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 2015  luglio 05 Domenica calendario

SAVIA’, NON C’È UN CAZZO DA FA’

Anche oggi Saviano si lamenta che il premio Strega, negli ultimi undici anni, sia stato vinto per sei volte da un libro edito da Einaudi-Mondadori, altre tre da Bompiani-Rizzoli ed una sola – ahimè – da Feltrinelli: “Sempre loro?”.
Ora certamente è vero che quei due gruppi rappresentino da soli oltre il 40 per cento della produzione libraria italiana, ma non dovrebbe sfuggire a un indagatore come lui, che anche per questo è assai probabile – per le leggi proprio dei grandi numeri – che i migliori narratori pubblichino i loro libri con loro, come fece anche lui a suo tempo, e non nelle tipografie sotto casa.
Io adesso non so se Saviano davvero pensi – come sostiene De Mauro – che lo Strega sia invece tutta camorra. Lui dice di no, però intanto già mette il sigillo e il marchio del sospetto sull’edizione dell’anno prossimo.
“Se come sembra assai probabile – scrive – nascerà il colosso Mondadori-Rizzoli … lo Strega rischierebbe di svolgersi, invece che a Valle Giulia, direttamente a Segrate”.
Volendo bene al Premio Strega – non foss’altro per averlo vinto in passato – io mi preoccuperei di altro piuttosto, che rischia davvero di affossarlo.
Non sono andato a Villa Giulia l’altra sera, l’ho visto in tv e non m’è piaciuto. Pare abbia fatto su Rai3 il 2.96% di ascolti, contro il 2.41 del 2014 e il 6.19 del 2013 – quand’era ancora su Rai1 – per non parlare del 7.86 del 2012 e dell’8.73 del 2010. È una Waterloo. Io capisco che qualcuno a un certo punto abbia pure pensato – non so se in Rai o magari proprio in Premio Strega – “Ma questi sono libri, alta cultura, mica è Sanremo! Va trattata come si deve”. Ma il risultato è stato due palle così, davanti alla televisione. Non sembrava più Villa Giulia, sembrava – dall’alto – il piazzale della caserma Valfrè di Bonzo del 21° Fanteria “Cremona” di stanza nel 1971 ad Alessandria, non d’Egitto ma del Piemonte.
Il Premio Strega era il più importante premio letterario italiano – una volta – perché faceva vendere un sacco di libri. E li faceva vendere perché la cosiddetta gente normale lo guardava in televisione come fosse appunto il Festival di Sanremo – e Villa Giulia invece l’Ariston – con tutte le dame ingioiellate, la kermesse, le soubrette scosciate, le principesse incartapecorite, l’alta moda, gli astrologi, il generone romano. Se non vende più i libri, che Strega è?
Dice: “Vabbe’, però c’era pure, una volta, un sacco di gente che comprava i libri ma poi non li leggeva”.
E chissenefrega, che te ne importa a te? L’importante è che li comprino intanto, poi magari qualcuno – hai visto mai? – qualcuno magari li leggerà pure. In ogni caso non c’era e non c’è nessun’altra manifestazione culturale in Italia, capace in qualche modo di interessare le cosiddette larghe masse popolari e/o televisive. Anzi, se sono rimaste tre o quattro cose ancora – secondo i tuttologi – a rappresentare il sentimento nazionale condiviso della Patria, esse sono senza discussioni il Festival di Sanremo, l’arma dei carabinieri, il campionato di calcio e il Premio Strega su Rai1. Riportatelo là, prima che arrivi un nuovo 8 settembre.
Sull’ultima preoccupazione infine di Saviano – il monstrum concentrazionario Rizzoli-Mondadori – c’è poco da dire. Essa è ovviamente condivisa da tutti. Ma anche lui dovrebbe sapere che in una economia di mercato quale è la nostra, le concentrazioni capitalistiche non sono colpa e non dipendono né dal Premio Strega né dai singoli autori. Bisognerebbe rivolgersi altrove o – meglio ancora – fare la rivoluzione, cosa per cui sarei pure abbastanza invecchiato ma, se proprio vuole, lui parta e gli garantisco che arrivo.
Nell’attesa, però, si metta l’anima in pace: se c’è una sola cosa a cui il processo di fusione Rizzoli-Mondadori non può fare che bene – sciogliendo ipso facto tutti gli eventuali vincoli al suo interno e consentendo a ognuno di scegliere e votare la qualità specifica del libro – è proprio il Premio Strega, che l’anno prossimo rischia di vivere, nel caso, l’edizione più libera e cristallina di tutti i suoi settant’anni di vita. Poi, se sarà di nuovo un altro libro di gruppo… sarà di nuovo la legge dei grandi numeri. Forse. Pure io, vorrei Lionel Messi e il Pallone d’Oro nel Latina. Ma sta a Barcellona, Savia’, non c’è un cazzo da fa’.