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 2015  agosto 31 Lunedì calendario

BABY 2.0: CON LA PROVETTA È UN’INVASIONE DI GEMELLI

“Carlotta è molto comprensiva. Tommaso è un sognatore. Camilla è un peperino. Filippo è ambizioso. Giorgia è la più matura”. Da un mese la famiglia Pierantoni si è allargata di nuovo, mamma Sara risponde al telefono sottovoce: “Sto allattando la piccola Vittoria, è meraviglioso. Con i gemelli lasciavo il biberon nelle cullette, in automatico mi dividevo tra tutti. Non chiedetemi come ho fatto perché non lo so, ma sarei pronta a rifarlo anche domani”. Quando il medico – al quinto mese di gravidanza – ha dato la notizia a lei e suo marito Adelmo, non poteva crederci nemmeno lui: “Signora non sono tre, sono qui che li riconto da un’ora: sono cinque, ma non vi fissate sul numero perché non sapremo come andrà”. Ma il 31 ottobre 2007, nell’Ospedale ‘Salesi’ di Ancona, circondata da un’equipe di 20 specialisti, Sara Tarantini, allora 27enne, ha partorito con il taglio cesareo i suoi cinque gemelli, che oggi hanno quasi 8 anni e stanno tutti bene. “Io e mio marito cercavamo un figlio da quattro anni, quando il medico, dopo diversi fallimenti, stava per farmi un altro prelievo di ovociti per la fecondazione in vitro, si è accorto grazie all’ecografia che ero rimasta incinta spontaneamente, in seguito ad un rapporto, dopo una terapia ormonale”. Proprio questa stimolazione spiega come mai i gemelli venuti al mondo sono cinque, visto che nel 2007 la legge 40 ancora limitava a tre gli ovociti da poter fecondare in vitro. Statisticamente, le gravidanze come questa sono solo una ogni sei milioni. Mamma Sara non ha dubbi: “La nostra storia è una favola a lieto fine”.
Negli ultimi trenta anni i parti gemellari sono raddoppiati: per primi se ne sono accorti nei reparti di neonatologia e poi nelle scuole materne, a cui arrivavano sempre più coppie e triplette. Secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss), che dal 2000 ha istituito il Registro Nazionale Gemelli, “il trend è diventato un vero e proprio boom, complice l’aumento del ricorso alla procreazione medica assistita e l’età più avanzata delle mamme”. Da quando queste tecniche sono venute in aiuto delle coppie che hanno difficoltà ad avere figli, i parti gemellari nei Paesi occidentali sono aumentati del 47 per cento, mentre quelli plurigemellari del 370 per cento. In Italia, secondo dati Istat, i parti plurimi che erano l’1,4 per cento nel 1982, nel 2008 sono stati ben 17.100 su 570 mila nascituri, circa il 3 per cento del totale. Nel 2014 hanno superato quota 4 per cento, con un boom di fiocchi tripli. L’aumento del fenomeno ha riguardato per primi gli Stati Uniti, infatti secondo uno studio pubblicato dal National Center for Health Statistics, nel 1980 in America nascevano 18,9 gemelli ogni mille parti, ossia un totale di 68.339 bambini; nel 2009 sono saliti a 33,2, cioè oltre 137 mila. In sostanza oggi un bambino ogni trenta è gemello, contro uno ogni cinquantatrè di tre decadi fa. L’aumento è avvenuto su ritmi costanti del 2 per cento annuo dal 1980 al 2004. Poi c’è stata una flessione all’1 per cento, ma nel 2008 e nel 2009 l’incremento è tornato ai livelli precedenti.
I gemelli si distinguono in monozigoti (MZ) e dizigoti (DZ): i primi nascono quando un uovo fertilizzato si divide durante le prime due settimane di gestazione in due individui geneticamente identici e rappresentano un terzo di tutte le nascite gemellari. I dizigoti quando due spermatozoi fertilizzano due diversi ovociti, e i feti hanno patrimoni genetici diversi”, ha spiegato al Fatto Emanuela Medda, ricercatrice del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute dell’Iss e che lavora al Registro Nazionale Gemelli, diretto dalla dottoressa Maria Antonietta Stazi. Per i loro studi, in particolare i monozigoti, da anni sono un prezioso strumento di ricerca perché permettono di osservare quanto i fattori genetici piuttosto che quelli ambientali influiscano sullo sviluppo delle caratteristiche fisiche, psicologiche e sull’insorgenza di patologie.
Nel 2009, a Venezia, al Congresso mondiale della International Academy of Human Riproduction il professor Pasquale Patrizio – direttore della divisione di medicina riproduttiva del centro di fertilità di Yale (Usa) – aveva parlato della legge 40 del 2004, quella che regola la procreazione medicalmente assistita, come di “un’anomalia che penalizzava le italiane determinando effetti paradossali quali la crescita incontrollata di parti multipli nelle donne giovani e l’aumento del numero di cicli necessari per ottenere una chance di successo”. Oggi il problema è stato risolto con una sentenza della Corte Costituzionale, sempre del 2009, che elimina il divieto di produzione di più di tre embioni e la scomparsa dell’obbligo dell’impianto contemporaneo nell’utero di tutti quelli prodotti durante la fecondazione in laboratorio: il momento in cui si stabilisce che gli embrioni possono essere congelati e conservati.
Sei anni dopo però, il professor Patrizio ha spiegato al Fatto perchè il trend di parti plurigemellari – nonostante l’abolizione della precedente normativa –, non accenna a diminuire. Innanzitutto, quando si parla di una gravidanza dopo un trattamento di fertilità, è necessario distinguere tra due tecniche: in vitro con transfer di embrione (Fivet) e l’induzione farmacologica dell’ovulazione. È questa tecnica a preoccupare il dottor Patrizio: “I maggiori problemi ci sono con le gravidanze indotte, perché non c’è controllo come quando si fa la fecondazione in vitro, in Italia mancano linee guida che stabiliscano parametri di salute per la donna, in America è compito della Society for Assisted Reproductive Technology(Sart): l’ovulazione multipla è un effetto collaterale che deve essere monitorato con attenzione, perché è genera il boom di gravidanze trigemine con percentuali tra il 40 e 60 per cento, circa una su ottanta”. Invece, una causa naturale che favorisce le gravidanze gemellari, è l’età avanzata delle mamme: in Italia una su tre ha più di 40 anni. “Quando le donne entrano nella fascia 37-40 anni, aumenta il valore dell’ormone Tsh che stimola l’ovaio a produrre più di un ormone per ciclo, così è più facile concepire i gemelli”, ha spiegato il dottor Patrizio.
Non ci sono solo i rischi biologici, il concepimento dei gemelli comporta anche un vissuto relazionale differente rispetto all’arrivo in famiglia di un solo bambino. Carlo Muzio, neuropsichiatra infantile e professore presso l’Università di Pavia, ci ha spiegato come le gravidanze gemellari possono, ad esempio, aumentare il rischio di depressione post partum: “Il primo campanello d’allarme è la sensazione anche fisica di non farcela, di non reggere il carico, per questo è importante che le mamme imparino a delegare al resto della famiglia e sappiano di poter contare su una rete sociale solida, come l’assistenza sanitaria domiliare che però con la spending review rischia di subire pesanti tagli”.