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 2015  agosto 02 Domenica calendario

“SASSI CONTRO IL BUS BOTTE E INSULTI IL MIO INFERNO DI AUTISTA A ROMA”

[Intervista al conducente Atac] –
ROMA.
«Sapete cosa vuol dire guidare un autobus mentre qualcuno ti prende a botte sulle spalle e ti mette le mani sul volante? In base alla linea che devo condurre parto più o meno tranquillo. Se la linea è in periferia la mia ansia cresce».
Chi parla è un autista Atac in servizio da 15 anni, moglie e due figli. Non vuol dare il nome. Dopo quello che è successo al collega Christian Rosso, sospeso a tempo indeterminato per aver postato su Facebook un video sul disastro del trasporto pubblico romano, lui e gli altri adesso hanno paura. Rilascia l’intervista solo a condizione di rimanere anonimo.
Perchè ha paura a guidare in periferia?
«Perché può capitarti qualsiasi cosa. I cittadini sono esasperati dalle corse sempre meno frequenti e si sfogano con te, ti aggrediscono».
Ci racconti qualche esperienza.
«Appena due settimane fa ero a Corviale, periferia sud, conducevo il 98. Arrivo al capolinea e trovo la gente inferocita: mi urlano che il bus non passava da un’ora e 10 minuti. Lì non c’era una spiegazione da dare. Mi sono fatto scivolare addosso gli insulti, ho rimesso subito in moto, senza spegnere il motore, non mi sono preso neanche i tre minuti previsti per fare la pipì. Un’altra volta ero a Montespaccato, periferia ovest. Guidavo una vettura Citaro Mercedes, quelle che ancora hanno il posto di guida completamente aperto. Anche lì la rabbia della gente per la lunga attesa. Hanno cominciato a colpirmi alle spalle, a mettermi le mani sul volante. Io ho cercato di fare appello a tutto il mio sangue freddo per non perdere il controllo della situazione. Avevo la responsabilità di un bus dei passeggeri».
Perché succede questo?
«Le periferie sono abbandonate. Se si effettuano tagli al servizio, si scelgono le periferie, la verifica dei biglietti a bordo non esiste perché i verificatori sono costantemente a rischio, nessuno timbra il biglietto, e gli autisti sono ancora più soli. I bus in periferia sono zona franca. Nei giorni festivi, poi, è l’apoteosi del malcontento».
Il malcontento e la rabbia degli utenti sono l’unica ragione delle aggressioni?
«No, c’è anche l’attacco gratuito, la beffa consumata per sport. Ai capolinea con i bagni chimici, per esempio, ai miei colleghi è capitato di entrare nel box e di trovarsi ribaltati dal balordo di turno. Una volta, a Capodanno, hanno gettato nel bagno chimico un raudo mentre c’era dentro un collega. Al deposito dei mezzi alla Magliana, periferia sud, la presenza di un campo rom ci dà molti problemi».
Cosa succede?
«I rom lanciano sassi ai finestrini degli autobus e li rompono, si infilano nel deposito, vengono a rubare la nafta o le batterie per rivenderle, appiccano il fuoco all’immondizia generando fumi tossici. Stamattina c’era ancora la nube, nonostante l’incendio fosse stato spento due giorni fa».
Le situazioni più a rischio sono nei quartieri con una maggiore concentrazione di immigrati?
«La mia esperienza mi porta a dire di no. Anzi, se andiamo a vedere i dati, gli italiani sono i maggiori responsabili delle aggressioni».
Come vede l’immediato futuro?
«La situazione andrà peggiorando, perché l’Atac taglierà ancora più corse e lo farà a spese delle periferie, che si sentiranno sempre più abbandonate. Mi ricordo, un anno fa, la rivolta della gente al Quartaccio, periferia ovest. L’Atac aveva deciso di sopprimere la linea 987. In strada c’è stata la guerriglia: cassonetti rovesciati e dati alle fiamme. Quel mezzo era l’unica linea che li portava a prendere un bus notturno con cui raggiungere la stazione Termini. Quella era gente che si alzava alle quattro per andare a lavorare. Si sono sentiti traditi».
Cecilia Gentile, la Repubblica 2/8/2015