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 2015  agosto 01 Sabato calendario

IL PATRIMONIO DELLO STATO? VALE PIÙ DI 59 MILIARDI MA SOLO IL 4% È VENDIBILE

Due miliardi e mezzo di euro su quasi sessanta. A tanto ammonta il valore dei beni immobili dello Stato, tra aree e fabbricati, effettivamente disponibili, dunque potenzialmente vendibili. Anche se non si tratta di un prezzo di mercato, ma di un valore d’inventario, gli immobili di cui lo Stato può liberamente disporre sono solo una minima parte dell’immenso patrimonio immobiliare pubblico, costituito da 32.691 fabbricati e da 14.351 terreni, per un valore pari rispettivamente a 54,1 e 4,7 miliardi di euro.
I dati del 2014 pubblicati dall’Agenzia del Demanio sul suo sito in un nuovo formato, anche grafico, indicano che il valore dei beni disponibili è pari a 1,5 miliardi per i fabbricati e ad appena 1,1 miliardi per le aree. Il grosso del patrimonio è rappresentato dagli immobili “indisponibili” perché utilizzati dall’amministrazione. Rappresentano il 60% del valore dei fabbricati (31 miliardi) ed il 62,2% di quello delle aree (2,9 miliardi). I 4283 fabbricati del demanio storico e artistico sono quelli che hanno il maggior valore relativo, pari a 20,6 miliardi di euro.


Buona parte di questi beni si trova in una sola regione, il Lazio: 4500 immobili (il 30% del totale nazionale) e 1500 aree (il 19% del totale), per un valore di inventario complessivo di 17,2 miliardi, cioè quasi un terzo del totale nazionale. Per quanto riguarda i fabbricati, subito dopo il Lazio viene la Campania, con un valore di 7,3 miliardi, seguita da Toscana e Veneto. Per valore delle aree, però, dopo il Lazio e il Veneto, viene la Sardegna, di cui un vasto territorio è assoggettato a servitù militare.
Ieri, intanto, il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente i due decreti di attuazione della delega fiscale che regolano l’abuso del diritto in campo tributario e la fatturazione elettronica, che ora saranno pubblicati in Gazzetta. Il primo decreto limita i margini di contestazione sulle operazioni prive di sostanza economica, attuate solo per ottenere un beneficio fiscale, che sono in linea di principio vietate. Il testo modifica anche le norme per il rientro dei capitali, eliminando alcuni ostacoli che fin qui hanno impedito all’operazione di decollare. Il secondo decreto introduce semplificazioni amministrative e contabili alle imprese che scelgono la trasmissione telematica al fisco delle fatture.
M. S.