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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Parla il ministro Maria Elena Boschi– Maria Elena la chierichetta: prende il treno regionale e torna a Laterina (Arezzo), poche anime in un paesaggio leonardesco

Parla il ministro Maria Elena Boschi– Maria Elena la chierichetta: prende il treno regionale e torna a Laterina (Arezzo), poche anime in un paesaggio leonardesco. Per andare a messa. Maria Elena la giaguara: entra nell’immaginario collettivo degli italiani in punta di tacchi, maculati, alla Leopolda. Luogo dannunzianamente evocativo. Maria Elena Boschi la secchiona. Però bella come il sole. Berlusconi la nota, lei lo rottama con un sorriso: i comunisti — gli spiega — appartengono a un’era geologica precedente. Una papa-girl, poi, di quelle che invocano Karol Wojtyla “santo subito”; eppure non piace a Rosy Bindi. Forse perché permetterebbe agli omosessuali di sposarsi… Contraddizioni? No, giovinezza. Così il premier Renzi le affida il compito più arduo: spezzare le reni, con grazia s’intende, ai conservatori di tutt’Italia, da sempre uniti. Deve riformare la Costituzione, a costo di indignare i tutori della Magna Carta italiana. Se fallisce lei, metà faccia del premier è persa. Prendiamola alla larga: è entrata in questo ministero poco meno di un anno e mezzo fa. Pensa ancora di potercela fare? «Sono certa che ce la faremo. Abbiamo già portato a casa risultati insperati. E siamo ancora alla fine del primo tempo. Dopo dieci anni, una nuova legge elettorale dà maggiore stabilità al sistema. Ci possono essere elementi che convincono di più e altri di meno, però è garantita una maggioranza solida, sia con il premio se si raggiunge il 40% al primo turno, sia con il ballottaggio. Consente di governare. In un anno e mezzo abbiamo completato la riforma del mercato del lavoro, superando l’ostacolo-simbolo dell’articolo 18. I risultati già si vedono: gli occupati tornano a crescere; i più pessimisti danno 120 mila posti in più nei primi mesi dell’anno, con reali maggiori garanzie. Incontro tante persone, della mia età o poco più grandi, mi dicono che per la prima volta hanno firmato un contratto a tempo indeterminato. Le riforme costituzionali? Il percorso non è completato, ne stiamo ridiscutendo in questi giorni, però ci sono stati due passaggi importanti: una prima approvazione sia al Senato sia alla Camera; è stato faticoso ma ce l’abbiamo fatta. La scuola: comincia la fase dell’attuazione in vista del nuovo anno scolastico. La riforma della pubblica amministrazione è all’atto finale, poche settimane prima dell’approvazione definitiva. E la giustizia. Aver approvato una forma di tutela dell’ambiente contro il disastro ecologico e i danni ambientali, introducendo gli eco-reati nel nostro ordinamento, non è un passo importante? Penso al pacchetto anticorruzione, approvato in via definitiva; il ripristino del falso in bilancio di cui si parlava da anni; il divorzio breve; la responsabilità civile dei magistrati. Tutto nel cassetto: in un anno e mezzo sono diventati legge. E parlo solo di ciò che è definitivo». Sì, ma noi viviamo nel Paese delle riforme rimaste sulla carta… «Vivevamo. Abbiamo ereditato 889 decreti da adottare. La media del livello di attuazione del programma del governo precedente era del 38%. In un anno e mezzo siamo passati al 73%; abbiamo portato sotto a 300 i decreti sospesi dei governi Monti e Letta. Poi abbiamo i nostri. La Commissione europea e l’Ocse, nell’ultimo rapporto, hanno certificato il miglioramento. Ma si può fare di più. Per esempio, non sono contenta del livello di attuazione dell’ultima legge di Stabilità ed è per questo che iniziamo ogni Consiglio dei ministri con il dato — ministero per ministero — di quanto resta da portare a termine. Teniamo sotto pressione i vari dicasteri aggiornando quotidianamente la situazione sul sito del governo. Può controllare». Mi racconta la faticaccia di negoziare, ogni giorno, le maggioranze? «Quanto mi diverte sentir ricostruire dai giornali e dai colleghi in Parlamento le trattative… Ho un difetto, che però aiuta: leggo i giornali la sera. Trovo ottimi approfondimenti, interessanti commenti politici e notizie che è utile valorizzare. Però il 60-70% dei retroscena, di ipotetiche negoziazioni, sono sempre superati. Se va bene durano un’ora. Sono appassionanti? Bah. C’è sempre il retropensiero dei numeri stretti, per cui è necessaria un trattativa continua, soprattutto al Senato. In realtà noi abbiamo la maggioranza più ampia degli ultimi anni, sia nel Pd, sia a livello di governo. Dureremo fino al 2018. No, se è questo che vuol sapere, non mi alzo la mattina pensando: “Mamma mia, come facciamo ad arrivare a stasera?”». Non mi dica che non scende a compromessi… «Non è questione di compromessi. Con una maggioranza che nasce da posizioni diverse storicamente, politicamente e di campagna elettorale, su alcuni provvedimenti si devono trovare terreni d’incontro, fa parte dell’attività parlamentare. A volte, riflettere un attimo in più migliora le scelte. Altre volte è faticoso. Le unioni civili, sicuramente, sono un tema delicato, perché partiamo da posizioni distanti. Sarebbe ipocrita dire che non ci sono mai tensioni…». Ecco, le unioni civili, come ne uscite? «Vengo dall’esperienza delle Giornate mondiali della gioventù, sono cattolica, ma sulle unioni civili ho una posizione diversa rispetto a quella ufficiale della Chiesa. Io sarei favorevole al matrimonio. Il Papa, dicendo “chi sono io per giudicare”, ha aperto a una riflessione. Oggi, in questo Parlamento, non è realistico immaginare che si possa ottenere il matrimonio tra omosessuali; quindi, occorre mediare. Vanno evitate le posizioni estreme. Anche perché una sentenza della Corte Costituzionale vieta di equiparare le unioni civili al matrimonio. Le adozioni, poi, dividono in maniera più incisiva. L’ipotesi di ispirarsi al modello tedesco, ovvero un riconoscimento e, quindi, la possibilità di adozione all’interno della coppia per i figli nati da precedenti unioni, credo possa essere un buon punto di partenza. Perché interrompere il legame affettivo di un bambino con un genitore che per anni si è preso cura di lui, che lo va a prendere a scuola, che lo accompagna dal medico o agli allenamenti di calcio?». C’è, comunque, il problema delle maggioranze, dei Verdini, delle polemiche di questi giorni… Ma mi pare di capire che per voi l’importante è portare a casa le riforme. Non sentite il bisogno di maggiore chiarezza, di mettere ordine alle vostre alleanze, non foss’altro in vista di future elezioni? «Le elezioni non sono prossime. A volte mi viene la tentazione di dire: “Bene, vediamo cosa succede nell’urna”, soprattutto quando dicono che il Pd è in crisi. Sono convinta che se andassimo al voto oggi, quello vero, politico, Renzi batterebbe tranquillamente Grillo, Salvini, Vendola… il Pd avrebbe il 40% al primo turno. Però noi non siamo qui per organizzare campagne elettorali: dobbiamo governare. La fine prematura delle legislature è una brutta abitudine italiana che va superata; serve stabilità per fare le riforme ed essere più credibili in Europa e all’estero. Le elezioni saranno nel 2018 e vedremo quel che succederà. All’assemblea del Pd, Matteo Renzi ha rilanciato il piano della riforma fiscale, con la riduzione delle tasse di 50 miliardi. Fra tre anni, se avremo portato a termine le riforme costituzionali, tagliato la tassa sulla prima casa, rivisto l’Irpef e l’Ires, se la riforma della pubblica amministrazione avrà reso più agile il Paese, con una riduzione delle partecipate e meno burocrazia, gli italiani potranno pure votare Grillo o Salvini. Noi lasceremo convinti di aver fatto le cose giuste per l’Italia». Lei crede davvero che contino di più le riforme per svecchiare il Paese piuttosto degli 80 euro in busta paga o di azzardate promesse di tagli delle tasse? «Ci dicevano che gli 80 euro erano “annuncite” e ora sono in busta paga. Che gli sgravi Irap erano “annuncite” e ora sono posti di lavoro. Che la legge elettorale era “annuncite” e ora è in Gazzetta Ufficiale. Magari le nostre riforme non piacciono a tutti, ma tutto si può dire tranne che sono annunci». Però, 50 miliardi di tasse in meno: è mai possibile? «Certamente. Queste misure sono state studiate e approfondite prima di parlarne. Si può ridurre ancora la spesa, a cominciare dalle partecipate. L’aggregazione dei centri di acquisto porterà un notevole risparmio. Se avessimo voluto fare un annuncio choc, lo avremmo fatto prima delle elezioni». Se pensa a chi non va più a votare, a chi sceglie 5Stelle o Salvini, vale a dire l’Italia stanca e arrabbiata, non le tremano i polsi? Il vostro compito più difficile è riportare gli italiani alla politica, a credere nel futuro del Paese... «La maggioranza degli italiani non è quella sfiduciata, arrabbiata, che ha rinunciato a cambiare il Paese, rassegnata. Magari si lamenta, ma poi si alza la mattina, va a lavorare, si impegna perché le cose vadano meglio, crede che si possa cambiare. Chi fa il tifo contro l’Italia, non fa mai una proposta — una — che sia costruttiva… I 5Stelle ci hanno detto: “Valuteremo volta per volta, se farete leggi buone le voteremo”. Bene: abbiamo proposto un pacchetto anticorruzione, inasprendo le pene per i reati di mafia, di corruzione, abbiamo esteso la prescrizione perché le persone venissero davvero punite, abbiamo detto che chi patteggia deve prima restituire tutto quello che ha rubato, abbiamo ripristinato il falso in bilancio… E non l’hanno votato. Urlare, protestare, arrabbiarsi strappa un applauso in più nei talk show, ma non aiuta il Paese. Dire che l’Italia deve uscire dall’euro fa avere qualche applauso a un comizio, però, poi, migliora o peggiora la vita degli imprenditori del nordest? Nordest che sta crescendo più della Germania nell’export proprio grazie all’euro. Credo che gli italiani sappiano distinguere. Quando si arriva a decidere responsabilmente del proprio futuro, scelgono l’Italia che ci prova, s’impegna, va avanti, offre soluzioni». Cosa augura ai suoi colleghi usciti dal Pd? «Credo abbiano fatto una scelta di coerenza con posizioni ormai sempre in contrasto con quelle del Pd. Da mesi non votavano i nostri provvedimenti, né la fiducia al governo. Erano in disaccordo su tutto. La politica serve per cambiare il Paese non per cambiare casacca o per un po’ di visibilità personale. Mi auguro per loro di essere utili all’Italia, senza rancori». Da donna a donna, cosa pensa di Angela Merkel? «Non è una questione di donne… L’ammiro per le sue capacità e per la grande tenuta. Credo abbia avuto l’intelligenza, nell’ultima fase, di capire che sarebbe stato un errore rompere sulla Grecia. La posizione tedesca, troppo rigida, troppo severa, avrebbe portato all’uscita di Atene dall’euro e, probabilmente, dall’Unione europea. Sarebbe stato un errore, non tanto in termini economici, perché l’Europa sarebbe stata in grado di trovare soluzioni per reggere le conseguenze finanziarie, ma di ordine politico e culturale. Avrebbe avviato la disgregazione dell’Unione europea. La Merkel ha dato buona prova di sé cambiando idea e lavorando all’interno del vertice europeo. Ora si deve cambiare passo: o lavoriamo su uno schema di crescita e di occupazione, oppure saranno sempre di più i Paesi che percepiranno l’Ue come nemica. Non posso credere che il sogno dell’Unione fallisca. Non possiamo accontentarci di custodire quello che è stato il progetto Europa». Laudato si’, l’eco-enciclica di papa Francesco è una feroce critica al sistema economico internazionale. Lei come la vive, da ministro cattolico? «Confesso di non averla ancora letta integralmente. Solo stralci e commenti. Spero di poterlo fare nelle vacanze estive. Comunque, vivo l’enciclica da credente. La guida spirituale di tanti uomini e donne nel mondo deve essere un pungolo per la società. Questo Papa riesce a essere solare, affettuoso e allo stesso tempo diretto e schietto. Mi ha colpito l’omelia che ha tenuto alla messa per i parlamentari qualche mese fa. Ha fatto una predica molto dura sulla corruzione, e alcuni colleghi si sono risentiti. Io no, sarà perché vado a messa la domenica e sono abituata. Il Papa fa il Papa, se non richiama lui ai valori fondamentali, chi ha l’autorità per farlo? Del resto ha cominciato in casa propria…». A rottamare… «No, adesso non esageriamo, ho già detto che Mattarella è un rottamatore, basta e avanza, altrimenti… Diciamo che sicuramente ha messo mano a un’opera di cambiamento importante. Si mette in gioco». Dove va a messa? «A Roma, quando mi capita, ma è raro, vado a Santa Maria del Popolo, in piazza del Popolo. Vado quasi sempre a Laterina, perché la domenica torno in famiglia». In questo anno e mezzo di vita ministeriale, come sono cambiate la sua vita, le amicizie, i rapporti, prende ancora il treno per tornare a casa? «Adesso devo fare più fatica per avere del tempo per me, ma ogni tanto ce la faccio. Per esempio, ho fatto un viaggio in Irlanda con le mie amiche due mesi fa…». Quelle famose amiche con cui era andata a Londra a parlare di sogni e futuro… «Esatto. Siamo amiche affiatatissime dai tempi dell’università. Sono la mia seconda scorta, perché con loro vado da sola. Così sono diventate delle perfette body-guard. Sabato sera, a una festa, hanno reso impossibile a chiunque avvicinarsi. Non hanno un fisico imponente, ma hanno un piglio molto protettivo. Con loro riesco ogni tanto a fuggire, così come riesco la domenica a tornare dalla mia famiglia, ma non più in treno. L’ho fatto fino a qualche mese fa, ora, per motivi di sicurezza, me lo hanno sconsigliato». Cosa leggerà quest’estate, oltre all’enciclica? «Non ho ancora comprato i libri dell’estate, solitamente leggo un classico dell’Ottocento e un romanzo più attuale… Ho passato diverse estati con Tolstoj, che ha bisogno di tempo per essere gustato. Quest’anno non ho ancora deciso… se ci sono suggerimenti li accetto volentieri. I primi giorni di vacanza li passo con la mia famiglia in Versilia e lì vado in libreria. Adesso sto leggendo l’ultimo libro di Edoardo Nesi, amico e collega. Me l’ha regalato. Devo finirlo in fretta perché lo vedrò al mare e dovrò fargli qualche critica!». Il sogno nel cassetto … «Arrivare al referendum, il prossimo anno, e avere l’approvazione delle riforme. Quando entrerà in vigore, questa riforma costituzionale modernizzerà il Paese. Il miglior riparto di competenze tra Stato e Regioni, con scelte strategiche in termini di energia e infrastrutture uniformi su tutto il territorio, procedimenti legislativi più snelli, rapidi e con tempi certi, saranno un volano per lo sviluppo». Esiste un “giglio magico”? «Certo, le mie amiche. Tolte loro, no, non esiste un giro stretto di fiorentini che decidono tutto come malignano alcuni: con noi lavorano un sacco di persone che non sono fiorentine. È ovvio che tra noi della prima ora c’è un legame molto forte. Si è instaurato nelle primarie del 2012, quelle che abbiamo perso. Eravamo soli contro tutti. A tre giorni dal voto di ballottaggio, quello decisivo contro Bersani, sono andata a Napoli con Renzi. Grandinava. Pioggia, freddo, una giornata tremenda. Di ritorno, in treno, eravamo solo in tre: Renzi, Luca Lotti ed io. Arriva una mail. Sono i sondaggi, non abbiamo chances, siamo sotto di venti punti, uno schiaffo. Era chiaro che avremmo perso. Io e Luca ci abbracciamo tristi, afflitti; per mesi avevamo lavorato tanto, corso per tutta l’Italia, ci avevamo creduto. Tutto da buttare. E soprattutto nei due giorni successivi avremmo dovuto far finta di niente, davanti ai volontari. Ci guardammo in faccia, io e Lotti, poi guardammo Renzi. Continuava come se niente fosse… Ma quale tristezza, stava facendo l’agenda della settimana successiva da sindaco: la scuola che doveva andare a visitare per l’incontro settimanale, i cantieri su cui doveva tornare… Tranquillo, già proiettato sulla settimana dopo. Io e Lotti non lo abbiamo mai odiato tanto come in quel momento». Qual è il punto di forza segreto di Renzi? «È un italiano normale, non viene da chissà quali dinastie della politica, uno dei figli dell’Italia degli anni Settanta, come molti altri. Per me questo è il punto di forza. Quel che pensa lo dice, lo fa. Credo abbia grande coraggio politico, affronta i cambiamenti come nessuno ha fatto prima, in tempi molto stretti. Si mette in gioco, rischia pesante. È tenace. Ha già detto che non resterà più di due mandati, come avevamo promesso con la rottamazione; e quindi è più libero di quelli di prima». Un difetto? «Cambia agenda troppo spesso, fissa gli appuntamenti pubblici 24 ore prima, lascia che più gruppi lavorino sulla stessa cosa per poi riservarsi di decidere. Ha un suo peculiare concetto dell’organizzazione che per me — metodica — in alcuni casi è quasi insopportabile. Inizio a pensare che a volte lo faccia apposta. Poi, nel calcio, tifa Fiorentina e noi siamo tutti contro di lui, da Padoan romanista a De Vincenti e Guerra laziali, dal consigliere diplomatico Varricchio interista a Sensi juventino, fino al gruppo dei milanisti come me e Lotti. Ma questo non lo scriva, mi raccomando!».