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 2015  agosto 02 Domenica calendario

DA FALSO NUEVE A TOP PLAYER LA NUOVA LINGUA DEL CALCIO

Nel monday night della regular season, il Barcellona di coach Luis Enrique ha battuto il Real Madrid grazie a un no look di Leo Messi, impiegato da falso nueve, in realtà puntero, dimostratosi il solito top player, e logicamente votato hombre del partido: ora il triplete è vicino. Che cosa avete letto? Che lingua è? Semplice, è la lingua che ormai parla il calcio. Impossibile non esserne contagiati, come inutile spaventarsi: se mai, conoscendo il germe, lo si può evitare. Insomma quel che stiamo vivendo appare molto chiaro: allineandosi a una globalizzazione totale e totalizzante del pallone, anche le parole si trasformano, diventano straniere, esotiche, vagamente elitarie. Del resto un conto è esclamare: oggi c’è il monday night della serie B; un altro sussurrare: stasera si gioca il posticipo del lunedì di B. Senza scomodare sociologi, linguisti e semiologi, l’andare sembra segnato, almeno nella mappa del calcio: rimuoviamo i nomi dal nostro vocabolario del pallone e li sostituiamo con termini stranieri, meglio se spagnoli e inglesi, a dire il vero. È una mutazione. Di certo a compiere il grosso del lavoro ha provveduto la televisione, che ha compresso le distanze e ha cominciato ad avvicinare l’Italia al calcio europeo. E così, con il calcio estero, nelle nostre case è entrato pure il modo di esprimersi del calcio estero. Per intendersi, Messi e Cristiano Ronaldo non sono fuoriclasse o, sacrilegio, due assi: no, sono top player. E Benzema o Ibrahimovic è incontestabilmente un puntero: mica qualcuno vorrà continuare ad offendere dandogli del centravanti...
NO LOOK, NO PARTY
L’effetto si direbbe simile a quello delle ciliegie: un’invenzione tira l’altra, e per la verità non si capisce più se esista un confine tra l’affinarsi della lingua e della tecnica, e lo sfarinarsi della solidità di un certo linguaggio specifico. Camminando lungo questa via, è facile comprendere quindi perché Totti abbia vestito spesso la maglia del falso nueve o, ancora, perché l’Inter di Mourinho nel 2010 non abbia centrato la tripletta (troppo semplice) ma abbia conquistato il triplete. È tutto più nuovo, moderno, verniciato d’esterofilia: più bello, anche se non è vero. Piace perfino ai bambini: d’altra parte con gli amichetti è più divertente fare un passaggio no look o un passaggio alla cieca; un gol di chilena o in rovesciata; allenarsi al campo o nel football ranch?
TUTTI IN THE BOX
Come si sa, da sempre il lessico del calcio subisce influenze internazionali, moltiplica verbi, conia parole e arricchisce il proprio patrimonio partita dopo partita. Giusto per delineare un’idea, dribbling e sombrero ad esempio sono intraducibili. Ma a suscitare la curiosità è il recente uso smodato di parole straniere, quasi fosse un obbligo cui chinare il capo per compiacere (e, talvolta, compiacersi). Nel grande rimescolio delle partite, basta dunque un nulla per registrare la presenza di lunch match anziché di gare a mezzogiorno; di hombre del partido anziché di migliori in campo; di playoff anziché di spareggi; di regular season anziché di stagioni regolari; o ancora di extra time, anziché di recuperi. Forse è presto per trarre conclusioni che non abbiano la debolezza dell’approssimazione: la tendenza però è evidente, ed è ben leggibile in controluce all’interno di ogni tessera del paesaggio della comunicazione. È il calcio del 2015, capace di rotolare oltre i confini del dire, e di confluire in un grande mare. Così sarà sempre più logico vedere l’attaccante, o il top scorer, volare in area di rigore, anzi in the box, per segnare una rete da cineteca, ops, da gol parade. «In fondo – come dice Toni Servillo alla fine de La grande bellezza – è solo un trucco. Sì, è solo un trucco».