Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 01 Sabato calendario

PERISCOPIO

Nel Sud Italia in crisi crollo delle nascite, come in Grecia. Anche da noi non Syriza più. Gianni Macheda.

Il calvario del buon appetito. Un’ora di piacere, due ore e mezzo di cattiva digestione e (nel migliore dei casi) trent’anni di obesità. Philippe Bouvard, Journal drôle et impertinent. J’ai lu. 1997.

Le grandi storie sono nel passato o nel futuro, il presente è la vita del condominio. Sebastiano Vassalli, scrittore. Corsera.

Matteo Salvini, segretario della Lega, parla del sindaco di Roma: «Ma dove l’hanno pescato uno come Ignazio Marino? Incredibile!». Rivela che quando viene nella capitale «qualche tassista mi chiede perché non mi candido a sindaco. Io? No, mai. Non sono romano. Adesso, per salvare Marino, hanno messo anche un assessore piemontese. Ne manca uno veneto e uno del Lussemburgo, e poi al comune di Roma c’è davvero di tutto». Salvini parla anche della proposta di Alessandro Gassman lanciata ai cittadini di Roma, per rimboccarsi le maniche e pulire la città: «Bella idea, ma se io pago le tasse voglio ricevere un servizio, non trovare qualcuno che mi chiede di rimboccarmi le maniche». Roma è sporca? «Beh, avevo da eccepire su Milano che è andata un po’ giù. Ma ogni volta che vengo nella capitale mi rinfranco: c’è qualcuno che sta peggio di noi...». Franco Bechis. Libero.it.

Fino alla morte di Stalin nel 1953 non c’erano vie di uscita nel Pci al quale aderivo. Poi sembrò arrivare un vento di rinnovamento. Fu un abbaglio. Fatto sta che dopo gli eventi accaduti in Ungheria nel 1956 mi dimisi da redattore dell’Unità. Ero in crisi. Fu allora che mi inventai il mestiere di fotografo con la Rolleiflex che mi aveva regalato mio padre. Poi, nel 1957, abbandonai Napoli e andai a Roma. Ermanno Rea, scrittore (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Diventando premier, D’Alema divenne l’Uomo Nero di una quantità di compagni, gente che era stata con lui nel Pci e adesso militava in Rifondazione e nei Comunisti italiani guidati da Cossutta. Max si trovò sbeffeggiato persino sul giornale che aveva diretto, l’Unità. Le pagine a fumetti di Sergio Staino lo ritraevano come un politicante vanitoso. Una tavola apparsa il 26 aprile 1999 si concludeva con un D’Alema azzimato che, nel brindare con Sophia Loren, diceva con sussiego: «Il dramma dell’Italia è che possiede una sola mente politica: la mia!». Giampaolo Pansa, scrittore. Libero.

La cultura tecnico-razionale dominante nei nostri tempi ci fa vedere solo il futuro come garanzia di successo e il sole non tramonta mai; si dimentica del passato e degli errori fatti così viene meno la memoria e la previdenza che è la dote che ci distingue di più dagli animali. La «techné» ci ha distaccato dall’intimità di vere relazioni personali sentite, vissute e partecipate; eventi importanti nella vita come il concepimento, la nascita, la malattia e la morte sono ormai considerati solo meri eventi biologici. Le modalità relazionali sono virtuali, fugaci, fulminee e superficiali fatte da un limitatissimo numero di parole; un modello culturale che scivola sull’onda, molto più rapidamente del tempo che sarebbe necessario per scendere in profondità. Si forma una non-cultura che va rendendo sempre più sterile ed asettico il rapporto interpersonale, uno zapping continuo che impedisce la riflessione ed un dialogo interiore, nella sostanza sterilizza il senso della morale sociale in cui si diventa «tutti contro tutti» ma non «tutti insieme per il bene comune». Fabrizio Pezzani, economista della Bocconi. Avvenire.

Con gli occhi di bambina - Che materia misteriosa, l’acqua. Tutto, mi dicevo da bambina, ha una forma, e un colore; e invece l’acqua non ha l’una, né l’altro. Allungavo la mano sotto al getto del lavatoio di pietra, nel cortile di una vecchia casa nelle Dolomiti. Era gelido eppure così vivo, e forte; la mia mano dopo pochi istanti doleva, rossa, ghiacciata. Cercavo di trattenere l’acqua, e mi scivolava fra le dita. Portavo le mani alla bocca e più che berla la mangiavo: era fresca, buona. Ma inafferrabile: cercavi di fermarla, e già era andata, scivolata via, in un tintinnio argentino. Da dove viene l’acqua? chiedevo ai miei fratelli. Mi rispondevano che veniva dalla cima delle montagne davanti a noi: era in quelle lingue di neve candida, lassù, che l’estate acerba cominciava a sciogliere. Dicevano che le gocce si riunivano in ruscelli, e poi in un torrente; e incanalata in tubi d’acciaio finalmente, costretta, l’acqua arrivava nella nostra fontana. Io guardavo la neve abbagliante, sulle vette, e pensavo che forse l’acqua, nei tubi degli uomini, si sente prigioniera. Ma mi incantavo a guardare quel getto limpido e apparentemente infinito: inesauribile chiara fresca fonte, per chi avesse sete. E come, sudata dopo una corsa, mi piaceva di quell’acqua generosa riempirmi le mani, e immergerci la faccia, avidamente. Marina Corradi. Avvenire.

Un mio vicino di casa prendeva la pensione di nanetto senza averne diritto. È alto 151 cm. La commissione che doveva valutare la sua posizione è stata sospesa. A loro risultava alto un metro esatto. Per me ha ragione il mio vicino di casa. Non è nanetto ma non è neanche alto giusto, per cui, o gli date una pensione, o lo aggrego alla banda degli assalitori di furgoni blindati (vedi film Ocean’s eleven). Maurizio Milani, scrittore satirico. Il Foglio.

A diciotto anni, mio padre mi ha detto: «Hai già studiato anche troppo. Stop». Lui aveva smesso a quindici. Io vengo dalla working class, da quel tipo di mentalità: perciò il titolo di Sir mi fa sorridere, è come un marchio a fuoco su una pelle riottosa. Ho accettato volentieri questo timbro di nobiltà per far piacere ai miei cinque figli. Fossi venuto fuori dalla comunità ebrea, sarebbe stato diverso: lì, i genitori sono orgogliosi di predisporre ai figli un destino di avvocato, di medico. O di farmacista, com’era nelle ambizioni, ripetutamente frustrate, del papà di Woody Allen, divenuto «solo» regista. Anche lui vittima, come me, di una carriera sbagliata. Alan Parker, regista. (Mario Serenellini). la Repubblica.

Trascorro i miei pomeriggi in questa tea-room sull’isola di Tristan de Cunha. Il vento ulula e scaraventa contro i vetri, secchiate di pioggia mescolate alla schiuma delle onde. Piera Graffer, scrittrice, La Maliarda. LoGisma.

Come sempre i due reparti esploranti tedeschi sono partiti in testa: hanno armi e veicoli sempre efficienti, con equipaggi ormai affezionati al deserto, che considerano una Selva nera un po’ spelacchiata. Paolo Caccia Dominioni, Alamein. Longanesi, 1966.

Gli elogi meritati li ho avuti tutti. Ora aspetto quelli immeritati. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 1/8/2015