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 2015  agosto 04 Martedì calendario

BABY REVOLUTION

Li abbiamo aspettati. Coccolandoli. Sono spavaldi ma non sono dei bad-boys . E hanno le idee chiare nonostante siano poco più che ventenni. Del resto, per farsi strada hanno dovuto crescere in fretta. Federico Bernardeschi, con la sua doppietta al Barcellona, è diventato l’immagine simbolo di una generazione di talenti del calcio italiano. Ieri il numero 10 viola ha fatto un’abbuffata di social network. Postando il suo primo gol ma anche il selfie a New York insieme a Ibra. Zlatan viene subito dopo Cristiano Ronaldo nella hit-parade degli idoli di Federico. Chissà se Ferguson quando cercò di portarlo al Manchester United (aveva quindici anni) gli promise anche una maglia autografata di CR7. Bernardeschi è una delle facce del nuovo tesoro del calcio italiano. Parliamo di una «squadra» che dal punto di vista tecnico potrebbe lottare per un posto in Europa League e che dal lato economico andrebbe a bilancio con un valore nettamente superiore ai 100 milioni di euro. Godiamoceli quest’anno in serie A, perché presto alcuni di loro finiranno nel circuito dei ricchi club del Vecchio Continente. E suggeriamo al c.t. Antonio Conte di non perderli di vista. Alcuni potrebbero salire in corsa sul volo per la Francia, per la fase finale dell’Europeo del prossimo giugno. Come successe tanti anni fa a Cabrini e Paolo Rossi. Di sicuro, non si spaventerebbero per una simile sfida. Abbiamo chiesto a Giancarlo Antognoni, dirigente accompagnatore delle nazionali giovanili, di raccontarci come sono cresciuti questi gioiellini di casa nostra. Si parte da Federico Bernardeschi, il ragazzo di casa. Antognoni lo ha seguito anche in tutto il suo percorso nel settore giovanile della Fiorentina. «Solo chi ha classe può segnare due gol come quelli realizzati da Bernardeschi contro il Barcellona. Non sono sorpreso. È un ragazzo di Carrara, duro come il marmo, capace di dominare le emozioni. Domenica sera al Franchi mancavano Messi e Neymar, ma in difesa c’erano Piqué e Vermaelen. Due dei centrali più forti al mondo. Quindi stiamo parlando di reti vere».
Bernardeschi ha voluto la maglia numero 10, la maglia che è stata sua, di Baggio, di Rui Costa.
«Segno di personalità, ma forse non è proprio il suo numero. Lui è un attaccante che somma qualità e potenza fisica. Mi ricorda Boksic. Ma il piccolo Baggio di questa generazione è un altro».
A chi si riferisce?
«A Berardi. Il gioiellino del Sassuolo è la fantasia al potere. Come disse Platini di Baggio è “un nove e mezzo”. Deve solo imparare a gestire il suo carattere. A volte i nervi lo tradiscono. Ma imparerà».
Berardi resterà ancora un anno al Sassuolo.
«Ha fatto bene a rinviare il passaggio alla Juve. Nel Sassuolo sarà uno dei titolari, nella Juve sarebbe finito dietro a Morata e Dybala. Rischiando di buttare via del tempo».
Chiudiamo il tridente d’attacco con Belotti.
«È il nuovo Graziani. Potente, combattivo. Come Ciccio fa anche tanti gol di testa. L’anno scorso è stato costretto a vivere all’ombra di Dybala. Questo può essere il suo campionato. Lo vedo nelle posizioni importanti della classifica dei cannonieri».
Passiamo al centrocampo.
«Ho un debole per Crisetig. Lui ha fatto, da ragazzino, il percorso che Pirlo ha fatto da grande. Cioè è partito da trequartista e ora fa il regista davanti alla difesa. Un ruolo delicato per un giovane. Ma Crisetig ha tanta personalità. Può essere uno dei giocatori-rivelazione del prossimo torneo».
Sturaro nella passata stagione è riuscito a ricucirsi uno spazio nella Juve del quasi-triplete.
«È un centrocampista solido. Ho letto che Khedira starà fermo due mesi. Sturaro può avere nuovi spazi. Può funzionare nella posizione che era di Vidal. Anche se il cileno garantisce più gol».
Cataldi è diventato uno dei pilastri del centrocampo della Lazio.
«L’anno scorso è stato una sorpresa. Confermarsi è sempre più difficile. Ma Cataldi ha qualità importanti. È il classico tuttocampista, mi ricorda Mendieta».
Completiamo il reparto con Benassi.
«Mi piace quando si inserisce in verticale. Ha passo e tempi giusti. E vede la porta. Quasi quasi mi verrebbe da paragonarlo al mio grande amico Tardelli. Anche se Marco è stato uno dei più grandi interpreti del ruolo nella storia del calcio italiano».
Il primo difensore che analizziamo è Rugani.
«L’ho seguito spesso anche con la maglia dell’Empoli. È migliorato di partita in partita grazie anche a un maestro della fase difensiva come Sarri. Per eleganza e senso dell’anticipo mi ricorda Collovati. Ho letto che ha chiuso il campionato scorso senza rimediare neppure un’ammonizione. Un dato strano. Rugani deve incattivirsi un po’. Buffon, Chiellini e Bonucci lo aiuteranno a completare il suo percorso di crescita».
Romagnoli è valutato sopra i venti milioni.
«Una cifra mostruosa. Ma difensori forti ce ne sono pochi. E Romagnoli, potenzialmente, è fortissimo. L’importante è che non si faccia condizionare da questa valutazione di mercato».
A chi lo paragonerebbe?
«Beh, non è facile. Lui è un mancino, forte di testa, con un gran fisico. Mi viene in mente Passarella. Ma Daniel è stato una leggenda. Ricorda in piccolo il Mihajlovic difensore, con piedi diversi naturalmente. Insomma, è Romagnoli. E non mi sorprende che Sinisa lo voglia a tutti i costi».
Chiudiamo con Izzo.
«Bel passo, ottimo senso tattico, margini di crescita importanti. Con Gasperini può solo migliorare. Ci sta bene in questa squadra».
Infine il portiere, Sportiello dell’Atalanta.
«In attesa del ritorno di Perin è uno dei giovani più promettenti. Ma abbiamo diversi portieri di talento nel calcio italiano. Vedremo tra un paio d’anni chi sarà l’erede di Buffon. Sportiello è uno da non perdere di vista».
E altri giovani portieri da seguire?
«Credo che meriti grande attenzione Pierluigi Gollini del Verona. E anche se è andato a giocare in Spagna, continuerò a seguire Francesco Bardi. E’ uno che ha ulteriori importanti margini di crescita»
Ci suggerisca tre nomi tra gli azzurrini più giovani che tra qualche anno racconteremo come nuove stelle.
«Manuel Locatelli, centrocampista classe ’98 del Milan, Alessio Militari, centrocampista classe ’99 della Fiorentina e Cristian Capone, trequartista classe ’99 dell’Atalanta. Tre ragazzi che nel loro approccio con le nazionali giovanili hanno dimostrato di avere qualche cosa di speciale».