Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 31 Venerdì calendario

ARTICOLI SUL LEONE AMMAZZATO E IL DENTISTA

ARTICOLI SUL LEONE AMMAZZATO E IL DENTISTA –

FULVIO CERUTTI, LA STAMPA.IT 31/7 –
«Consegnatelo alla giustizia dello Zimbabwe». Si fa sempre più difficile la situazione per Walter Palmer, il dentista del Minnesota che ha ammesso di aver ucciso il leone Cecil, il più amato dello Zimbabwe. Da giorni è ormai al centro di un assedio mediatico internazionale, ma anche fisico, con manifestanti davanti al suo studio dentistico. E ora arriva anche la richiesta di estradizione avanzata dalle autorità di Harare, che insolitamente trova molti sostenitori anche negli Usa.
Intanto emergono dettagli nuovi sulla vicenda. Il medico voleva anche uccidere un elefante. A dirlo è Theo Bronkhorst, il cacciatore locale che l’uomo aveva assoldato per portarsi a casa anche un altro trofeo. Ma la richiesta di Palmer era troppo esagerata: «Lui voleva un elefante con una zanna di almeno trenta chili, qualcosa che solo un grande esemplare può avere. Gli ho risposto che non sarei stato in grado di accontentarlo e così il giorno successivo ha deciso di andarsene a Johannesburg».
Walter Palmer per ora continua a non farsi vedere. Dopo aver scritto una e-mail ai suoi pazienti in cui li invitava a recarsi da altri colleghi, il 55enne si è rifugiato ben lontano dal suo studio dentistico che ormai è diventato il centro di ritrovo di migliaia di animalisti che chiedono giustizia per il leone di 13 anni, star del parco di Hwange e parte di un progetto di ricerca dell’Università di Oxford.

«Così abbiamo ucciso Cecil»
Per uccidere Cecil, il primo luglio, il dentista avrebbe pagato 50mila dollari alle guide locali: «Siamo partiti piuttosto tardi, con il sole alto – racconta il cacciatore professionista assoldato da Palmer –. Abbiamo trovato una carcassa di elefante e l’abbiamo trascinata e spostata nell’erba alta e l’abbia usata come esca. Poi siamo saliti su un albero in un nascondiglio».
Lì i due sono rimasti per un bel po’ di tempo sin quando la loro ignara vittima è arrivata: «Prima si è avvicinata una leonessa, poi abbiamo avvistato un enorme esemplare maschio [era Cecil n.d.r]. Era un animale magnifico. Il cliente [Palmer n.d.r] lo ha colpito con arco e frecce, e lui è scappato nell’erba alta». Il resto della storia è purtroppo noto: dopo 40 ore di agonia, Cecil è stato trovato e il dentista statunitense lo ho finito con un colpo di fucile. L’animale è stato anche decapitato e scuoiato.

Aperta un’inchiesta statunitense
L’agenzia Usa per la protezione della fauna, il Fish & Wildlife Service ha aperto un’inchiesta su Palmer, il ricco dentista americano ricercato dalle autorità dello Zimbabwe. Il 55enne tra l’altro nel 2008 venne condannato per bracconaggio: due anni prima aveva ucciso un orso nero a oltre 60 chilometri di distanza dall’area per la quale gli era stata rilasciata la licenza. Oltre all’inchiesta, il Governo Usa prenderà in esame una petizione di firme raccolte direttamente sul sito della Casa Bianca dove è stato richiesto l’arresto e l’estradizione di Palmer in Zimbabwe. Bisognava raccogliere 100mila firme entro il 27 agosto, in tre giorni l’hanno sottoscritta 170mila persone che ora, non solo loro, aspettano una risposta.

*****

CORRIERE.IT 31/7 –
Ha superato le 146mila firme la petizione che chiede agli Stati Uniti l’estradizione in Zimbabwe del dentista di Minneapolis che ha ucciso Cecil. L’affair dunque non si placa, anzi, ora si vuole che il cacciatore di frodo che ha causato la morte del leone più celebre del parco nazionale Hwange, sia sottoposto un processo.
La petizione necessitava di 100mila firme entro il 27 agosto per ottenere una risposta e il numero è stato ampiamente superato. «Sollecitiamo il segretario di Stato John Kerry e il ministro della Giustizia, Loretta Lynch, a cooperare pienamente con le autorità dello Zimbabwe e ad estradare tempestivamente Walter Palmer», si legge nella petizione, mentre il governo di Harare ha già presentato la richiesta di estradizione. «Ci appelliamo alle autorità responsabili affinché quel bracconiere straniero ci sia consegnato e possa così essere chiamato a rispondere del proprio atto illegale», ha affermato il ministro per l’Ambiente del Paese africano, Oppah Muchinguri.
Cecil è stato ucciso il 1° luglio e per cacciarlo Palmer avrebbe pagato 50mila dollari. Il felino era stato attirato dal dentista fuori dall’area protetta del parco, ferito con una freccia e poi finito dopo quaranta ore di agonia. L’animale è stato anche scuoiato e decapitato (la pelle e il cranio sono il trofeo di caccia). Quando la notizia dell’uccisione ha fatto il giro del mondo (il leone aveva 13 anni, era simbolo del parco e parte di un progetto di ricerca dell’Università di Oxford), il dentista si è scusato in una nota dicendosi rammaricato e ha dichiarato di avere tutte le autorizzazioni per la caccia. Il dottore avrebbe anche comunicato ai pazienti l’impossibilità di continuare per ora la sua attività: la casa e lo studio di Palmer sono teatro di proteste e sit-in, mentre agli ingressi vengono lasciati pupazzi, maschere, biglietti di insulti.
Chi ha aiutato Palmer nella caccia è già comparso davanti al tribunale africano: Theo Bronkhorst, il cacciatore professionista che gli avrebbe fatto da guida, è stato rilasciato con una cauzione di mille dollari e - se condannato per non avere impedito una caccia illegale - rischia fino a 15 anni di carcere. «Io non credo di essere venuto meno ad alcun mio dovere - ha sostenuto - Ero stato ingaggiato da un cliente per allestirgli una battuta di caccia, e abbiamo sparato a un vecchio esemplare di leone maschio che ritenevo avesse ormai superato l’età per riprodursi». Bronkhorst ha dichiarato poi di non essersi accorto del collare Gps che indossava il leone (quello per essere monitorato dai ricercatori) a causa del buio. Il giudice ha ritenuto di rilasciare invece Honest Trymore Ndlovu, il proprietario del terreno su cui è stato attirato Cecil. Palmer, che era rientrato negli Stati Uniti prima che scoppiasse il caso, non si sa ancora dove sia. Intanto emergono altri particolari sulla battuta di caccia: Bronkhorst avrebbe anche rivelato in un’intervista al Telegraph che, dopo aver ucciso Cecil, voleva uccidere anche un elefante che avesse una zanna da almeno 28 chili, ma non ne ha trovato uno «grande abbastanza».

*****

IL POST 31/7/2015 –
Il giornalista di Vox Max Fisher ha scritto un lungo articolo in cui ha messo in fila una serie di situazioni e meccanismi sull’umiliazione pubblica online – tema già molto dibattuto in questi anni – resi evidenti negli ultimi giorni dal caso di Walter Palmer, il dentista americano che ha ucciso un leone molto famoso in Zimbabwe. Dopo che la notizia è stata pubblicata dai giornali di tutto il mondo, Palmer è stato preso di mira da migliaia di utenti online, insultato e minacciato: e queste minacce hanno avuto poi diverse conseguenze concrete. La tesi di Fisher è che la vicenda mostra in modo esemplare come l’indignazione collettiva e le campagne di odio online abbiano passato il segno: una notizia diventa virale, una massa di utenti online fa gruppo ed esprime un giudizio sommario ma molto netto, prendendo di mira il protagonista della storia con tutti i mezzi possibili e rovinandogli la vita. È successo altre volte in passato, probabilmente capiterà di nuovo. Secondo Fisher, però, è arrivato il momento di preoccuparsene e prendere posizione.

Il caso Palmer
Il New York Times ha raccontato che «dopo che le autorità dello Zimbabwe hanno identificato Walter Palmer come il cacciatore del leone Cecil [una specie di simbolo dello Zimbabwe], gli attivisti animalisti hanno usato i motori di ricerca per trovare informazioni su di lui e i social media per diffondere le informazioni sul suo studio e la sua famiglia, innescando una rabbia abbastanza forte da distruggere la vita digitale del Dr. Palmer».

«Persone arrabbiate hanno cominciato a visitare il sito professionale dello studio dentistico di Palmer, che è andato offline per il troppo traffico. La pagina Yelp di Plamer è stata invasa da commenti al vetriolo. Una pagina Facebook dedicata ad attaccare Palmer ha in breve tempo raccolto migliaia di utenti e le foto di Palmer sono state eliminate da tutti i siti che per qualche ragione parlavano di lui».

Davanti allo studio di Palmer, inoltre, è stato creato un piccolo memoriale per il leone Cecil, fatto di foto e pupazzetti di peluche. Intorno allo studio sono stati affissi cartelli che dicono cose come “Marcirai all’inferno” e “Noi siamo Cecil”, e c’è stata anche una piccola manifestazione animalista. Su Twitter e Facebook i commenti che si augurano la sua morte praticamente non si contano. Lo studio dentistico di Palmer ha dovuto chiudere. Tutto questo prima che gli organi giudiziari preposti abbiano stabilito se Palmer è colpevole di un qualche reato.

«È probabile che a molte delle minacce ricevute da Palmer non seguiranno conseguenze fisiche: ma l’intento di queste minacce, spesso, non è mettere in guardia rispetto a una probabile violenza fisica, quanto intimidire e creare un senso di incertezza nel soggetto preso di mira. La paura stessa è infatti di per sé un potente strumento per infliggere sofferenza, e costringe le persone a cambiare il proprio comportamento in modi che possono essere socialmente o economicamente dannosi. Nel caso di Cecil, la decisione di Palmer di chiudere lo studio ha avuto un’incidenza anche nella vita di persone che non hanno ucciso nessun leone. È probabile, per esempio, che la famiglia di Palmer dipenda economicamente dal suo stipendio, così come quelle dei suoi dipendenti».

«Se l’è meritato!»
Il guaio è che le persone che insultano e minacciano Palmer ritengono legittimo farlo perché pensano che Palmer si trovi comunque dalla parte del torto: seguendo questo ragionamento, quindi, le conseguenze spiacevoli causate dal gesto di Palmer hanno lui stesso come unico responsabile. Quando un utente di Reddit, per esempio, si è lamentato del fatto che lo studio dentistico di Palmer abbia dovuto chiudere e che i suoi dipendenti siano stati licenziati, la risposta più votata dagli altri utenti è stata: «meglio per loro, meglio che lavorino altrove».
È esattamente il tipo di risposta che, secondo Fisher, svela uno dei più grossi difetti di quella che chiama «la giustizia della folla»:

«In un sistema giudiziario “istituzionale”, almeno in teoria, a un crimine è attribuita una certa gravità a seconda del danno inflitto alla società e del modo in cui sono puniti altri crimini. La massa di gente online invece determina la severità della propria sentenza sulla base di fattori soggettivi: per esempio l’aspetto esteriore della persona protagonista della storia – oppure della stessa vittima – oppure la sua aderenza a un certo stereotipo molto diffuso. La maggior parte delle storie che hanno “indignato il web” non si basa sull’impatto di una data vicenda sulla società, ma su quanto un’eventuale punizione gratifichi i persecutori».

In tutto questo, gli stessi meccanismi dell’umiliazione pubblica online premiano i convincimenti di chi in quel momento è in una posizione di forza: i social network permettono di condividere all’istante contenuti di cui non si conosce la provenienza, e che spesso sono costruiti ad arte per incastrarsi in pregiudizi molto diffusi. È lo stesso motivo che giustifica il successo delle notizie “troppo belle per essere vere”. In entrambi i casi il rischio è prendere di mira persone che non c’entrano niente. Il caso più noto degli ultimi anni è forse quello di Ryan Lanza: un ragazzo del Connecticut accusato – a torto – di avere organizzato la strage nella scuola elementare di Newtown, in cui sono state uccise 26 persone. L’identità di Lanza come possibile colpevole è stata diffusa poco dopo la strage da tutte le principali emittenti televisive e dalle principali agenzie di stampa internazionali (sembra che la causa sia stato uno scambio di documenti). Solo due ore dopo le prime voci si è scoperto però che la notizia era sbagliata, e che a compiere la strage non era stato Ryan Lanza bensì il suo fratello più giovane Adam. Nel frattempo, però, Ryan era già stato riempito di insulti e attacchi online (che fra l’altro sono state la sua prima, parziale fonte per capire ciò che era successo a suo fratello).

La cosa preoccupante
Secondo Fisher, una delle cose più preoccupanti del caso Palmer è che «siccome a tutti noi Palmer sta antipatico per quello che ha fatto, allora tolleriamo le campagne nei suoi confronti, oppure le riteniamo persino buffe o lodevoli». Che Palmer ci stia antipatico o no, invece, importa fino a un certo punto.

«La cosa mi spaventa, e dovrebbe spaventare anche voi. La vicenda del leone Cecil ci dice che questo tipo di meccanismi non sta sparendo. Quello che ha fatto Palmer è sbagliato, e lui stesso merita di essere giudicato dalla legge. Ma è molto semplice dimenticare quanto la “legge della folla” sia ingiusta, quando prende di mira qualcuno di antipatico. Più i comportamenti come questi diventano la norma, più sarà facile che si ripresentino contro soggetti che non meritano che la loro vita sia distrutta».

Per come è fatta, la comunità online è in grado di decretare se una data cosa costituisca o meno un crimine – come per esempio essere una donna e lavorare nel settore tecnologico o nel giornalismo, oppure praticare la religione sbagliata: ciascuno di noi, a un certo punto, potrebbe finire dalla parte sbagliata della barricata. E permettere che accadano casi come quello di Palmer, o anche solo scrollare le spalle pensando che non si tratti di un guaio così rilevante, permette che comportamenti del genere si diffondano sempre di più.

*****

IL POST 30/7/2015 –
Il leone Cecil, uno dei più famosi e popolari animali del parco nazionale Hwange in Zimbabwe, è stato ucciso alcune settimane fa da un cacciatore di frodo appassionato di caccia grossa sportiva. Dopo una breve indagine le autorità dello Zimbabwe hanno arrestato due persone che avevano aiutato il cacciatore e da loro sono risaliti al cacciatore stesso: un dentista statunitense del Minnesota, Walter Palmer, appassionato di caccia.
Il corpo del leone era stato trovato alcune settimane fa, spellato e decapitato, grazie a un segnalatore GPS che il leone indossava: Cecil era stato attirato con un’esca fuori dai confini del parco nazionale – una tecnica usata per aggirare le regole del parco, dove la caccia è proibita – ed era stato prima ferito con una freccia e poi ucciso con un colpo di fucile. La polizia dello Zimbabwe ha arrestato Theo Bronkhorst, il cacciatore professionista che aveva organizzato la caccia di Cecil, e il proprietario della tenuta confinante con il parco di Hwange dove il leone era stato attirato e poi ucciso. Da loro è stato possibile risalire all’identità di Walter Palmer, che secondo le ricostruzioni avrebbe pagato 50.000 dollari per il safari di caccia.
Theo Bronkhorst, che di lavoro organizza safari di caccia, ha spiegato alle autorità di aver avuto i permessi per uccidere il leone e di non essersi accorto di aver ucciso un animale del parco nazionale fino a quando era troppo tardi. Anche Walter Palmer, in un comunicato diffuso ieri, si è scusato per aver ucciso Cecil dicendo di non avere idea che il leone appartenesse al parco: «Non avevo idea che il leone che ho ucciso fosse famoso e amato, nemmeno che indossasse il GPS e fosse parte di una ricerca. Mi sono fidato della professionalità delle mie guide per essere sicuro di fare una caccia legale».
Palmer, oltre che un dentista, è un appassionato cacciatore con esperienza di battute di caccia in diverse parti del mondo: il New York Times aveva parlato di lui quando nel 2009 uccise – legalmente – un alce da 70 metri di distanza usando arco e frecce e stabilendo un record di caccia con l’arco. Il leone Cecil era molto famoso in Zimbabwe e popolare tra i turisti, che in comitiva pagavano fino a 8.000 euro al giorno per alloggiare nella zona di parco dove era possibile vederlo e fotografarlo. La sua morte ha da subito generato molta rabbia in Zimbabwe e, dopo che è stata rivelata l’identità del cacciatore, anche nel resto del mondo, sui social network e in particolare negli Stati Uniti dove vive Walter Palmer.
Come racconta il New York Times: «Dopo che le autorità dello Zimbabwe hanno identificato Walter Palmer come il cacciatore, gli attivisti animalisti hanno usato i motori di ricerca per trovare informazioni su di lui e i social media per diffondere le informazioni sul suo studio e la sua famiglia, innescando una rabbia abbastanza forte da distruggere la vita digitale del Dr. Palmer. Persone arrabbiate hanno cominciato a visitare il sito professionale dello studio dentistico di Palmer, che è andato offline per il troppo traffico. La pagina Yelp di Plamer è stata invasa da commenti al vetriolo. Una pagina Facebook dedicata ad attaccare Palmer ha in breve tempo raccolto migliaia di utenti e le foto di Palmer sono state eliminate da tutti i siti che per qualche ragione parlavano di lui».

*****

PAOLO MASTROLILLI, LA STAMPA 30/7/2015  –
Adesso la caccia la stanno dando a lui. Magari non useranno l’arco e le frecce, ma il killer di leoni Walter James Palmer è all’indice negli Stati Uniti, e non è escluso che finisca in tribunale.
Palmer è un dentista di Eden Prairie, nel Minnesota, che nel tempo libero ha la passione di dare la caccia agli animali selvatici. Appartiene al «Pope and Young Club», che organizza battute legali in tutto il mondo. Ci sono foto che lo ritraggono sorridente e orgoglioso con carcasse di rinoceronti, leopardi, facoceri e alci. La sua specialità è rincorrerli con l’arco e le frecce, per avere il brivido di una lotta selvaggia, condotta quasi alla pari. Già in passato aveva combinato guai, ad esempio quando nel 2006 aveva ucciso un orso nero in Wisconsin, fuori dalla zona dove la caccia era permessa. Stavolta, però, ha ammazzato Cecil, il leone più popolare dello Zimbabwe, che era oggetto di uno studio dell’università di Oxford. In America è scoppiata la rivolta, e l’organizzazione animalista «People for Ethical Treatmanent of Animals» è arrivata a sollecitare l’impiccagione del dentista.
INSEGUITO PER 40 ORE
Palmer è andato nello Zimbabwe alla fine di giugno, per dare la caccia a un leone. Si è rivolto a Theo Bronkhorst della compagnia Bushman Safaris, e a Honest Trymore Ndlovu, proprietario di un terreno vicino all’Hwange National Park. I due gli hanno detto che per 50.000 dollari si poteva fare. Quindi il primo luglio scorso hanno legato la carcassa di un animale alla loro auto, e l’hanno trascinata nel parco, per attirare un felino verso la postazione dove lo aspettava Palmer. Quando il leone è uscito dai confini della riserva, entrando in un terreno privato, il dentista ha scoccato la sua freccia. Il felino è rimasto ferito ed è scappato, ma dopo un inseguimento durato 40 ore si è fermato sfinito. A quel punto Palmer gli ha sparato, lo ha scuoiato, e gli ha tagliato la testa per farne un trofeo.
Qualche giorno dopo è stata trovata la carcassa, e a quel punto si è scoperto che il leone ucciso era Cecil, un felino di 13 anni popolarissimo nel parco Hwange, dove era monitorato attraverso un apparecchio satellitare per uno studio condotto dall’università di Oxford.
Ovviamente è scoppiato uno scandalo. Bronkhorst e Ndlovu sono stati portati ieri in tribunale, e rischiano fino a 15 anni di prigione. In America invece si è scatenata una campagna contro il dentista, accusato di stupido machismo e di violenza contro gli animali. È vero che un tempo pure Hemingway andava a caccia nella savana, ma l’epoca di quei safari è finita.
QUALSIASI CIFRA PER CACCIARE
Negli Usa, però, resistono gruppi di cacciatori disposti a pagare qualunque somma, tipo il club di Dallas che nel 2013 spese 350.000 dollari per il privilegio di uccidere un rinoceronte nero in Namibia. In genere questi permessi vengono dati in accordo con le autorità, quando è necessario abbattere animali per il controllo della popolazione. Palmer però ha violato tutte le regole, solo per togliersi la soddisfazione di riportare a casa un trofeo.
La campagna contro il dentista è cominciata online, con centinaia di messaggi di condanna. Presto si è trasferita anche in televisione, dove il conduttore dello show comico serale della Abc, Jimmy Kimmel, lo ha fatto a pezzi: «Adesso – ha detto con la voce rotta dalla commozione – si impegni almeno a finanziare la protezione di questi animali, per cancellare la percezione che gli americani sono tutti così idioti».
IL COMUNICATO DI SCUSE
Palmer, terrorizzato dalla reazione, si è chiuso nella sua casa fuori Minneapolis, e ha addirittura assunto una compagnia di relazioni pubbliche per gestire la sua risposta. «All’inizio di luglio – ha detto attraverso un comunicato – sono andato nello Zimbabwe per partecipare a una battuta di caccia con l’arco. Ho assunto diverse guide professioniste, e loro hanno assicurato tutti i permessi. Per quanto ne sapevo io, questo viaggio era legale e gestito in maniera appropriata. Non avevo idea che il leone colpito fosse un animale conosciuto e popolare, avesse un collare, e fosse parte di uno studio, fino alla fine della caccia. Mi ero affidato alle guide locali per essere sicuro che tutto fosse legale. Non sono stato in contatto con le autorità dello Zimbabwe o quelle americane riguardo questa situazione, ma sono pronto ad assisterle con qualunque richiesta abbiano. Sono profondamente dispiaciuto per il fatto che la pratica di un’attività che amo, e faccio responsabilmente e legalmente, sia risultata nella morte di questo leone».
Le scuse però non bastano più. Lo Zimbabwe ha chiesto la sua estradizione per processarlo, e un parlamentare americano sta indagando per verificare se Palmer ha violato qualche legge degli Usa. Il tempo di Hemingway è proprio finito.
Paolo Mastrolilli, La Stampa 30/7/2015

*****

VITTORIO ZUCCONI, LA REPUBBLICA 30/7/2015 – 
Il ruggito del dentista che uccise il leone si perde nel boato di vergogna e di rabbia globale che circonda il suo studio nel Minnesota e lo costringe prima a scusarsi, poi a chiudere lo studio e a scomparire. La battuta di caccia internazionale contro il dottor Walter Palmer, dal governo dello Zimbabwe che prepara la sua incriminazione per leonicidio ai bambini che hanno deposto felini di pelouche davanti alla porta del suo studio chiuso a Bloomington, è uscita dai circoli degli animalisti e degli ambientalisti per diventare meritatamente universale.
Espressa tutta la poca comprensione possibile nei confronti dell’odontoiatra con manie da “Grande Cacciatore Bianco” alla Teddy Roosevelt, intuito suo bisogno di sfuggire alla deprimente routine dell’ “apra bene la bocca”, delle otturazioni e delle devitalizzazioni nella noia dello Stato più freddo d’America, il Minnesota, l’avventura africana di Palmer è desolante nel suo anacronismo e raccapricciante nella sua insensata brutalità. E racconta soltanto una storia triste come l’immagine del vecchio leone tredicenne - una venerabile età - attirati fuori dalla riserva e trasformato in un giocattolo vivente sul quale sadicamente infierire, come soltanto noi umani sappiamo fare.
Ci sono più di diecimila chilometri di distanza, fra il santuario naturale di Hwange in Zimbabwe e la città del Minnesota dove tredici anni or sono il dottor Palmer apriva il proprio studio mentre Cecil dalla criniera nera nasceva.
Diecimila chilometri che non hanno messo il leone al sicuro da un fanatico uomo bianco con l’ossessione del safari. Nella ennesima dimostrazione che non i grandi felini, gli squali bianchi, le serpi velenose, i predatori da savane o giungle sono la specie più micidiale che abiti la Terra, il dentista del Minnesota si era trasformato in un seria killer di grandi animali nel loro habitat naturale. Forse pensando a un tardivo omaggio ai grandi guerrieri e cacciatori Sioux che popolavano quella terre, il dottor Palmer aveva scelto l’arco e le frecce per abbattere le sue prede. Per farne tappeti o trofei da appendere sopra il caminetto.
Nel suo carniere c’erano grandi alci, leoni di montagna, leopardi, caproni, rinoceronti, orsi e, per non fare torto neppure alla specie umana, una paziente, una giovane donna che nel 2009 lo aveva accusato di avere tentato di colpirla con altre frecce estratte dalla sua faretra e che venne messa a tacere con 150 mila dollari di transazione extragiudiziaria.
Ma se la preda umana fu tacitata con il danaro, un’altra vittima muta del dentista cacciatore gli provocò guai con le legge. Fu l’orso bruno che l’arciere del trapano trafisse durante una battuta illegale nel vicino Wisconsin e abbattuto fuori dall’area dove la caccia è permessa. Gli fu sospesa la licenza di caccia per un anno.
Ma la sua ossessione era quel grande leone dalla chioma nera, Cecil, il proverbiale “re della foresta” considerato il più grosso fra i maschi che ancora la popolano. Con permesso e guide, e versando 54 mila dollari al governo, il dentista era partito dal Minnesota in luglio. Aveva teso una trappola al vecchio Cecil, che a 13 anni era vicino alla massima speranza di vita dei leoni in libertà, attorno ai 14 o 15 anni. Lo aveva attirato fuori dalla zona proibita con succulenti pezzi di carne e quando l’anziano “Lion King” si era avvicinato lo aveva trafitto con una freccia. Ma senza ucciderlo.
Cecil si era trascinato per ore, sanguinante, e tallonato dall’implacabile trapanatore che lo aveva finito a fucilate. Ma al momento di farsi l’immancabile foto sulla carcassa aveva fatto una scoperta allarmante: il gattone abbattuto portava un collare elettronico al collo, messo dai ricercatori dell’Università di Oxford per seguire i suoi movimenti e studiare la vita del branco.
Aveva cercato di strapparlo, senza successo. Per semplificare le cose, lui e i suoi compagni di safari avevano tagliato il testone della bestia e poi, per non sprecare niente, lo avevano scuoiato.
Una battuta di caccia non soltanto criminale, ma sadica, che ha offeso e disgustato i milioni che lo hanno bombardato di insulti sui social network. Lui si è scusato su Facebook, ha spiegato che aveva tutti i permessi, che le centinaia di migliaia di dollari versati in questi anni per i permessi di caccia grossa vanno a finanziare i progetti conservazionisti e animalisti in Africa.
Una tenera bugia, perché è purtroppo ben noto come questi soldi finiscano in larga parte nelle tasche di governi e autorità corrotte e solo il 5 per cento venga usato, se viene usato, per proteggere specie in pericolo. O i circa 30 mila leoni che ancora vivono in libertà in Africa.
Tra i quali, dicono i custodi del grande parco naturale di Hwange ora altri sono a rischio. Sono i cuccioli lasciati dal prolifico Cecil e affidati soltanto alle femmine, alle madri che dovranno cercare di proteggerli da altri grandi maschi non più intimiditi dal “re”.
Guidati dal grande rivale di Cecil, un leone chiamato Jerico, ora senza rivali, attaccheranno la sua progenie per impregnare poi le femmine con il proprio seme. Ma molte femmine potrebbero soccombere nei duelli con i maschi, dice il naturalista americani Jeff Flocken, che studia il mondo dei grandi felini, e quindi accelerare la diminuzione del numero di leoni, come già accade per la tigre del Bengala, alle soglie della estinzione.
Dal suo rifugio, il dentista ha fatto sapere di essere pronto a collaborare con le indagini per dimostrare di non avere violato alcuna norma né le condizioni del suo permesso di caccia. Il “Board”, noi diremmo l’Ordine dei dentisti del Minnesota, non ha invece alcuna ragione per esaminare il suo caso e studiare ipotesi di sospensione della licenza odontoiatrica. Fortunatamente per il dottor Palmer, non risulta che le famiglie dei leoni uccisi dai dentisti possano fare cause contro l’assassino del loro padre.

*****

SANDRO IANNOCCONE, WIRED.IT 31/7/2015 –
Siamo tutti Cecil. Molte persone sono insorte per protestare contro l’uccisione del leone simbolo dello Zimbabwe da parte di un ricco dentista del Minnesota. Comunque la si pensi al riguardo, una domanda sorge spontanea: perché l’essere umano tende a empatizzare solo con alcune specie animali e ne dimentica completamente tante altre? È una questione abbastanza importante, come aveva già spiegato Ernest Small, esperto in biodiversità al National Program on Environmental Health, Agriculture and Agri-Food canadese, in due articoli pubblicati nel 2011 sulla rivista Biodiversity.
Secondo Small, gli esseri umani tendono a preferire animali con caratteristiche fisiche ben precise – in primis la dimensione: le specie più ammirate sono quelle più grandi –, ignorando tutti gli altri. Un fenomeno che mette a rischio, per esempio, gli insetti, uno dei gruppi animali più minacciato al mondo.
“La maggior parte degli esseri umani”, scriveva Small, “non solo sono ignoranti [rispetto agli animali in pericolo, nda] ma sono indifferenti rispetto a quasi tutte le specie del pianeta”. Un atteggiamento che Small definisce biofobia, intendendo “una predisposizione leggermente o estremamente negativa nei confronti della maggior parte delle specie animali”. Gli anfibi, per esempio, “il gruppo animale maggiormente a rischio tra tutti i vertebrati, con quasi un terzo delle specie in pericolo di estinzione”, ma ignorati perché ritenuti “poco attraenti”. Lo stesso vale per gli insetti, percepiti molto negativamente “a parte farfalle e api”.
Secondo Small, anche chi si definisce “animalista” o “amante degli animali” mostra spiccate preferenze per le specie con caratteristiche ritenute “preziose” da un punto di vista umano. “L’opinione pubblica, la classe politica, gli scienziati”, scrive nel suo articolo, “sono estremamente empatici con un numero ristretto di specie note e ammirate. Pensate, per esempio, agli animali più visitati e fotografati negli zoo”. La caratteristica più ammirata è la dimensione – e Cecil ne è un esempio: “Grandi creature evocano grande rispetto, mentre la maggior parte delle specie, che è piccola, tende ad essere ignorata. Di solito si tratta di animali delle dimensioni di un grosso cane, o comunque più grandi di un essere umano”.
In un’intervista rilasciata a Think Progress, Small fa inoltre notare che un’altra caratteristica da non sottovalutare, nel caso del leone, è che ha un nome. “Molti dei tratti che ammiriamo negli animali sono quelli simili ai tratti umani. I leoni hanno diverse caratteristiche simili a noi, come per esempio un forte legame genitore-figlio. Un vero nome umano è la ciliegina sulla torta”. E, dunque, “va benissimo indignarsi per Cecil, ma bisogna riconsiderare i propri pregiudizi e comprendere il valore di tutte le specie, per il benessere dell’umanità e del nostro pianeta”.

*****
VANESSA ALLEN E CHRISTIAN GYSIN, DAILYMAIL.CO.UK 31/7 –
Ecco il menu: 26 mila sterline per un elefante, 13.500 per un bufalo, 7.500 per l’ippopotamo e così via fino a 65 miseri pound per la vita di uno sciacallo. Centinaia di cacciatori alimentano il business dei safari che offrono vacanze-assassine che possono costare anche 30 mila sterline a persona.
Lo scandalo del dentista americano che ha ucciso il leone Cecil in Zimbabwe ha portato puntato i riflettori sull’industria – legale – dei safari in nazione come il Sud Africa, la Tanzania e lo Zambia. Diverse agenzie mettono a disposizione una lista con il prezzo degli animali da uccidere affiancate da macabre foto dei loro clienti con le loro prede ancora sanguinanti.
Un cacciatore in inglese, Adrian Sailor, pubblicizza i viaggi che organizza in Sud Africa e Namibia offrendo ai suoi clienti la chance di uccidere prede di grosse dimensioni, mentre l’organizzazione inglese Shavesgreen Safari offre una spedizione da 29,000 sterline a persone che presenta come “il safari più pericoloso e emozionante della loro vita”. La compagnia offre anche 16 giorni di caccia al leone in Tanzania, si legge sul sito: “C’è solo una priorità - la criniera di un grande, vecchio leone”.
Vanessa Allen e Christian Gysin, dailymail.co.uk

*****

ALESSIO LANA, CORRIERE.IT 30/7
Da cacciatore a preda in un clic. La Rete si sta mobilitando per scovare Walter Palmer, dentista statunitense che tra il primo e il due luglio ha ucciso in una riserva dello Zimbabwe il leone Cecil, felino tredicenne simbolo della nazione. In questi giorni diverse persone hanno lasciato leoncini di pezza e fiori davanti alla River Bluff Dental di Bloomington, la clinica dove il dentista lavora, mentre tweet di scherno si stanno susseguendo senza sosta.

Rimanendo nell’ambito del regno animale è impossibile non ricordare Kendall Jones, cheerleader americana di 19 anni che era stata subissata di messaggi di protesta per le foto su Facebook che la mostravano con gli animali che aveva ucciso. Leopardi, elefanti e zebre senza vita si accompagnavano al suo viso angelico sempre sorridente. La sua difesa, «gli animali erano stati cacciati secondo le regole», non è valsa a nulla e il caso ha ispirato due petizioni su Change.org in cui si chiedeva all’ambasciata statunitense di vietare l’accesso alla giovane in Sudafrica.

Altro bersaglio eccellente della protesta contro la caccia è Melissa Bachman, presentatrice tv statunitense che si vantava su Twitter dei suoi sanguinosi safari. La scena è sempre la stessa: decine di fotografie che ritraggono la donna sorridente accanto agli animali morti corredate peraltro da frasi come «Grande giornata oggi in Sudafrica».

Più curioso il caso di Steven Spielberg, accusato di assassinio per una foto che lo vede sorridente vicino a un triceratopo meccanico morto. Nel luglio scorso il regista era sul set di «Jurassic Park» ma ciò non è valso a nulla. «Per favore, condividete la foto, così che il mondo possa svergognare questo uomo spregevole» si legge accanto all’immagine pubblicata su Facebook. Nonostante fosse tutto finto la reazione degli utenti non si è fatta attendere: in poche ore è stata condivisa da 31 mila persone.

*****

MASSIMO GRAMELLINI, LA STAMPA 30/7 –
Il bipede ridens a sinistra nella foto è un cretino. Si chiama Walter Palmer, fa il dentista in Minnesota e ha speso 55 mila dollari di carie per arrivare a scattare questa immagine che lo immortala accanto alla sua preda: il leone simbolo dello Zimbabwe, da lui ucciso in un parco naturale con l’aiuto di due bracconieri. Una bravata che ha già provocato i primi sconquassi nell’ecosistema. L’altro leone dominante del parco sta infatti cominciando a sbranare i cuccioli non più protetti del defunto.
La sollevazione contro il cretino è mondiale e qualcuno si lamenta: possibile che la sorte di un leone della savana ci strazi il cuore più di quella di un bambino che salta sopra una mina? Naturalmente no. Ma le guerre sono fenomeni complessi di fronte ai quali, purtroppo, ci si sente spettatori impotenti. Mentre un cretino singolo che va a rompere pesantemente le scatole alla natura per farsi una foto da mostrare agli amici durante un picnic in Minnesota ci appare una minaccia più contenuta e arginabile. Per esempio concedendo a qualche leone superstite la possibilità di una rivincita contro il cretino da disputarsi al Colosseo (sempre che gli scioperi della metro consentano al leone di arrivarci).

*****

BENEDETTA VITETTA, LIBERO 1/8 –
Siamo tutti Cecil. A pochi giorni dalla notizia dall’orrenda uccisione del leone Cecil, avvenuta a inizio luglio in un parco naturale dello Zimbabwe, l’Occidente ha dichiarato guerra al dentista assassino del Minnesota, Walter Palmer. Che ha sborsato la bellezza di 50mila euro semplicemente per il gusto di portarsi a casa la criniera del «re della savana» e potersi immortalare accanto alla «sua» magnifica preda. Una fotografia choc, persino per chi non è un’animalista accanito, che pare aver inorridito il mondo intero. Come fosse la prima volta che vediamo una scena tanto orribile quanto stupida. E ignorando - anche un po’ biecamente - che Palmer è solo l’ultimo di un esercito di stupidi imbracciatori di fucili che da sempre, anche alla faccia di leggi e divieti, scelgono per le vacanze anzichè le soleggiate spiagge africane, veri e propri safari organizzati co tanto di «macabri trofei» compresi nel prezzo.
IL MENU’ Insomma, l’uccisione di Cecil ha di fatto soltanto riacceso l’attenzione sul fenomeno del bracconaggio che, come confermato pure dal Wwf, è un fenomeno in continua ascesa mondiale. E a rimetterci sono soprattutto alcune specie protette, cacciate per le zanne, le corna o altre parti del corpo particolarmente preziose e rivendibili a peso d’oro sul mercato nero. Seppur ormai illegali nella maggior parte degli stati africani, questi «safari di sangue» continuano indisturbati ad agire e mietere vittime. Molte le agenzie di viaggio «legali» che, dicevamo, organizzano questi orrendi viaggi. I vari pacchetti organizzati i e i relativi tariffari si possono trovare facilmente persino su Internet. Tra questi c’è anche la «Bushman Safaris» l’agenzia di Theo Bronkhorst - il «facilitatore» del killer di Cecil - fondata nel 1992 presso le cascate Vittoria (Sudafrica) ma con sede di comodo all’estero, il cui vanto è quello di essere l’unica ad offrire «battute di caccia al leopardo con mute di cani». Navigando in rete, si scoprono veri e propri menù con prede e prezzi tra cui scegliere. Per i più ricchi c’è l’imbarazzo (è proprio il caso di dirlo!) della scelta: 37mila euro per 14 giorni di safari e caccia (e successiva uccisione) di un elefante, 10.500 euro per un ippotamo e otto giorni di safari oppure poco meno di 10mila euro per una vacanza di una settimana con coccodrillo annesso. Ma ci sono offerte succulente anche per chi ha budget meno importanti: si parte dai 5mila euro per dare la caccia a un ghepardo, passando per i 1.500 per trafiggere a morte una giraffa scendendo fino ai 200 euro e poco meno per uno struzzo o un babbuino. Poche decine di euro (90) per uno sciacallo. LE FIRME «Siamo tutti Cecil, siamo tutti Cecil» protestano da giorni decine e decine di statunitensi davanti all’abitazione del serial killer del Minnesota, davanti al suo studio (che il dentista ha prontamente fatto chiudere per timore di proteste dal momento in cui è stato diffuso il suo nome per l’uccisione del leone). E in una manciata di ore sono già oltre 170mila le firme raccolte per la petizione all’amministrazione Usa affinchè il cacciatore di frodo venga estradato in Zimbabwe e lì sia sottoposto a un processo in cui rischia 15 anni di galera. La petizione necessitava di 100mila firme entro fine agosto per ottenere una risposta, ma il numero è già stato ampiamente superato. Segno che ora l’affaire Cecil sarà uno dei primi dossier in cima alle scrivanie del segretario di Stato, John Kerry, e del ministro della giustizia, Loretta Lynch. E qualche decisione andrà presa visto il clamore suscitato dalla vicenda. Ancora non si fa esplicito riferimento all’estradizione, ma Stati Uniti e Zimbabwe nel 2000 hanno firmato un accordo in materia, e vari esperti legali la considerano più che possibile, come spiega anche il Washington Post. Per ora, comunque il danaroso dentista, dopo l’ammissione di colpevolezza, come il migliore dei felini è riuscito a far perdere le sue tracce. ASSETATO DI SANGUE Intanto continuano ad emergere dettagli sulla passione (la si può definire così?) di Palmer per la caccia grossa, e foto che lo ritraggono mentre orgoglioso mostra alcuni trofei, come un leopardo e altri magnifici animali selvaggi uccisi. È venuto anche fuori che non soddisfatto della fucilazione del raro leone, l’assassino avrebbe voluto ammazzare anche un elefante a patto però che avesse una zanna da almeno 28 kg. Fortunatamente per il pachiderma di turno, «il dentista assestato di sangue» non ne ha trovato uno «abbastanza grande». A rivelarlo, in un’intervista al Telegraph, è stato Theo Bronkhorst, cacciatore professionista che ha guidato Palmer nella sua illegale spedizione. In più ora si conoscono con precisione anche le ultime ore del leone dalla criniera nera, che aveva 13 anni ed era divenuto il simbolo del parco nazionale Hwange. Cecil è stato dapprima avvicinato dal suo aguzzino e dai due prezzolati complici grazie alla carcassa di un elefante morto. A quel punto è stato colpito con una freccia ed è stato poi inseguito, fino allo sfinimento, per circa 40 ore. Il tutto è terminato con la sua soppressione a colpi di fucile. Cecil è stato ritrovato poco fuori dal parco decapito e scuoiato. Una morte atroce. Raccapricciante. E indegna soprattutto se si ricorda che è avvenuta per mano di un ricco dentista senza scrupoli che l’aveva scelto per farne un insulso trofeo da salotto. A questo punto come si fa a non unirsi al coro di chi in queste ore urla «Siamo tutti Cecil»?

*****

ALESSANDRA TODISCO, HUFFINGTONPOST.IT 30/7 –
Parte dalla Casa Bianca la petizione per chiedere l’estradizione del dentista il Dr. Walter James Palmer, l’"appassionato di caccia sportiva", che è stato accusato di aver ucciso illegalmente il leone Cecil, simbolo dello Zimbabwe. È una sollecitazione, che chiama in causa il Segretario di Stato John Kerry, e il procuratore generale Loretta Lynch a cooperare pienamente con le autorità dello Zimbabwe procedendo a estradare Walter Palmer.

Il numero richiesto di firme per l’approvazione della petizione doveva raggiungere quota 100.000 entro il 27 di agosto, nell’arco di un mese, e invece in solo pochi giorni ha già superato il numero di 120 mila aderenti. Il colpevole si è trasformato così da esser un cacciatore ad essere una preda nel mirino dell’opinione comune mondiale e se sarà processato e condannato per caccia illegale in un’area protetta, rischia l’estradizione e anni di condanna.

Un gesto atroce che non può essere perdonato e che dovrà anche far riflettere sul sistema economico che ruota attorno alle concessioni delle autorizzazioni per la caccia. Occorre fare qualcosa di concreto a difesa di questi animali, bloccando l’importazione di trofei negli Usa e non solo bloccando ogni forma di traffico (basti pensare che le ossa di leone valgono circa una decina di migliaia di dollari a esemplare per la medicina asiatica).

Infatti, gli animalisti da ogni parte del mondo chiedono giustizia per la morte del leone dalla criniera nera. Il web si è mobilitato in una campagna a senso unico condannando totalmente il gesto del Dottore di Bloomington, e i suoi profili facebook e twitter sono stati chiusi per eccesso di insulti.

Lui, dalla sua pagina lavorativa facebook, l’unica ancora attiva, comunica ai clienti che non potrà essere presente per i loro prossimi appuntamenti ma che dovranno per il momento rivolgersi ad un suo collega. Tantissime persone hanno raggiunto il suo studio non per rispettare gli appuntamenti presi con il dentista Palmer, ma solo per recapitare bigliettini e volantini sulla porta di ingresso. Il suo studio in questi giorni è continuamente piantonato dalle forze dell’ordine. Una bambina chiede: "Perché Dottor Palmer hai ucciso Cecil?".

*****
LORETTA BRICCHI LEE, AVVENIRE 1/8 –
L’uccisione del leone Cecil (e l’eco mediatica sollevata) rischia di diventare un caso diplomatico. Lo Zimbabwe ha avviato la procedura per richiedere l’estradizione di Walter Parmer, il dentista americano che ha ammesso di aver sparato all’animale protetto che viveva nel parco nazionale di Hwange.
Gli Stati Uniti hanno firmato un accordo di estradizione col Paese africano nel 2000, ma sarà necessario stabilire se il cittadino Usa abbia violato il cosiddetto Lacey act, una legge legata al trattato delle Nazioni Unite per la protezione degli animali. In meno di tre giorni sono state raccolte oltre 170 mila firme sul sito della Casa Bianca a sostegno dell’estradizione del bracconiere, ma – come ha messo in chiaro Josh Earnest, portavoce del presidente Barack Obama –, ogni decisione spetta al dipartimento alla Giustizia Usa. Senza contare che, sebbene legalmente possibile, l’estradizione di un cittadino americano in un Paese governato da un dittatore corrotto come Robert Mungabe, presenta una serie di problematiche.
Nonostante il ministro dell’ambiente locale, Oppah Muchinguri, si sia appellata «alle autorità responsabili per l’estradizione di Palmer, perché possa rendere conto delle sue attività illegali», il funzionario ha spiegato, durante una conferenza stampa ad Harare, che la la procedura è appena iniziata e che «la polizia deve denunciare la vicenda al procuratore generale che a sua volta trasmetterà la richiesta agli Stati Uniti». In attesa dell’iter burocratico, l’agenzia americana per la protezione della fauna Fish & wildlife service ha intrapreso un’indagine indipendente per verificare l’accaduto, confermando che lo stesso Palmer venne condannato per bracconaggio nel 2008 dopo aver ucciso un orso nero a oltre 60 chilometri dall’area per la quale aveva ottenuto la licenza di caccia. Come confermato dai suoi legali, l’agenzia non sarebbe riuscita a mettersi in contatto con il dentista. Per il ministro dell’ecologia dello Zimbabwe, Palmer sarebbe tornato in patria, ma lo studio dentistico del medico in Minnesota è stato chiuso dopo le preteste e anche la sua abitazione sarebbe deserta.
L’americano, dopo aver pagato 45mila dollari a due guide locali, ha attirato Cecil al di fuori del parco protetto e, dopo averlo colpito con delle frecce ha atteso per ore che l’animale ferito diventasse una ’facile’ preda per i suoi proiettili. In base alla ricostruzione di Theo Bronkhorst – una delle due guide locali che dopo aver aiutato Palmer è incriminato per omissione della prevenzione della caccia illegale e sta ora collaborando con la giustizia per cercare di limitare la possibile condanna di 15 anni di carcere – la caccia sarebbe iniziata usando come esca una carcassa di elefante e, una volta che il leone si è avvicinato, Palmer l’avrebbe colpito con le frecce. L’animale sarebbe «scappato nell’erba alta» e solo il giorno dopo, dopo aver trovato il leone ferito, «Palmer lo ha finito». È stato allora che i due hanno notato il collare – con cui alcuni ricercatori seguivano l’esemplare di 13 anni diventato una celebrità nel Paese – e, colti dal panico avrebbero preso la carcassa e sarebbero fuggiti. La consapevolezza di aver commesso un illecito non ha però fermato Palmer che avrebbe chiesto alla guida di procurargli «un elefante con una zanna di almeno 30 chili».