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 2015  agosto 02 Domenica calendario

NICHOLAS SPARKS

NEWYORK.
Ha più l’aspetto di un attore o di un fascinoso amministratore delegato che non di uno scrittore, quando si presenta nella hall del Ritz Carlton. Cinquant’anni, nativo di Omaha nel Nebraska, arriva dal North Carolina dove vive: Nicholas Sparks è un vero all’american boy.
Autore di ben diciassette bestseller tradotti in tutto il mondo, di cui una decina sono diventati anche film hollywoodiani dai grandi incassi, Sparks è una celebrità e un uomo ricchissimo. I suoi sono romanzoni pop densi di sentimenti tutti con la esse maiuscola, tutti travolgenti, impetuosi: amore, fede, destino, passione. Titoli come Le pagine della nostra vita, col quale fece il primo exploit nel 1996, seguito da Le parole che non ti ho detto e Come un uragano suonano famigliari anche a chi non ne ha mai letto una riga. Sparks scrive storie di amori impossibili, malattie terminali, passioni al tempo della guerra, incontri che grondano di karma e destino (felici/infelici con finale catartico), e le sue ambientazioni sono in genere bucoliche: praterie, laghi, montagne, purché lontano dalle metropoli. Sparks ricorda qualche eroe romantico dei suoi libri: non sfigurerebbe accanto, per esempio, a Kevin Costner, una delle star che hanno dato carne ai suoi personaggi melodrammatici. A proposito di grandi amori, Sparks si è da poco separato dalla moglie Kathy, da cui ha avuto cinque figli. Emana energia, pare che riesca comunque a dormire pacificamente otto ore a notte, e oltre alla scrittura, mestiere da lui svolto con ferrea disciplina («Basta scrivere cinque pagine tutti i giorni, ma proprio tutti i giorni, e fai il conto delle pagine che hai scritto alla fine dell’anno», dice con pragmatismo da contabile della letteratura), si dedica a svariate attività. È produttore cinematografico (dei film tratti dai suoi romanzi: ora è in preparazione l’undicesimo da La scelta), sta allestendo un musical a Broadway tratto da Le pagine della nostra vita, sta sviluppando quattro progetti televisivi e si dà da fare per promuovere la lettura nelle scuole. Un’industria, praticamente.
Chissà allora dove lo trova poi il tempo per quelle famose cinque pagine da buttar giù ogni giorno, per alimentare costantemente la sua multinazionale delle parole, per evitare che l’altoforno dei sentimenti non si spenga mai: «Il bello è che puoi scrivere dappertutto: in aereo, sulla limousine, in una stanza d’albergo. Come dicevo, basta riuscire a scrivere qualcosa tutti i giorni, facendo “mucchietti” di qualità da stipare con un ritmo costante. Anche quando le distrazioni sono parecchie. Viaggiare così tanto, come mi capita a periodi alterni, stanca parecchio». Eh, la vitaccia della star... «È difficile davvero per me viaggiare in Brasile senza guardie del corpo — sorride — o nelle Filippine, in Germania, Inghilterra, e anche in Italia! In Islanda mi adorano. Sono uno degli autori più piratati in Iran! Traducono i miei libri di nascosto e li vendono fregandosene del copyright. Un giorno abbiamo commesso l’errore di intimare loro di levarli da internet, l’avessimo mai fatto... Se la sono presa parecchio a male, diciamo così, e abbiamo subito fatto marcia indietro: “Ma no, dicevamo così per dire, fate quello che volete...”». E giù a ridere di nuovo. Come se lo spiega tutto questo successo planetario? «Dò innanzitutto molto merito ai film e ai bravi attori che hanno recitato le mie parole: Hollywood mi ha introdotto nel mondo. Ho avuto fortuna. Però sono anche convinto che le mie storie siano belle e siano comprensibili in ogni cultura e linguaggio: sono storie universali, storie d’amore senza frontiera. In questo senso mi attribuisco dei meriti».
La formula Sparks, insomma, è oramai collaudata, anzi brevettata (e accettata anche dalla critica). «A scrivere un romanzo impiego sei mesi. Il resto del tempo lo passo a promuovere quello che ho scritto e a riflettere cercando il tema e l’idea per il successivo, il feeling. Perché il feeling secondo me è tutto. Quando becco quello giusto scrivo di getto. Non chiedetemi di rallentare e magari scrivere meglio: non potrei mai funzionare che non sull’onda del momento». Non ha mai fatto nient’altro che scrivere nella vita? «Ho fatto un po’ di tutto, ma scrivere è il lavoro senza dubbio più difficile» risponde. «Anche dopo diciassette romanzi pubblicati, lo trovo ancora difficile. Ogni tanto mi capita di spendere un’intera giornata, intendo letteralmente ventiquattro ore, a correggere una singola pagina. Voglio dire, scrivere un romanzo rimane tuttora per me una sfida titanica. Sì, ci sono momenti in cui vado veloce e fluido. Ma anche altri in cui per mettere giù due paragrafi mi viene l’ulcera. Se uno mi chiede come funziona il processo creativo e di scrittura, ancora non so rispondere. È un mistero. Non sono un teorico. Scrivo partendo dalla pancia, come dicevo prima, dalla convinzione di aver trovato l’onda giusta su cui surfare».
A quali scrittori s’ispira di più? «In termini professionali a Stephen King, che non so come faccia, ma non soffre mai quando scrive: per me è un marziano. Ammiro la sua facilità di scrittura e la sua disciplina pazzesca, che gli viene comunque senza grandi sforzi. Mi piace Pat Conroy, e leggo tantissimo Hemingway, seguendo la sua scuola di pensiero. Hemingway diceva: “Dietro una lettura facile c’è sempre una scrittura dannatamente difficile”. Diceva anche che la prima stesura è sempre una cagata. E io mi ci riconosco. Tutto quello che sembra facile è in realtà il risultato di uno sforzo enorme, da ernia del cervello e delle dita sulla tastiera. Solo Stephen King non fa fatica, e scrive una marea di cose». Una volta aveva anche tentato di incontrare il suo idolo, era il 1996 e stava facendo un tour promozionale nel Maine, dove vive King.«Mi sono fatto dare l’indirizzo di casa sua, sono andato e ho bussato alla porta» ricorda. «Anche se sulla porta c’era un grosso cartello che diceva: “Il signore e la signora King non ricevono visitatori non annunciati”. Fatto sta che non è venuto nessuno ad aprirmi. Magari erano lì dentro che mi guardavano. Dopo un paio di minuti gli ho lasciato una copia del mio libro e me ne sono andato. Non ci siamo mai incontrati». Eppure, nonostante tutta questa fatica che dice di fare, Sparks riesce anche a lavorare su due libri contemporaneamente. Al momento ne ha quasi finito uno, mentre è a metà di un altro. Nicholas Sparks dà l’impressione di essere nato col dono della grazia che emerge nei momenti di massima pressione. Un cowboy della letteratura, dal grilletto veloce, l’uomo da marciapiede della letteratura pop americana. O meglio ancora il midnight man , con i suoi lati oscuri: «Non sono un ingenuo, e mi piace ogni tipo di storia. Anche quelle con personaggi dark, come Dexter del serial tv, l’assassino dalla doppia vita: fantastico. Mi è piaciuto Il silenzio degli innocenti , uno dei più bei film che abbia visto. Ma ho le mie regole: deve essere originale e se c’è violenza non deve essere gratuita». Tanta ispirazione dice di trarla dalla sua vita. A cominciare da un dramma famigliare. «La mia adorata sorella, che è morta quindici fa, era la Jamie di I passi dell’amore . Le pagine della nostra vita è ispirato ai nonni di Kathy, mia moglie, e mio cognato è un cowboy che cavalca tori come Luke in La risposta è nelle stelle . Cerco di variare, ma i miei lettori sanno che se comprano un mio libro ci sarà una storia d’amore, sanno che sarà ambientato quasi sicuramente in una piccola cittadina del North Carolina, sanno che ci saranno personaggi cui voler bene. Ma non sanno se ci sarà l’happy end o una tragedia. Mi volete considerare uno scrittore romantico? Va benissimo, mica è un’offesa. E siccome so che tante mie lettrici sono giovani donne, potete star sicuri che ci sarà sempre anche un personaggio con cui si potranno identificare».
Silvia Bizio, la Repubblica 2/8/2015