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 2015  agosto 02 Domenica calendario

IL SENSO DI ANGELA PER IL POTERE, REGINA SENZA RIVALI

Angela Merkel contro se stessa. Se oggi si votasse in Germania, non ci sarebbe partita. Gli eventuali aspiranti alla cancelleria si candiderebbero al suicidio politico. In un momento di candore, lo ha ammesso persino uno dei dirigenti della Spd, il ministro-presidente dello Schleswig-Holstein, Torsten Albig: «Merkel sta facendo benissimo, è una buona cancelliera». Ergo, il suo partito potrebbe risparmiarsi la fatica di schierare uno sfidante.
I sondaggi danno l’unione fra cristiano-democratici e cristiano-sociali guidata dalla cancelliera oltre quindici punti sopra alla socialdemocrazia. Solo una catastrofe o un capriccio della storia potrebbero impedire alla “mammina” (Mutti, come la chiamano benevolmente molti affezionati tedeschi) di riconfermarsi alla guida del governo della maggiore potenza europea. Nessuno è rimasto perciò sorpreso dalla rivelazione del settimanale Der Spiegel per cui Merkel ha già deciso di ricandidarsi alle elezioni del 2017. Se davvero vincesse, anziché ritirarsi a metà legislatura, come suggerisce qualche analista, potrebbe essere tentata di ripresentarsi nel 2021 per battere il record di durata al vertice dell’esecutivo federale, detenuto da Helmut Kohl (16 anni e 21 giorni, tra 1982 e 1998).
L’anziano cancelliere, che non ha mai nascosto di de-testare quella che per lui era e resta «la ragazzina» — innamorata della poltrona quanto incapace di stare a tavola impugnando correttamente forchetta e coltello — probabilmente ne soffre al solo pensiero.
Nelle settimane più aspre della crisi greca — sedata, non risolta — Angela Merkel ha dovuto ingoiare severe critiche provenienti da sponde straniere ma tradizionalmente amiche. Americani, francesi, britannici, italiani hanno accusato la cancelliera e il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble di aver imposto alla Grecia una dose insostenibile di austerità, con l’obiettivo di provocarne l’uscita dall’euro. Opzione pubblicamente evocata da Schaeuble e utilizzata dalla cancelliera per costringere Tsipras a ingoiare un piano in cui nessuno crede. Quanto i due leader tedeschi giocassero al poliziotto buono/poliziotto cattivo, o invece perseguissero strategie diverse, lo stabilirà la storia.
Resta che la linea dura, avversata dai principali partner della Bundesrepublik, ha funzionato benissimo in patria. Ciò significa che anche nei prossimi mesi, e sempre più nettamente quanto più si avvicinerà il voto, il governo tedesco terrà una linea intransigente in difesa del rigore economico e monetario. Perché su questa trincea la “cancelliera di ferro” raffigurata dalla Bild-Zeitung con il classico elmetto prussiano è convinta di essere rieletta, anche se non con la maggioranza assoluta sognata dai cugini bavaresi della Csu.
Merkel e Schaeuble sono di gran lunga i politici più popolari di Germania. Perché solidi, competenti, affidabili. Soprattutto, garantiscono di non cedere ai ricatti delle “cicale” del Sud. Ringhiano contro qualsiasi ipotesi di eurobond o altre diavolerie che potrebbero aprire le porte della aborrita Transferunion — un’eurozona solidale in cui i più forti sono disposti a soccorrere i più deboli in nome del bene comune. Anzi, nella visione germanica non ci sono forti e deboli, solo virtuosi (loro stessi e altri nordici) e viziosi (mediterranei, noi e i francesi inclusi). Che l’area dell’euro funzioni come Transferunion al contrario, con la Germania in permanente surplus commerciale e gli altri a farne le spese, resta tabù in terra tedesca. Almeno fin quando, dopo aver desertificato i mercati europei, la nazione esportatrice per eccellenza non comincerà a subirne i contraccolpi.
Di Angela Merkel si celebra la freddezza con cui evita di prendere posizione su qualsiasi tema finché non sia certa di stare dalla parte giusta, quella vincente. E si sa che non ama lasciarsi trascinare dagli eventi. Quando crollò il Muro di Berlino, lei che si trovava nella sua Ddr, dalla parte sbagliata della storia, non volle rinunciare alla sauna serale. Chi la conosce bene sa però che è meno cerebrale di quanto sembri. Il suo controllo dei sentimenti non equivale all’assenza di emozioni. Tra i sentimenti, quello per il potere è certo tra i più profondi. Altrimenti non si ricandiderebbe per la quarta volta.
Lucio Caracciolo, la Repubblica 2/8/2015