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 2015  agosto 02 Domenica calendario

UNA MANCIATA DI SUPER RICCHI E ASSEGNI A SEI ZERI: COSÌ VOTERÀ L’AMERICA


Quasi quattrocento milioni di dollari raccolti da giugno, per la metà grazie ad una manciata di nomi influenti con portafogli gonfi e facoltà di sottoscrivere senza batter ciglio assegni a sei zeri. Che ci fosse il modo – assolutamente legale – per gabbare i limiti imposti dalla legge al finanziamento dei candidati Usa in corsa per le presidenziali è un fatto assodato: Citizen United, si chiama così la sentenza della Corte Suprema che in nome della libertà d’espressione ha consentito la nascita dei famigerati super Pac, Politicai action committee, comitati ufficialmente indipendenti dalle campagne elettorali dei singoli candidati e perciò autorizzati a ricevere finanziamenti illimitati pur di poter dare all’onesto cittadino americano il diritto di sostenere a pieni polmoni il suo prescelto. Non era mai accaduto però che il numero dei superfinanziatori della campagna elettorale più importante fosse così ristretto: un’elite di potenti, a volte senza un nome e cognome, se non il marchio di una corporation. Sono loro che stanno letteralmente comprando la corsa presidenziale, mettendo in allarme i difensori dei diritti democratici e la stampa. Ieri New York Times e Washington post on line aprivano esattamente nello stesso modo, puntando il dito su una pratica che – per quanto legale – ha tutti i requisiti per sollevare interrogativi giganteschi sull’effettiva indipendenza di candidati il cui margine d’azione è direttamente proporzionale alla capacità del portafoglio che li finanzia. E vediamo un po’ nel dettaglio. Intanto cominciando con il dire che per quanto trasversale, il fenomeno dei superPac sembra fiorire più rigoglioso in area repubblicana. Il 50 percento del denaro raccolto finora per la nutrita schiera di candidati alla nomination arriva da 130 famiglie, che hanno staccato assegni da capogiro. Il record al momento è detenuto da Ted Crux, senatore texano amato dai Tea Party, che ha racimolato 37 milioni di dollari grazie al contributo di tre soli finanziatori, nomi della finanza e un imprenditore che ha fatto la sua fortuna grazie alla contestata pratica del fracking per recuperare petrolio dalle sabbie bituminose. Jeb Bush, terzo in ordine d’arrivo della stirpe che ha già portato due George alla Casa Bianca, il 30 giugno ha superato la cifra tutta tonda di 100 milioni di dollari: i suoi superPac hanno avuto vita facile se si calcola che ben 26 persone hanno staccato assegni da oltre un milione di dollari a testa. Cifre stellari se paragonate a quanto ogni candidato potrebbe ricevere direttamente per la sua campagna elettorale da ogni finanziatore: il tetto è di appena 2700 dollari, bruscolini. Anche Hillary Clinton ha la sua schiera di ricchi ammiratori: dei 15,6 milioni di dollari raccolti da uno dei suoi superPac, Priorities Usa Action, 8 arrivano da altrettanti finanziatori. Tra i big spiccano i nomi di George Soros e Steven Spielberg. La differenza sostanziale tra la candidata democratica e i suoi potenziali avversari repubblicani è che il grosso della cifra raccolta finora per la campagna elettorale non passa dai superPac ma arriva direttamente da piccole donazioni: 47 milioni sono stati raccolti così. Unico finora ad aver rifiutato il sostegno dei superPac è il più improbabile e per il momento anche il più quotato dei candidati repubblicani – almeno a dar retta ai sondaggi. Donald Trump ha detto che farà da solo: gli basta il suo patrimonio che – dice – ammonta a 20 miliardi di dollari.