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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

ORRORE A ROMA: C’È UN MARCIAPIEDE PULITO

ROMA PULITA: un folle progetto visionario, una utopia così azzardata, così meravigliosa che nessun essere umano aveva mai avuto il coraggio neppure di formularla. Secondo un rigoroso studio di fattibilità su scala mondiale messo a punto dalla facoltà di Statistica di Harvad, “Roma pulita” è al secondo posto nella classifica delle imprese impossibili, preceduto solo da “realizzare una società socialista” e seguito, al terzo e quarto posto, da “fare la pace tra israeliani e palestinesi” e “riuscire ad asciugarsi le mani servendosi di un asciugatore a getto d’aria”. Ma ormai l’idea è di pubblico dominio; e i cittadini si stanno organizzando.
LA TECNICA Ogni spazzino volontario dovrà essere preceduto da un carro attrezzi volontario, che dovrà spostare dal marciapiedi le macchine e i furgoni parcheggiati così da poter procedere alla pulizia; e dovrà essere seguito da uno psicologo volontario, il cui compito sarà convincere passanti e turisti a non buttare per terra cartocci unti, coni gelati, cicche di sigarette nei metri quadrati di marciapiede appena ripuliti. Dai primi test effettuati, risulta che un marciapiedi pulito esercita, sui cittadini romani, una sensazione di sgomento molto simile all’horror vacui: di qui l’impulso a ricoprirlo subito con nuove deiezioni.
I RIFIUTI La turista sovrappeso del Nord Europa con infradito, shorts inguinali e canottiera che mangia un panino con la porchetta con i piedi a mollo nella Fontana di Trevi, è da considerarsi un rifiuto? Se sì, come smaltirlo? Questa e altre domande sono oggetto di un vivace dibattito tra i cittadini che vogliono ripulire Roma. Divani sfondati, dentiere, scarpe vecchie, sputi e scaracchi con livello variabile di densità e viscosità, bucce di cocomero, pannolini, pannoloni, chewing-gum spiaccicati, copertoni, olio di camion, batterie esauste, stracci, cacche di cane: ogni rifiuto ha una sua storia e ogni storia un suo autore. La campagna “adotta un rifiuto” tende a sensibilizzare non solo i romani, ma tutti quanti noi, sullo stato di abbandono di milioni di rifiuti, lasciati in strada senza un padrone, senza una destinazione. Si può adottare un rifiuto anche a distanza: con cifra molto modica, ricevete ogni mese una fotografia che documenta il suo stato di decomposizione.
RAMAZZE Non molto facile procurarsi le ramazze. Il settore è nelle mani di Ercole Patacchia detto “er Sittepijotesfonno”, già inquisito per Mafia Capitale perché coinvolto nel racket delle olive e delle noccioline destinate ai convegni e ai congressi di partito. L’improvvisa impennata della domanda di ramazze ne ha triplicato il prezzo, e i pochi rivenditori di articoli per le pulizie che si ribellano e vendono scope di saggina a poco prezzo vengono minacciati di morte mediante la pratica, arcaica e orribile, della testa nella lavatrice.
I TOPI Alcuni dei grossi ratti che si pasciono nei cassonetti potrebbero essere addestrati al riordino dei rifiuti, evitando che fuoriescano e mantenendoli uniti e compatti. È uno studio dell’Associazione Cani da Pastore, che ha tentato (pare con successo) di istruire un gruppo di ratti da cassonetto con le stesse modalità dei cani da gregge. L’istinto a tenere unita la massa dei rifiuti, proteggendola da eventuali predatori, è molto simile a quello di un Border Collie con le sue pecore. La sola controindicazione è che spesso i ratti, molto compresi nel loro ruolo di custodi dei rifiuti, attaccano i passanti e anche gli uomini della Nettezza Urbana.
IL CONTAGIO Gli esperti sono convinti che, se l’operazione Roma Pulita dovesse realizzarsi almeno in piccola parte, un benefico contagio trasformerebbe nel profondo la capitale. Qualcuno sostiene addirittura che la coda per i taxi alla Stazione Termini potrebbe essere indicata da cartelli e disciplinata da apposite strutture, dette “transenne”, che in alcuni paesi molto progrediti vengono utilizzate per trasformare una folla scomposta e vociante in una fila ordinata che attende disciplinatamente il proprio turno. Secondo altri il tassista in pantaloncini corti che su una Ritmo del ‘92 con le sospensioni sfondate ti accoglie dicendoti “a ‘ndo vai, bello?” e saputa la destinazione ti dice che lui abita dall’altra parte della città, sta smontando di turno e non ti può portare, verrebbe recluso in un campo di rieducazione e avviato a mestieri più consoni, per esempio il pastore nei presepi viventi.