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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

CAMALEONTI CHE CAMBIANO COLORE E ALTRE LEGGENDE METROPOLITANE

Una persona che cambia per adattarsi alle circostanze viene definita camaleontica. Ma è vero che questo rettile può mutare colore per mimetizzarsi con qualsiasi sfondo? A questa e altre curiosità risponde Graziano Ciocca nel libro I tori odiano il rosso, 10 false credenze sugli animali (Dedalo, pp. 176, euro 16). Quindi, tanto per cominciare, il camaleonte non è affatto in grado di assumere il colore di qualsiasi cosa. Ovvero è abile nel mimetismo, ma «come lo sono l’orso polare e altri animali, perché centinaia di migliaia di anni di selezione naturale hanno portato a un progressivo allineamento dei colori della livrea con quelli dell’ambiente». I veri trasformisti sono polpi, seppie e calamari, che sono capaci di «cambiare colore in un secondo».
Niente di vero neppure nella diceria secondo la quale i pipistrelli si impigliano nei capelli. «Anzi, possono percepire la presenza di un filo di ragnatela». Emettono infatti onde sonore ad altissima frequenza che si propagano nell’aria e, quando incontrano un ostacolo, anche piccolissimo, tornano indietro. Figurarsi se non si accorgono di una testa. A proposito poi della falsa credenza che dà il titolo al libro. Ciocca spiega che i tori non possono odiare il rosso «perché non lo vedono. Nella retina non hanno i fotorecettori responsabili della visione a colori, per cui percepiscono una scala di grigi». Ad attirare la loro attenzione, e a farli infuriare, è il movimento.
La carrellata di convinzioni infondate non si ferma qui. L’autore spiega infatti anche che le farfalle non volano grazie a una polverina che hanno sulle ali, che l’istrice non lancia gli aculei quando ha paura e che gli scarafaggi non sopravvivrebbero a un disastro nucleare, perché sono sì molto resistenti e prolifici ma niente affatto immuni alle radiazioni. Come ovvio poi, le forbicine (i dermatteri) non sono assassini che arrivano al cervello facendosi strada dall’orecchio e i dobermann non sono destinati a impazzire a causa di una crescita incontrollata del cervello, così come le gazze non rubano oggetti luccicanti per portarli nel nido.
Infine la credenza più strana di tutte, quella che ha suggerito l’idea del libro. «Al termine di una manifestazione dedicata alla scienza» racconta Coccia «un pensionato mi ha chiesto: ma è vero che il numero 58, scritto su un foglio di carta e appeso, serve a tenere lontane le mosche? Non l’avevo mai sentita. Ho controllato: è una credenza diffusa in tutta Italia. Ma solo una credenza». Qualcuno ha ipotizzato che le mosche possano essere spaventate da quelle linee, perché ricorderebbero uno spaventoso predatore. Niente di più falso. Provare per credere.