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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Tre euro a cassa, una vita a basso costo– era più tutelato durante il fascismo che oggi «Q uale misura precauzionale contro i casi di insolazione, i datori di lavoro sono tenuti a fornire ai lavoratori e alle lavoratrici cappelli di paglia di dimensioni adeguate allo scopo e ad erigere in aperta campagna, sui posti di lavoro, ripari speditivi di pali e frasche sotto i quali, nelle ore dl caldo eccessivo, i lavoratori possano riposare e consumare il pasto»

Tre euro a cassa, una vita a basso costo– era più tutelato durante il fascismo che oggi «Q uale misura precauzionale contro i casi di insolazione, i datori di lavoro sono tenuti a fornire ai lavoratori e alle lavoratrici cappelli di paglia di dimensioni adeguate allo scopo e ad erigere in aperta campagna, sui posti di lavoro, ripari speditivi di pali e frasche sotto i quali, nelle ore dl caldo eccessivo, i lavoratori possano riposare e consumare il pasto». C’è da vergognarsi, dopo la morte del sudanese Mohammed, assassinato l’altra settimana a Nardò dal caldo, dalla fatica, dallo sfruttamento schiavista, a rileggere sul Giornale di Brindisi del 17 maggio 1934, organo della Federazione dei Fasci di combattimento del «Salento fascista», le «Disposizioni di S.E. Starace per la mietitura». Perché pare quasi che ottantuno anni fa il regime fascista, al quale non potremo mai perdonare la dittatura, il culto del Duce, l’infamia delle leggi razziali e altri crimini irrimediabili, avesse per le manovalanze agricole più attenzione (orribile a dirsi) di quella oggi riservata al tema dalle forze dell’ordine, dai sindacati, dalla magistratura. Non c’era niente, per Mohammed e i suoi compagni di raccolta. Non c’erano cappelli, non c’erano capanne di frasche per il riparo, non c’erano soste per il riposo nelle ore più calde sotto il sole furibondo. Nulla. Nulla di nulla. Ma soprattutto non c’erano vigili urbani, poliziotti, ispettori del lavoro che ponessero un freno al caporalato omicida. Nonostante il fenomeno dello sfruttamento schiavistico fosse noto da anni. E nonostante il padrone stesso del podere fosse già sotto processo esattamente per motivi identici. Cioè la maniera abominevole in cui lui, altri proprietari terrieri della zona e gli stessi caporali, spesso stranieri, trattavano i loro servi della gleba. Metodi riassunti, ha scritto il Manifesto, nei capi d’imputazione: «associazione per delinquere, riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione e falso». Tre quintali. «Mohamed lavorava per tre euro e mezzo a cassone», ha spiegato al quotidiano diretto da Norma Rangeri Yvan Sagnet, un sindacalista della Flai-Cgil, «Ciascun cassone pesa 3 quintali, e più ne riempi, più vieni pagato. La giornata di lavoro inizia alle 5 del mattino e finisce tra le 17 e le 18: si passano 12 ore sotto il sole, a faticare come bestie. Mohamed probabilmente non era abituato, era la prima volta che raccoglieva pomodori, e i 42 gradi, la pressione psicologica, sono stati fatali». L’autoambulanza, chiamata dagli altri immigrati, è arrivata dopo due ore. Quando il poveretto era già morto. Fosse successo a un italiano, apriti cielo! Per Mohammed non una protesta. Capita. Eppure, come dicevamo, perfino la Segreteria del Partito Nazionale fascista, quasi un secolo fa, pareva più attenta. E se alcune disposizioni appaiono fuori del tempo (come quella che «i conduttori di aziende agricole aventi bisogno di mano d’opera appartenente a Comuni di altre Province» dovessero «inoltrare regolare richiesta agli uffici provinciali o comunali di collocamento agricolo della propria provincia servendosi degli appositi moduli…») altri sono ancora attualissimi. Come questa: «È obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione sul posto di lavoro una cassetta di medicazione per i primi soccorsi in caso di infortunio». E ancora: «Il conduttore del fondo dovrà provvedere a dare alloggio ai lavoratori provenienti da altra provincia. I dormitori (…) dovranno rispondere alle norme igienico sanitarie prescritte dalla legge». Decenni di lotte sindacali sembrano non essere riusciti a far fare, in certe aree del Paese, un solo passo avanti. E magari quel padrone schiavista, all’arrivo di nuovi barconi carichi di nuovi schiavi disposti a lavorare in cambio di tre euro e mezzo per ogni cassone da tre quintali, sbuffa sull’«invasione di negri»…