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 2015  agosto 02 Domenica calendario

IL FUTURO DI ASTROSAMANTHA

Per duecento giorni, e i precedenti 4 anni di preparazione alla missione Futura dell’Agenzia Spaziale Italiana, Samantha Cristoforetti è stata la prima donna italiana ad andare nello Spazio. Adesso comincia il viaggio più impegnativo: quello verso un futuro difficile da definire dopo un’esperienza di tale portata. Anche perché, nonostante sia tornata sulla Terra da due mesi, è ancora in una sorta di limbo.
«Appena atterrata mi hanno portato al Johnson Space Center (il centro della Nasa di Houston, ndr ) per prelevare i campioni di sangue e di urina e fare i primi test di equilibrio. Da allora non mi sono più fermata. In questi giorni raccolgo campioni di saliva e indosso sensori di temperatura», racconta con la stessa parlantina precisa e concentrata che aveva prima di partire. Ammette, infatti, di essere «ancora molto focalizzata sulla missione. Le attività di queste settimane mi portano a guardare sempre indietro. C’è una figura pubblica molto presente che va tenuta separata da quella privata». Si sente su «un treno in corsa. Devo scendere, sgranchirmi le gambe, guardarmi intorno, trovare un equilibrio». Non se ne parla di prima di metà agosto, quando la raccolta dei dati sarà conclusa.
Pensandoci Cristoforetti smette, telefonicamente, per qualche minuto i panni di ufficiale pilota dell’aeronautica militare e astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e indossa quelli di donna 38enne davanti a un bivio: concentrarsi sulla sua vita o inseguire il prossimo obiettivo professionale? «Per un po’ mi piacerebbe fermarmi. Non sento il bisogno di saltare subito su un altro treno», si lascia scappare. Ma è un momento. L’ingegner Cristoforetti torna prepotente pensando a «nuovi percorsi professionali da valutare» o «a un ritorno all’università per fare un dottorato di ricerca». Racconta di come, in settembre, dovrà supportare da Monaco di Baviera la permanenza sul laboratorio spaziale Columbus di un collega astronauta.
La donna, però, è sempre lì, più di quanto facesse capolino nelle chiacchierate pre-partenza: «Penso anche alla possibilità di dedicarmi alla mia famiglia». Cristoforetti non è sposata, non ha figli e non ama parlare della sua vita privata, ma il tono si fa più morbido quando racconta di aver avuto solo «qualche minuto il giorno dopo l’atterraggio» per dedicarsi ai suoi affetti. Non è ancora rientrata in Italia, se non per qualche giorno dedicato a visite istituzionali. Non è ancora tornata a casa, e quando si parla di casa lei pensa a quella dei suoi genitori, in Italia. La menziona e, come detto, il tono è più morbido. Forse un po’ stanco. Gli oltre sei mesi nello spazio «sono stati molto pieni e intensi. Non mi aspettavo ritmi così serrati: non c’erano pause fra le sessioni di lavoro. All’inizio è più difficile perché ti puoi sentire un po’ rallentata». Poi, prese le dovute misure, è iniziata l’esperienza che «ha vissuto con grande serenità e tranquillità. Sai che ci sono dei rischi, ma sei preparata e non ti preoccupano».
Nel racconto di Cristoforetti non ci sono frammenti di paura, ansia o senso di inadeguatezza. Neanche quando le è stato detto che la permanenza nello spazio sarebbe durata un mese in più, facendole battere di 4 giorni il precedente record dell’americana Sunita Williams: «No, neanche in quel caso». Torna loquace per sottolineare la soddisfazione «per aver contribuito a raccogliere tutti i dati richiesti. I risultati li avremo con le pubblicazioni, ci vorranno mesi».
Se il futuro a breve termine è un’incognita, la risposta, soprattutto a se stessa, la dà guardando ai prossimi anni: «Spero di avere l’opportunità di ripartire per lo spazio, anche se so che la fila è lunga». Il collega Paolo Nespoli lo farà nel maggio 2017, a più di 60 anni. «Spero di riuscirci prima dei miei 60 anni», conclude con risata. Una risata composta. E concentrata.