTTO Il primo test di Lauda con la Ferrari avvenne nell’autunno del 1973, con la macchina, lenta, che era stata condotta sino a quel momento da Jackie Ickx e Arturio Merzario. «Dopo un po’ di giri a Fiorano — racconta Lauda — venni ammesso all’ufficio di Ferrari, il quale mi chiese subito che cosa pensassi della vettura. C’era Piero Ferrari a fare da interprete, non parlavo ancora l’italiano. Risposi che era molto deludente o qualcosa del genere. Ma Piero mi pregò di moderare il termine perché suo papà non gradiva critiche aspre alle sue macchine. Allora corressi il tiro, commentando che la macchina aveva un gran sottosterzo e non era affatto bilanciata. Ferrari ascoltò attentamente e chiese a Forghieri di fare subito le modifiche che avevo suggerito. Fu quello il mio debutto».
CLAY AL margine Nel 1974 Lauda vinse in Spagna e Olanda, però alla fine fu Regazzoni a giocarsi il titolo mondiale all’ultima gara corsa a Watkins Glen, nella quale la Ferrari fu deludente per motivi mai chiariti e il Mondiale finì sulle spalle di Fittipaldi. Clay non la prese affatto bene e accusò Montezemolo di aver favorito in tutti i modi Lauda, dimenticandosi di lui. Niki, in un libro autobiografico pubblicato nel 1985, «La mia storia», scrisse che «sicuramente l’asse Lauda-Montezemolo tendeva a mettere un pochino in disparte Regazzoni, questo devo confessarlo onestamente».
opera d’arte Il 1975, invece, fu tutto all’insegna di Niki con una macchina che lui stesso definì come «la più grande opera di Mauro Forghieri»: la 312 T con cambio trasversale. Un taglio col passato, l’inizio di una nuova era. Lauda ottenne 9 pole position e 5 vittorie in 11 gare, dominando ovunque. E la Ferrari tornò a conquistare il titolo che aspettava dal lontano 1964, l’anno di John Surtees. Il digiuno era stato colmato, la squadra funzionava benissimo, la monoposto andava forte su qualunque pista, Lauda e Regazzoni erano – nonostante tutto – una coppia eccezionale. «Lauda ha una sensibilità di guida davvero unica. È un uomo che sa sempre quello che vuole e sa in ogni istante della gara dove può arrivare», disse Enzo Ferrari, felice di aver nuovamente creato dal nulla un campione.
quel RApPORTO Lauda sul tema non fu d’accordo ma stette al gioco. «Non avevo mai conosciuto, prima, una personalità così forte come quella di Enzo Ferrari. Un uomo al centro del mondo, geniale, dispotico, unico, pieno di fascino e di misteri. Credo di avergli dato molto, ma se sono diventato Niki Lauda il merito è suo»: una dichiarazione d’affetto che esula dal tempo. Dura quanto sincera, nella quale traspare un affetto che sia Ferrari sia Lauda hanno sempre nascosto come una cosa intima, da non dividere con nessuno. Perché, almeno in questo, i due erano clamorosamente identici.