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 2015  luglio 05 Domenica calendario

QUANDO IL MOSSAD AMMAZZAVA GLI SCIENZIATI

A Teheran, su una collina alla periferia della città, sono visibili quattro enormi tendoni sotto i quali si vedono le carcasse di auto smembrate dalle bombe o con le portiere crivellate da colpi d’arma da fuoco. Si tratta del macabro memorial in ricordo degli scienziati nucleari morti nel corso della guerra ombra che aveva lo scopo di ostacolare la realizzazione del nucleare in Iran. Il memorial si trova all’interno del Museo della Sacra Difesa e della Cultura della Resistenza, una vasta struttura con giardini ben curati e un laghetto artificiale, meta di molte famiglie nelle calde serate del mese del Ramadan. Nel museo, padri e figli possono ammirare blindati, jet da caccia e missili, tutti ricordi della sanguinosa guerra scatenata da Saddam Hussein nel 1980, un anno dopo la rivoluzione iraniana.
Il programma nucleare iraniano e le sue vittime vengono celebrati in questo museo. Accanto ad ogni carcassa una targa ricorda, con nome e cognome, la vittima. Sulle vetture una pioggia di tulipani rossi, simbolo dell’amore e del lutto. All’ingresso un cartello ricorda il “grande scontro storico tra fede ed eresia e il movimento emerso dalla volontà contro la crudeltà dell’arroganza sotto la guida degli Stati Uniti e del sionismo”. Gli scienziati – così dice la targa – sono stati uccisi da agenti israeliani del Mossad. “Sono addolorata – dice una giovane donna seduta dinanzi alle carcasse delle vetture – erano tutti padri di famiglia. Ho visto in televisione un programma su di loro”.
L’ultima vittima è stata Mostafa Ahmadi Roshan, chimico e direttore dello stabilimento di Natanz per l’arricchimento dell’uranio, ucciso nel gennaio 2012. Il primo a cadere, Massoud Ali-Mohammadi, assassinato da una motobomba parcheggiata dinanzi a casa sua nel gennaio 2010. La rappresentazione olografica delle “Vittime del terrore” visibile nel museo, elenca i quattro scienziati uccisi dal Mossad definendoli “martiri nucleari”. Come milioni di compatrioti, Fateme si augura che tra due giorni venga finalmente firmato l’accordo nucleare malgrado un sentimento di profonda sfiducia nei confronti degli Stati Uniti. “Mio marito ha perso il lavoro in una fabbrica di cotone a causa del deprezzamento della nostra moneta”, dice. Ma tra le tante voci ce n’è anche una critica. È quella del professore universitario di Teheran, Sadegh Zikabalam, che non condivideva il programma nucleare e considera il memorial funzionale alla mistica della resistenza che piace tanto ai governanti iraniani. “Lo Stato vuole glorificare questi eroici combattenti che si sono opposti alle potenze occidentali per dimostrare che abbiamo sofferto la miseria e l’umiliazione, ma non ci siamo arresi”.
“I visitatori non sono poi molti”, commenta una delle guardie. “Le famiglie vengono la sera per prendere il fresco e passeggiare nei giardini e i giovani preferiscono andare a divertire. Il problema non è l’accordo nucleare. Il Paese ne ha ben altri”.
Carlo Antonio Biscotto, il Fatto Quotidiano 5/7/2015