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 2015  agosto 05 Mercoledì calendario

IL FUTURO AL BUIO DELL’UNIVERSO


Siamo abituati a pensare all’universo come a un posto pieno di stelle, ma non è stato sempre così. C’è stato un periodo, all’inizio di tutto, in cui non si era ancora accesa nessuna luce: un’epoca che gli astronomi chiamano «età oscura». In questa fase la gravità stava ancora lavorando nell’ombra, accumulando il materiale che avrebbe formato le prime galassie. Non sappiamo ancora di preciso quanto sia durata questa fase. Ci sono prove – ottenute dallo studio della componente polarizzata della radiazione cosmica di fondo – di un forte rilascio di energia, associato probabilmente all’accensione delle prime stelle, attorno a 500 milioni di anni dopo il big bang.
Come erano queste prime stelle? Dovevano essere diverse da quelle che vediamo oggi. Potevano essere composte essenzialmente solo di due tipi di atomi, idrogeno ed elio, gli unici prodotti in grande quantità pochi minuti dopo il big bang (lo stesso processo aveva prodotto anche quantità trascurabili degli isotopi elio-3, trizio, litio-7 e berillio-7). Dovevano essere molto massicce (centinaia o migliaia di volte più del Sole) e brillanti, caldissime e di breve durata. In pochi milioni di anni avrebbero esaurito il combustibile, esplodendo come supernove e spargendo nello spazio gli atomi più pesanti che le reazioni nucleari erano riuscite a produrre al loro interno.
Proprio a causa della loro vita effimera, fino a oggi è stato impossibile osservare direttamente queste prime stelle. Una forte prova della loro esistenza è stata però ottenuta di recente da un gruppo di astronomi dello European Southern Observatory, che ha usato il Very Large Telescope per osservare galassie molto giovani e brillanti, risalenti a un’epoca in cui l’universo aveva circa 800 milioni di anni. Ispezionando in dettaglio una di queste galassie gli astronomi hanno notato regioni molto luminose contenenti grandi quantità di elio ionizzato, ma nessuna traccia di elementi più pesanti. La spiegazione più probabile, secondo i ricercatori coinvolti, è che l’energia necessaria a ionizzare il gas provenga proprio da ammassi di stelle di prima generazione (lo studio è stato accettato a giugno dalla rivista «The Astrophysical Journal»).
Dopo la rapida scomparsa delle prime stelle, è iniziato un periodo di grande attività, una fase di intensa produzione stellare, un boom di nascite che non sarà poi mai più eguagliato. Ma ciò non significa che ci siamo lasciati per sempre alle spalle il periodo oscuro. Il combustibile necessario ad alimentare le reazioni di fusione nucleare che tengono accese le stelle non potrà essere sfruttato in eterno, e quello che c’è viene diluito fino a rendere sempre meno efficace il collasso gravitazionale che occorre per innescare nuove reazioni.
Il risultato è che già oggi nell’universo nascono sempre meno nuove stelle. Le stime mostrano che più della metà delle stelle che brillano attualmente si sono accese tra 8 e 11 miliardi di anni fa, e che il tasso di nuove nascite oggi è appena il 3 per cento di quello che c’era allora, al picco di produzione. L’ultima stella si accenderà probabilmente tra migliaia di miliardi di anni, ma il 95 percento di tutte le stelle che mai nasceranno nell’universo è già nato.
L’universo è insomma in pieno declino demografico. E ha davanti a sé un futuro sempre più buio. Le stelle più brillanti se ne andranno per prime, una dopo l’altra, mentre le più piccole e meno luminose continueranno a brillare ancora per migliaia di miliardi di anni, illuminando lo spazio con la loro luce rossastra, finché anche l’ultima si spegnerà. Noi abbiamo vissuto nel periodo relativamente breve, sulla scala dei tempi cosmici in cui il cielo poteva risplendere di stelle luminose. Anche per questo vale la pena godersi lo spettacolo.