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 2015  agosto 01 Sabato calendario

IL GRANDE SPETTACOLO DEL TORNADO


[Gregorio Paltrinieri]

Trenta vasche di adrenalina. È lo show del mezzofondo, che ai Mondiali di nuoto di Kazan ha un grande protagonista, Gregorio Paltrinieri, il ventenne di Carpi che, cronometro alla mano, nessuno riesce a battere da due anni. L’ultima volta che non toccò primo (ma terzo) risale a Barcellona 2013: nel frattempo Greg è diventato bicampione degli 800 e 1.500 (con primato continentale), campione mondiale in vasca corta a Doha e leader globale della specialità (14’39”93 nel 2014, 14’43”87 nel 2015). Arriva in Russia nei panni della star.

Gregorio, come ci si sente a stare in cima al mondo?
«Quando ci si abitua non si vorrebbe mai scendere. Ho un sacco di voglia di fare il massimo a Kazan. Sono pronto, da giorni mi stresso a parlare con il Moro (Stefano Morini, l’allenatore; ndr) e Ivo Ferretti (il biomeccanico; ndr) su come impostare la gara, su cosa fare e su quali possono essere i rischi. Cercare di capire come può evolversi la finale, in bene e in male. Cosa faccio e cosa non faccio».

Si sente più forte rispetto all’anno scorso?
«Sto andando bene. Ogni volta cambiano le sensazioni ma sono sulla retta via...».

Chi teme di più?
«C’è il tunisino Oussama Mellouli, ma penso che me la giocherò soprattutto con Sun Yang e l’australiano Mack Horton: è con loro la sfida. Sun Yang ha più esperienza, ha voglia di riscattarsi dalla squalifica per doping e vuole dimostrare di essere lui il campione, Mack può andare forte ma è ai primi Mondiali, non si sa come reagirà. Gli 800 serviranno a capire chi sta bene e chi no».

Il record è un’impresa impossibile?
«Sarebbe un miracolo battere il 14’31”02 realizzato da Sun Yang ai Giochi di Londra (dove Gregorio fu 5°; ndr): se vincessi con 14’40” sarei l’uomo più felice della Terra, ma vorrei migliorare il 14’39” di un anno fa: e comunque ai Mondiali conta vincere e stare davanti agli altri, non è importante il tempo. E io parto sempre per stare davanti e rimanerci. Può succedere di tutto».

Lei ha avuto una carriera in crescendo costante. Dove immagina il suo limite dopo tanti progressi?
«Avevo 16 anni ai Mondiali di Shanghai 2011 e ricordo che feci schifo: peggiorai il mio tempo di 15 secondi. Però mi servirono quei primi Mondiali, da quel momento mi sono sempre allenato nello stesso modo, senza periodi in cui andassi benissimo ma nemmeno malissimo. Sono rimasto costante. Pian piano ogni anno ho migliorato qualcosa. Adesso diventerà sempre più difficile. Non so dove potrò fermarmi. L’anno scorso i tempo di 14’39” è bastato a vincere gli Europei».

Nel nuoto i 1.500 si diventeranno mai la gara principale, quella più attesa rispetto ai 100?
«Sarò di parte, ma ritengo che i 1.500 siano più appassionanti: se vedi una gara dei 50 o dei 100 non c’è tanto la possibilità di intuire la tattica, tutti partono forte e non si capisce nulla. A volte fatico io a capire che sono del settore, figuriamoci quelli che sono a casa. Invece nei 1.500 si può fare lo show: sono una gara di tattica, di testa. Ognuno ha la sua strategia, che si sviluppa in un quarto d’ora. È bello vedere come si svolge la competizione. Può succedere di arrivare allo sprint, può capitare che qualcuno recuperi, o che uno vada in crisi ai 1.200 o stacchi il gruppo. Io penso che stia diventando una gara di velocità, ormai i 1.500 si nuotano in 58-59” a ogni 100 di passaggio. Diventa sempre più spettacolare».

Se l’australiano Grant Hackett è The Machine, Paltrinieri chi è?
«Non saprei. C’è chi mi chiama il Ciclone di Carpi, ma l’altro giorno è arrivato un signore a Ostia che mi ha chiamato il Tornado, per la furia che scateno in acqua e perché non riesco a fermarmi. Se devo scegliere, mi piace più questo soprannome. Questo tifoso viene sempre a trovarmi e ogni volta mi ha portato fortuna. È molto appassionato di nuoto e di tutti gli sport, mi parla sempre di moto. Mi ha accostato a Jorge Lorenzo, che quando parte poi non lo prendi più».

A Carpi adesso di tornado ce n’è un altro, e si muove sui campi di calcio...
«Già, il Carpi in Serie A... Che impressione! L’importante è che venga fuori una squadra all’altezza, servono acquisti, serve esperienza. Sarebbe fantastico avere Del Piero, anche lui è stato in Australia come me».

Ma lei tifa pure Juventus...
«Mi hanno già mandato la nuova divisa, mi hanno invitato allo Stadium e regalato la maglia col mio cognome. Diciamo che nello scontro diretto spero in un pareggio...».

A Carpi per lei c’è anche una piscina nuova.
«Verrà inaugurata a settembre. La gestirà mio padre che quando ero bambino mi portava a Novellara (a 15 km; ndr). È lì che cominciai a capire che avrei fatto bene nel nuoto, ora sono felice che una città di 70 mila abitanti possa utilizzare un impianto atteso da 20 anni; e sarà una struttura grandissima, una vasca scoperta da 50 metri, due da 25 e una per la pallanuoto, che ha tradizioni da noi. È perfetto, sarà a 5 km da casa mia».

Come sono lontani gli anni drammatici del terremoto, con i suoi genitori sfollati.
«Ci siamo ripresi alla grande dopo tutti quei disastri. Ricordo che feci un servizio post-terremoto proprio su SportWeek con Carpi distrutta: sì, ci siamo ripresi da tutti i punti di vista, dalla Carpi triste alla Carpi felice».

Lei segue molto anche il basket, cos’è questa storia che si carica prima delle gare con le partite della Nba?
«È vera. Ma in realtà io guardo la Nba tutti i giorni, di pomeriggio a Ostia, dove mi alleno. Peccato che sono sei anni che non riesco a vedere dal vivo una partita. Sono stato al Madison di New York, ma era estate...».

Tifa per qualche squadra in particolare?
«Più che altro seguo i miei giocatori preferiti, ma ho un debole per i NY Knicks: credo in Phil Jackson che sta rifondando la squadra: peggio della scorsa stagione non potrà andare».

Il più grande?
«Michael Jordan: non so più quante paia di scarpe di Air ho».

Pentito di non aver fatto il cestista?
«No, no. Sono contento del nuoto, e di quello che sto facendo. Da piccolo mi sarebbe piaciuto giocare a basket, sono sempre stato abbastanza alto. E ci sono anche dei playmaker forti della mia statura, 1.91, ci avrei potuto provare. Ma ho iniziato a nuotare e allora...».

Lei ha già vinto a Berlino. Come vede la nazionale di basket agli Europei tedeschi?
«Li seguirò molto, e volentieri. Speriamo sia la volta buona. Con Gallinari, Belinelli, Datome, Bargnani e quelli forti del campionato italiano andremo lontano, il roster mi sembra buono. Però certo ci sono le squadre dell’est e quelle baltiche, davvero forti».

Belinelli a Sacramento?
«Ha fatto bene, a volte lo sento. San Antonio era sicuramente una squadra più forte, però ai Kings potrà giocare un po’ di più. Giocherà titolare. Gallinari mi piace come gioca, con lui ho parlato e abbiamo gli stessi dialetti. Per fortuna si è ripreso nell’ultima parte della stagione, faceva 40 punti a partita».

Viriamo e torniamo al suo sport: è il Mondiale del passaggio di consegne con la Pellegrini.
«Con Fede mi sono sempre trovato bene, anche in alcuni allenamenti insieme: siamo amici, abbiamo parlato di varie cose, ci troviamo bene. Prima la vedevo vincere in tv e l’ho sempre stimata perché quando c’era da tirar forte vinceva, è una vera quando conta. A Barcellona siamo saliti sul podio insieme, vedremo stavolta: io non ho paura di deludere, e stare due anni in vetta al mondo mi ha motivato tantissimo, figuriamoci lei che ci sta da un decennio».

C’è qualcosa che ha imparato da Federica e qualcosa che pensa di poter insegnare?
«Da Fede ho imparato a stare attento a tutto, come muovermi, cosa fare o dire. Io vorrei rappresentare un esempio e un’ispirazione per chi verrà dopo di me: da ragazzino vedevo Federico Colbertaldo e pensavo, un giorno voglio esserci io lì. E ci sono arrivato».