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 2015  settembre 03 Giovedì calendario

LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DI UN BAGAGLIO A MANO

LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DI UN BAGAGLIO A MANO –
Un uomo alto un metro e 90, magro, serio, figlio di un idraulico bolognese, entra in una bara all’altro capo del mondo. Capita a tutti, prima o poi, di entrare in una bara. Solo che lui è vivo, niente e nessuno lo sta costringendo, non ha pulsioni suicide né morbose attrazioni per l’eccesso.
Indossa una vestaglia bianca senza tasche (“senza nulla sei venuto, senza nulla te ne andrai”), si allunga nella cassa di legno, vede il coperchio scendergli addosso, sente un martello che batte sui chiodi ai quattro lati, poi una manciata di terra gettata rumorosamente da qualcuno là fuori. Fine. Lo stesso buio definitivo e angusto che sperimenta Uma Thurman nel secondo
Kill Bill. La differenza è che lei, nel film, mette le mani a picca e sfonda il legno funebre a furia di lacrime e sangue. Lui fa l’opposto: si mette quieto e aspetta. «Hai avuto un’esistenza faticosa», gli aveva spiegato il cerimoniere accompagnandolo al gran passo. «È ora che ti riposi». Il morituro non gli ubbidirà del tutto, nel senso che userà il tempo indeterminato della sua sepoltura per ripensare la vita, cavarci un senso e quindi, capito il gioco, dedurne alcune brevi e semplici regole.
Il risultato è un libro svelto, senza una parola superflua e con un titolo, Solo bagaglio a mano , che è tutto il programma: la teoria della relatività applicata al vivere, ovvero consigli e riflessioni per non farsi travolgere dal feroce sovraccarico del tempo moderno. Rallentando? No, imparando a viaggiare leggeri, quale che sia la meta, Beirut o un appuntamento amoroso. L’ha scritto, e Feltrinelli lo manda oggi in libreria, Gabriele Romagnoli. Tra le molte altre cose che lo rendono amico di chi ama leggere (reportage, inchieste, commenti, romanzi), c’è la sua abilità di non essere mai prevedibile, il dono accuratamente coltivato di non annoiare. Stavolta è volato in Corea del Sud al suo funerale per vedere l’effetto che fa. Paese scelto non a caso, visto che ha il record mondiale di suicidi e organizza cerimonie sepolcrali proprio come deterrente. Un affare che ha già avuto 50 mila sperimentatori. Più uno, Romagnoli appunto. Che ci si è infilato per curiosità giornalistica ed è resuscitato mettendo a fuoco una specie di filosofia tascabile della sottrazione, che è l’esatto contrario della pandemica ansia di accumulo.
Romagnoli è uno che viaggia, lo sanno bene i lettori di
Repubblica che ogni settimana ne seguono le tracce in “Mondovisioni”, una mappa di città variamente lontane. Intorno a cinquant’anni (adesso ne ha 55), si è dato un compito: arrivare a visitare 100 Paesi. È a buon punto: 75 entro fine di quest’anno, a cui va aggiunto il bonus per aver abitato in quattro continenti, 8 città e 27 appartamenti. Un italiano di mondo che non è un uomo di mondo, specie rarissima. Con il contachilometri che ha, capace com’è di intendere e di volare, avrebbe potuto tracciare un bilancio della scena internazionale all’inizio del terzo millennio. Ha preferito scartare di lato, cominciando a spiegare nei dettagli come si compone la valigia perfetta. Deve avere comparti e zip, manici e rotelle che non si spacchino alla prima trasferta, massimo cinque chili in modo da entrare senza sforzi nell’”apposita cappelliera posta sopra di voi”, con una piccola borsa ripiegabile, la duffel bag , che vuota occupa lo spazio di una maglietta e piena (di eventuali acquisti) anche dieci o più. Qualche dritta anche su come sistemare quello che ci si mette dentro: tecnica del “fagotto”, una cosa avvoltolata nell’altra, calzini nelle scarpe, per esempio.
Primo comandamento: una vita, un bagaglio. Due sono troppo, in entrambi i casi. Prendi il maggiore Parolisi, scrive Romagnoli (che si rivolge al lettore in seconda persona, come se l’avesse davanti e gli stesse raccontando una storia seduti a un bar o su una panchina). Condannato per l’omicidio della moglie Melania, aveva una relazione con un’altra donna, Ludovica, alla quale più volte aveva promesso che stava per lasciare la famiglia. Arriva Pasqua e Parolisi si incarta: giura a Ludovica che andrà con lei ad Amalfi così finalmente conoscerà i suoi genitori; contemporaneamente s’impegna con Melania per una festa a casa dei suoceri. Non essendo ubiquo, più la scadenza si avvicina più il bivio si allarga e diventa baratro. La fine è nota e dolorosa, la lezione insindacabile: una vita per volta, e il più possibile sgravata di ogni peso in eccesso, delle enormi cornici che soffocano i piccoli quadri, dal possesso di cose che alla fine possiedono noi. Vale anche nei sentimenti: quando si ama qualcuno, non se ne prende il controllo, non lo si “detiene”; più ami e più lasci che l’altro sia se stesso. Imparare dalle farfalle: non scavano tane, non arredano nidi, non hanno case. Sono libere e leggere. Sono libere perché leggere.
Imparare a sottrarre è un’arte che richiede applicazione, metodo e convinzione. Anche la memoria, in questo libro-farfalla, viene passata al setaccio implacabile che separa la zavorra dall’indispensabile. Pagina 50, sintesi: «La vita non è come è stata, ma come la ricordiamo. Fidati della tua memoria. E dopo averlo fatto, essù, fai uno sforzo ancora: sparale, falle dei buchi qua e là. Ricordare tutto è una fatica intollerabile. Siamo funamboli sulla corda, per non cadere dobbiamo guardare sempre avanti». E a questo punto, esattamente qui, Gabriele Romagnoli, molto poco incline di solito a raccontare veramente di sé, concede tre righe che saldano il discorso della valigia leggera a quello più generale del bisogno vitale di leggerezza: «E io viaggio anche per allontanarmi dalla memoria, per ridurla a foschia all’orizzonte, nel retrovisore, evocata in altre lingue, come fanno i sopravvissuti, fino a renderla polvere».
Quando mani benevole coreane svellono finalmente i chiodi e scoperchiano la cassa, l’uomo bolognese alto e magro, che ci era entrato per sfida, confesserà che l’esperimento ha funzionato, che da allora ha persino campato un po’ meglio e che gli è venuta voglia di tirare le fila del suo lungo girovagare, per poter girovagare ancora ma con una consapevolezza nuova del perché e del come. E questa consapevolezza la ritroverai, tu lettore, in un libro che senza alcuna spocchia ti propone, insieme alle istruzioni per il bagaglio ideale, qualche minimo consiglio di sopravvivenza alle mutazioni in corso. Tipo: consuma solo il necessario, non legarti a nulla, abituati a perdere cose e battaglie senza perderti. Fatti farfalla, che non è sinonimo di colorata svagatezza ma di saggia lievità. Nel 1984, e per il resto dei fragorosi anni Ottanta, imperversò Milan Kundera con
L’insostenibile leggerezza dell’essere . Trent’anni dopo, indirettamente s’intende, l’eventuale sottotitolo del Solo bagaglio a mano di Romagnoli potrebbe essere: la sostenibile, e anzi auspicabile, leggerezza dell’essere.