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 2015  agosto 04 Martedì calendario

L’ILLUSIONE DI COMBATTERE LO SBALLO CHIUDENDO UN LOCALE

Più ci sforziamo e meno riusciamo a capire che senso abbia la chiusura del Cocoricò, celebre discoteca di Riccione che riaprirà a novembre - tra quattro mesi, a stagione stra-finita - e che il questore di Rimini ha appunto deciso di chiudere dopo la morte di un sedicenne per un’overdose di ecstasy, il 19 luglio scorso. Non c’è da essere cervellotici: i dubbi sorgono spontanei e sono alla portata di tutti.
Per esempio: a che serve chiudere una singola discoteca, visto che la droga (la chiameremo droga, affettuosamente, come ai vecchi tempi) si trova dappertutto e non solo nelle altre discoteche, ma anche per strada o in spiaggia? Qualcuno forse pensa che il Cocoricò fosse speciale, più drogato di altri, più deviante? Non risulta, anzi, risulta che i ragazzi si riverseranno semplicemente in altre discoteche, anche se magari sono meno famose, meno quotate, meno frequentate, anche se non impegnano le 200 persone che al Cocoricò ci lavoravano: che c’è da festeggiare, dunque? Che ha da applaudire, la sindaca di Riccione Renata Tosi? Sarebbe come chiudere Piazza Oberdan a Milano, tutto il Pigneto a Roma, Piazza Roma a Modena, tutta Scampia a Napoli: compresi gli esercenti che ci lavorano.
Invece la decisione del questore di Rimini Maurizio Improta (imperniata sull’articolo 100 del Tulp, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) ha ottenuto il plauso dei classici nasconditori di polvere sotto il tappeto, ovvero: se il morto fosse stato al Byblos o al Peter Pan (sempre a Riccione) probabilmente avrebbero chiuso quelle.
Ma allora ha ragione Dagospia: al prossimo incidente stradale chiudiamo l’autostrada del Sole. Invece la relazione del questore s’inventa che il Cocoricò non è soltanto una discoteca più grande delle altre, e che perciò richiama più gente e più incidenti: a suo dire è proprio un epicentro di perdizione, anzi, «un punto di riferimento per persone pericolose, orbitanti nell’ambiente dello spaccio e del consumo smodato di sostanze stupefacenti e psicotrope... Il locale è ormai percepito e incontestabilmente considerato negli ambienti e circuiti reali e virtuali del mondo giovanile, un simbolo degli eccessi, un luogo dove è ammissibile abbandonarsi a forme estreme e incontrollate di divertimento che portano i giovani avventori a perdere il contatto con la realtà».
Ma sta parlando di una qualsiasi discoteca della Riviera, non del Cocoricò in particolare. Ai gestori del Cocoricò, e delle discoteche in generale, pillole e sballo stanno soltanto sulle scatole: non portano soldi, portano guai e cattiva fama, non sono i drogatelli di provincia il core businnes delle discoteche. Buttafuori e personale hanno il loro daffare e sanno riconoscere uno sballato meglio di un tossicologo, ma non possono certo sostituirsi alle forze dell’Ordine.
La realtà è questa e la conoscono tutti, ma questa volta c’era un segnale da mandare: come a dire che gli stormi di ragazzine e ragazzini che planano su Riccione ogni sera (e che poi dormono in spiaggia, storditi) d’ora in poi andranno a rieducarsi da Don Mazzi, non banalmente nella discoteca accanto.
Che poi, a scanso di equivoci: vogliamo negare che sia una tragedia? Ma neppure per idea: ci sono stati un sacco di morti e sempre per cocktail micidiali di alcol e metanfetamine, altri sono finiti in coma o mezzi storditi a vita. È quello che volevano: dunque si parli di questo, non del luogo occasionale che scelgono per rappresentare il loro disfacimento. Vogliamo proibire le discoteche ai minorenni? È pur sempre un argomento, visto che le vittime sono quasi sempre loro. Proibiamo la vendita di alcol ai minori, che pure sarebbe già vietata? Si può parlare persino di questo, ma nessuno vieterebbe tutti gli alcolici in tutta la riviera per eliminare il problema. Intensifichiamo i test sulle strade, parliamo di spaccio, di spacciatori, di leggi ipocrite e applicate solo a campione? Ammettiamo la resa dello Stato a fronte di un proibizionismo fatto solo a parole, magari da parlamentari che sulla droga esprimono «un principio» ma poi non sanno letteralmente di che parlano?
Si sono inventati persino una questione di sesso, pur di chiudere il Cocoricò e mostrare i muscoli: molti giornali hanno riportato che l’anno scorso il Cocoricò fu diffidato «per aver organizzato nella discoteca spettacoli teatrali contrari al buon costume cui hanno potuto assistere avventori minorenni ... realizzati mediante l’esibizione di figuranti e artisti completamente nudi». Pazzesco. Ecco perché si drogano.