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 2015  luglio 05 Domenica calendario

CHI HA SPARATO A GOLDFINGER? LA MALEDIZIONE DEL COLPO DEL SECOLO

LONDRA I poliziotti chiamati d’urgenza il 24 giugno scorso, davanti al cadavere di «Goldfinger», commentarono sicuri: «Attacco cardiaco». John Palmer, sessantaquattro primavere alle spalle, aveva invece due fori nel petto, guarda caso all’altezza del cuore, scoperti dal medico dell’autopsia qualche giorno più tardi.
Lo hanno eliminato così, «Goldfinger» John Palmer, nella sua villa dell’Essex. «Gentiluomo» di campagna e miliardario, affari immobiliari da sogno nella Costa del Sol in Spagna e alle Canarie, elicotteri e jet privati. Una fortuna immensa costruita nel segno del pericolo. E dell’oro trafugato in un assalto indimenticabile.
Provavano in tanti a rinfrescargli la memoria, ripescando le cronache della rapina del 26 novembre 1983 in un magazzino della Brink’s vicino a Heathrow: sei banditi che entrano nel caveau pensando di mettere in saccoccia 3 milioni di sterline in contanti, ma scoprono 6.800 lingotti, tre tonnellate d’oro, valore 30 milioni di sterline e oggi dieci volte di più, così tanti che impiegano una notte per caricare il furgone e ripartire con il pianale del Transit blu quasi a terra per il peso.
E si faceva una risata, John Palmer ribattezzato «Goldfinger», uno che da modesto commerciante navigava ora nell’opulenza, se qualcuno gli rammentava che il raid alla Brink’s ha poi preso il titolo luttuoso di un thriller: «La maledizione della Brink’s».
C’è una scia di vendette e di esecuzioni feroci che, da trenta e più anni, accompagna il colpo a Heathrow. Alcuni fra i sei esecutori sono stati freddati con consumata precisione, poi sgozzati i riciclatori e gli informatori. Una catena terribile di omicidi, almeno una decina. E l’ultima vittima è proprio lui, «Goldfinger», che si era trovato coinvolto dopo che un vicino della sua modesta casa di una volta aveva spifferato di avvertire strani odori uscire dal box di John. Era una fonderia clandestina d’oro. Però l’oro non c’era più. E l’aveva scampata.
Lo pizzicavano e arrestavano per truffa e per traffici di ecstasy. Ma per le tre tonnellate d’oro neppure lo straccio di una prova. E c’era quel lungo rivolo di sangue a unire nella malasorte i mandanti, gli esecutori, i complici. Una cerchia sempre più larga perché i sei banditi non si aspettavano di scoprire le tre tonnellate d’oro e per «ripulirle» si erano dovuti affidare a ricettatori e gangster internazionali.
«Goldfinger» se la spassava fra l’Essex, la Costa del Sol e le Canarie. Non pensando a chi, con pazienza certosina, gli stava scavando la fossa. Fino a che la sentenza è arrivata. Il primo a cadere era stato Nick Whiting nel 1990: aveva cantato e lo ridussero in pezzetti. Poi era toccato a Charlie Wilson, una vecchia conoscenza per la partecipazione alla famosa rapina al treno Glasgow-Londra nel 1963. Anche lui risucchiato nella «maledizione della Brick’s».
Inseguiti ovunque. A Keith Hedley erano toccati sul suo yacht ormeggiato a Corfù, nel 1996, due proiettili. Brian Perry nel 2001 aveva confessato ma uscito dalla cella fu centrato al cervello. E a un ex poliziotto, Daniel Morgan, forse una gola profonda, conficcarono un’ascia in testa. L’ergastolo ha salvato Kenneth Noye. Lo hanno condannato per altri delitti, ma assolto per le tre tonnellate d’oro. Per sua fortuna è rimasto dentro. Non ha più lo stereo con le note di «Goldfinger» che partivano appena si entrava nel suo salotto, però è vivo. John, libero nella sua villa, ha pagato. L’oro è scomparso. Riciclato e investito, sospetta la polizia, nei paradisi fiscali e nella City. Ma chi sapeva è stato travolto dalla «maledizione della Brink’s».