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 2015  agosto 01 Sabato calendario

MARONI SCONFESSA SALVINI E RISCOPRE L’ANTIROMANITA’

Certamente Roberto Maroni preciserebbe, e cioè che si riferiva alle istituzioni, ai palazzi, ai malandrini di regime, non certo ai cittadini di Roma vittime secolari dei prepotenti. E in effetti la frase pronunciata ieri dal governatore della Lombardia («stiamo dando l’immagine di un’Italia allo sfascio, Roma, e un’immagine invece di un’Italia di eccellenza, Milano e L’Expo») ha una sua eterna perfezione leghista, un palindromo logico, è leggibile da sinistra a destra e viceversa, è vendibile a nord contro i meridionali e a sud contro la casta.
Sono circa tre decenni che la Lega se la cava allo stesso modo, per cui il grido a Roma ladrona che Umberto Bossi inaugurò a metà degli anni Ottanta sulle piazze pedemontane rispondeva a un fastidio per i terroni fin lì trattenuto, ma pochi anni dopo fu rivendibile in chiave elettorale come un grido contro i feudatari del potere, di sicuro non contro il popolo in catene. Ieri mattina ci si è fatti cogliere da un po’ di stupore perché il dualismo Roma-Milano, progressivamente abbandonato anche dalle commedie cinematografiche, sembrava ormai espunto dalle agende leghiste.
Il nuovo nemico non è più la capitale del Regno, e della Repubblica, pretesa tale da quegli «stronzi» del conte di Cavour e di Giuseppe Garibaldi (qualificazione di Bossi), piuttosto Bruxelles, Strasburgo e Francoforte, le nuove sedi dei nuovi oppressori. Il leader di seconda generazione della Lega, Matteo Salvini, ha dimenticato il goliardico e non elegantissimo coro dedicato ai napoletani («Napoli merda / Napoli colera / sei la vergogna dell’Italia intera...») per sfondare la linea gotica e andare a prendersi i voti nelle terre di Etruria e Ausonia, e cioè il centro e il sud nelle tre macroregioni del professor Gianfranco Miglio.
Un’operazione andata niente male: alle regionali in Toscana la Lega ha preso un formidabile venti per cento, e a fine a febbraio per la prima volta si sono viste le bandiere del Carroccio e del Leone di San Marco sventolare in piazza del Popolo. Così poche settimane fa quelli di Noi Con Salvini, la lista nelle intenzioni digeribile sotto ogni latitudine, e cioè alcuni politici romani piuttosto adattabili, sono arrivati sotto il Campidoglio con una ruspa per contestare il sindaco Ignazio Marino.
Ecco, sono risultati che Bossi si sognava, quando ci ha provato - e ci provò anche lui, più volte, pure con la Lega Sud ma con pochissima convinzione. Alla fine gliene scappava sempre una, e almeno Maroni ieri aveva dell’interesse prontamente illustrato: «Alitalia dovrebbe ripensarci e ritornare a Malpensa viso quello che sta succedendo a Fiumicino: uno scandalo, una vergogna che purtroppo fa danno anche a noi». Bossi proprio non si teneva, gli piaceva troppo lisciare i suoi, tirava fuori un Spqr = sono porci questi romani. Una comica: mezzo mondo ci cascava, soprattutto da Vigevano in giù, insorgeva rosso di rabbia, ribollente di indignazione, di nuovo allarmato dallo scalpitare dei cavalli dei barbari. Tanto poi si faceva pace e nel 2010, Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi e Gianni Alemanno sindaco di Roma, si allestirono i banchetti sotto Montecitorio per siglare l’armistizio solenne: i romani con l’amatriciana e la coda alla vaccinara, i padani con la polenta e il ragù modenese, l’immagine indelebile è quella di Renata Polverini, al tempo governatrice del Lazio, che imbocca Bossi mentre il sugo della pajata gli cola sulla camicia. Forse era ancora in tintoria e già il gran capo padano aveva occasione di spiegare che «sono farabutti i romani, non i padani».