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 2015  luglio 05 Domenica calendario

UN COMPUTER IMITA IL CERVELLO SI AVVERA IL SOGNO DI ALAN TURING

Un altro passo verso la fantascienza. Lo hanno compiuto due scienziati italiani dell’Università della California a San Diego ispirandosi al cervello umano e riproducendolo, almeno in alcune parti fondamentali. Dalle loro idee è nato il prototipo «Memcomputer» realizzato assieme ad altri due ricercatori del Politecnico di Torino. E come raccontano su Advanced Science le prospettive che ne derivano sarebbero notevoli su vari fronti.
«Ho iniziato a lavorare sull’uso di elementi elettronici che trattengono informazioni per calcoli circa sei anni fa con Yuri Pershin, ora professore all’University of South California — spiega Massimiliano Di Ventra che con Fabio Traversa ha affrontato l’impresa —. Subito ci rendemmo conto che i computer dove l’informazione viene manipolata dagli stessi elementi che la ospitano, come accade con i neuroni e le sinapsi del nostro cervello, possono risolvere problemi molto difficili in maniera decisamente più efficiente».
Il progetto era stato presentato all’inizio dell’anno sulla rivista Ieee Transactions on Neural Networks and Learning System e poi si era passati alla realizzazione con la collaborazione di Chiara Ramella e Fabrizio Bonani del Politecnico di Torino.
«I memcomputers — continua Di Ventra — sono più capaci e più potenti degli attuali perché la loro memoria manipola informazioni oltre a conservarle: i calcoli, infatti, sono effettuati direttamente dalla memoria e nella memoria. Questo è completamente diverso da quello che avviene nelle nostre macchine attuali dove la Cpu, l’unità di elaborazione, ha il ruolo di eseguire programmi comunicando poi con una memoria fisicamente separata nella quale sono immagazzinati i dati».
Alan Turing, lo scienziato britannico del film The Imitation Game che decifrò i codici segreti nazisti, aveva studiato il cervello umano per riprodurlo artificialmente.
L’ispirazione è la stessa? «Sì, anche noi abbiamo guardato al nostro cervello ma non per fabbricarne uno artificiale, piuttosto per capire quale vantaggio abbia avere una memoria che esegue anche calcoli e quindi riproducibile in elettronica».
Naturalmente il prototipo è solo l’inizio. «Il nostro obiettivo finale è ampio e intanto la mia speranza è quella di poter imparare da queste esperienze aspetti sconosciuti della nostra mente e comprendere come il cervello manipola l’informazione. Al momento, non vediamo nessuna barriera tecnica difficile da superare per produrre memcomputer digitali: è soltanto questione di tempo e di risorse».
Massimiliano Di Ventra è partito per gli Stati Uniti nel 1997 per un post-dottorato di qualche anno. «Ma viste le possibilità e le condizioni di lavoro — sottolinea — ho deciso di rimanerci. Però conservo ottimi rapporti con i colleghi del Politecnico di Torino, che ritengo un’ottima istituzione con professori e studenti di altissimo livello».