Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 2/8/2015, 2 agosto 2015
L’EURO, QUEL CLAMOROSO ERRORE DELL’EUROPA
Ci sono argomentazioni valide che smentiscano che la creazione dell’euro è stata un errore clamoroso? Forse. Ma quelle che ho sentito ultimamente sono davvero pessime e anche piuttosto seccanti. Una che sento ripetere in continuazione è che gli economisti critici come me non capiscono che l’euro è stato un progetto politico e strategico e non una mera questione di costi e vantaggi economici. Ebbene sì, sono un economista rozzo e ottuso, completamente ignaro del ruolo della strategia politica e internazionale nelle decisioni politiche e che non ha mai sentito parlare di progetto europeo e della sua idea originaria di gettarsi alle spalle la guerra e consolidare la democrazia durante la Guerra Fredda.
In realtà quelle cose le conosco bene. Tuttavia, il punto è che se il progetto europeo in ogni sua fase ha combinato gli obiettivi economici con quelli politici – pace e democrazia attraverso l’integrazione e la prosperità – non ci si può aspettare che funzioni se le misure economiche non sono buone idee (o perlomeno non catastrofiche). Quello che è successo nel cammino verso l’euro è che le élite europee, innamorate del simbolismo di una moneta unica, non hanno voluto vedere gli avvertimenti che la moneta europea – a differenza dell’abolizione delle barriere commerciali – era come mimino ambigua nella sua logica economica, per non dire una pessima idea.
Un’argomentazione alternativa che sta venendo dalle economie depresse d’Europa come quella finlandese, è che i presunti grandi vantaggi di un’integrazione economica sono maggiori dei costi di inflessibilità a breve termine. Ma dove sarebbero le prove di questi grandi vantaggi? Secondo un recente articolo sul New York Times di Neil Irwin (lo trovate qui: nyti.ms/1fYX4QI), quei vantaggi sono dimostrati dalla forte crescita finlandese prima della recente crisi. Ma vi pare plausibile dare il merito del boom Nokia alla moneta unica? Be’, il grafico mette a confronto la Finlandia e la vicina Svezia, dove gli elettori hanno rifiutato di entrare nell’euro con il referendum del 2003 (me lo ricordo quel voto: gli amici svedesi che condividevano le mie preoccupazioni mi hanno chiamato nel cuore della notte per esultare). Per entrambi i Paesi sono partito dal 1989: era l’anno prima che scoppiasse la grande crisi scandinava degli anni Novanta provocata dalla sregolatezza bancaria e da una grossa bolla immobiliare.
Dopo la crisi, la Finlandia ha vissuto un lungo periodo di forte crescita economica, ma è stato lo stesso per la Svezia, ed è difficile ravvisare grandi differenze tra i successi dei due Paesi. Sicuramente non c’è niente che dimostri che l’adesione all’euro è stata fondamentale per la crescita. Dal 2008 in poi, d’altra parte, la Svezia – nonostante abbia sbagliato la politica monetaria – è andata ancora meglio.
Come ho detto, forse di argomentazioni valide che provino che l’euro non è stato un errore ce ne sono. Ma dire che bisogna tenere conto della politica e che le economie crescono, non basta: non sono quelli i fattori di che andrebbero cercati.
(Traduzione di Francesca Novajra)
Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 2/8/2015