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 2015  agosto 01 Sabato calendario

LE LENZUOLA? SONO «EFFETTI LETTERECCI» QUELL’ITALIANO MISTERIOSO DEI BUROCRATI

«Lisciviatura! Chi era costei?», si chiederebbe Don Abbondio alla vista di una disposizione della «Legione Carabinieri Lombardia» del 29 luglio 2015, nove anni dopo l’invenzione di Twitter, 40 dopo il primo pc portatile, 58 dopo il primo personal computer, 110 dopo il primo volo aereo, 135 dopo la prima metropolitana elettrica, 161 dopo il primo motore a scoppio, 190 dopo il primo viaggio di un treno. Eppure nella disposizione su carta intestata con l’elenco del materiale in uso al personale dell’Expo 2015, scritta incredibilmente con il computer (che forse l’autore chiama, chissà, «macchinario elaboratore elettro-meccanico a impianto binario») si legge proprio così: «Lisciviatura degli effetti letterecci». Effetti letterecci? Qui ci potrebbe soccorrere un ipotetico «Dizionario demenzial-burocratico» del quale sempre più sentiamo la mancanza. Risponderebbe: «Trattasi di lenzuola, federe e coperte nell’interpretazione comica dei burocrati più ottusi». E vabbè. Ma «lisciviatura»?
Andiamo a cercarlo nel Vocabolario degli accademici della Crusca, considerata la «Cassazione» della lingua italiana. Risposta: «“lisciviatura” come lemma non compare all’interno del Vocabolario». Andiamo bene! Proviamo con il vocabolario Treccani: «Lisciviatura. Operazione (detta anche cottura) fra le più importanti nella fabbricazione della carta. Consiste nel liberare le fibre dalle impurità e nel trasformare le sostanze coloranti dei cenci in composti facilmente eliminabili mediante opportuni agenti chimici, quali il carbonato sodico, la soda caustica e la calce. Si effettua con il lisciviatore, recipiente di norma sferico che viene posto in lenta rotazione dopo avervi messo i cenci e versato la soluzione lisciviante». La fabbricazione della carta? Il lisciviatore? E che c’entrano le lenzuola?
Proviamo con il Sabatini Coletti: stesso risultato. Proviamo con il Gabrielli-Hoepli: stesso risultato. Proviamo con il Garzanti: stesso risultato. Conclusione: la «lisciviatura» delle lenzuola, delle federe e delle coperte non esiste. È frutto solo della ripetitività insensata di certi burocrati che copiano e incollano senza metterci un briciolo di intelligenza propria. Ma magari, dirà qualcuno, appartiene alla lingua più antica! Più pura! Più nobile! Allora andiamo sul «Dizionario della Lingua Italiana» di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini, forse il più famoso di tutti, pubblicato in 8 volumi (otto volumi!) tra il 1865 e il 1879. Sarà almeno quello all’altezza dei nostri burocrati? Macché: «lisciviatura» non esiste neppure sul Tommaseo.
Capiamoci: non si tratta del delirio burocratese di un mezzemaniche più o meno graduato. L’autore, purtroppo, ha semplicemente copiato come un automa, senza rifletterci un attimo, una formula trita e ritrita. Cercate sul web e troverete le stesse parole decine di volte. A partire da uno spassoso decreto firmato da Sua Eccellenza Reverendissima il Vice Direttore Generale del Ministero della Difesa, poffarbacco!, del 20 dicembre 2012: «Le quote giornaliere del noleggio mobili ed effetti letterecci e le quote di lisciviatura, da porre a carico degli utenti degli alloggi A.P.P. e S.L.I. per l’E.F. 2013, sono stabilite nella tabella annessa al presente decreto, che ne costituisce parte integrante».
Parole così diseducative, nella loro insensatezza burocratica e illegale secondo l’articolo 11 comma 4 del Codice di comportamento dei dipendenti della Pubblica amministrazione del 2001 («Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotti un linguaggio chiaro e comprensibile») da rassicurare tutti i passacarte innamorati nel linguaggio più cervellotico. Quello che Italo Calvino marchiò come «l’anti-lingua». S.O.S. a Marianna Madia, al ministro della difesa Roberta Pinotti e a tutti i generali: per favore, abolite la lisciviatura. Vi imploriamo in burocratese: «lisciviate» la vostra lingua!