Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 04 Sabato calendario

QUELLI DEL NO. “BASTA RICATTI E ULTIMATUM,MESSAGGIO DI DIGNITÀ”

[2 articoli] –
ATENE.
Sul lato sinistro del palco posto proprio davanti alla sede del Parlamento, c’è uno striscione con il verso di una vecchia poesia greca: «Piccolo popolo che combatte senza spade né pallottole per il pane di tutte le genti». Non ci sono indici né vincoli da rispettare in piazza Syntagma, si parla solo al cuore (e alla pancia) di una nazione che non sa bene fin dove far arrivare il proprio orgoglio. E Tsipras punta su quello, per convincere i propri connazionali spaccati a metà.
Lo fa mandando un messaggio trasversale: «Qualsiasi sarà il risultato del referendum, la Grecia ha vinto. Ha dato una prova di democrazia. E nessuno può permettersi di mandarci via dall’Europa». Tutti i sondaggi parlano di un testa a testa, gli scostamenti sono di un punto o al massimo due, per qualcuno (come Bloomberg) è avanti il “no” e per qualcun’altro è avanti il “sì”. C’è una fetta consistente di indecisi che non sa bene di chi avere più timore, se dell’autodeterminazione — con annesso paventato strapiombo — o se di nuovi dolorosi sacrifici, ma con il terreno sotto i piedi. Il referendum si farà: l’ultimo dubbio lo ha cancellato il consiglio di Stato respingendo il ricorso sulla presunta incostituzionalità della consultazione Di certo le immagini dell’imponente manifestazione per il “no” che anticipa il voto di domani sono una dimostrazione di forza. Perché nonostante tutto il consenso del premier greco resta alto. Tsipras arriva con le canoniche due ore di ritardo a serata inoltrata tra gli applausi, parla undici minuti e fa un discorso tutto centrato sul proprio paese: «Il mondo in questo momento sta guardando questa piazza — dice — così popolo greco oggi non protestiamo, questa è una festa della democrazia. La democrazia è gioia e libertà e dobbiamo festeggiarla. Lunedì saremo vincitori comunque vada, la Grecia ha mandato un messaggio di dignità all’Europa». Nessun riferimento diretto al “sì” o al “no”, nessuna menzione di eventuali dismissioni: «Le pagine migliori della nostra storia sono quelle di quando ci siamo trovati di fronte a degli ultimatum. Non fatevi terrorizzare. Non ci divideremo, cammineremo uniti comunque vada ». E poi, «con calma, con cuore e decisione scegliete per una Europa solidale. Nessuno può nascondere che la ragione è dalla nostra parte. Che questo paese è la culla della democrazia. Respiriamo aria di libertà, la Grecia ha vinto, la democrazia ha vinto, con dignità e contro la paura, dopo cinque anni di distruzione».
In piazza c’è anche una bandiera dell’Europa e il primo a parlare è un tedesco, un rappresentante della Linke tedesca. Sono i compagni di banco di Syriza a Bruxelles; poi è il turno degli spagnoli di Podemos. «Il futuro è vostro e non della troika — grida l’eurodeputato Miguel Urbán — non se lo aspettavano ma si sono trovati di fronte un popolo di valore ». Sul palco c’è anche lo Sinn Fein irlandese. È la piccola internazionale radicale che si aggira per l’Europa, tutto pur di rompere la sensazione di isolamento e per dimostrare che in ballo c’è la richiesta di cambiamento delle politiche europee e non il ritorno alle piccole patrie.
Il grande e storico oxi greco è quello del 28 ottobre 1940, festa nazionale, quando Ioannis Metaxas — che pure era un dittatore — negò l’ingresso delle truppe di Benito Mussolini. Oggi non ci sono carri armati al confine, ma come recita uno striscione dei tifosi dell’Aek Atene srotolato poco prima del discorso di Tsipras «questa Europa è come il nazismo: nessun passo indietro».
Una manifestazione di orgoglio nazionale quindi, ma anche di tensione. Per almeno mezz’ora l’aria si fa incandescente. Infatti alle sei e mezzo da via Ermou, a un passo dal ministero delle Finanze, arriva un corteo di un centinaio di anarchici con le bandiere rosse e i caschi integrali in mano. Le bandiere sono più che altro una scusa per avere dei bastoni in mano. Costeggiano Syntagma e in teoria si dirigono verso lo stadio Panathineo, dove si tiene in contemporanea la manifestazione del “sì”. Sanno benissimo che le forze dell’ordine dovranno fermarli.
È quello che avviene: la polizia spara i lacrimogeni, arrivano anche gli agenti in motocicletta, qualcuno di loro viene disarcionato dai manifestanti e picchiato con le mazze; di risposta un ragazzo viene trascinato via con la forza per essere arrestato, sono momenti di caos. Gli agenti indietreggiano e, come da prassi da quando Syriza è al governo, si allontanano. Ma è la prima volta in sei mesi, raccontano, che c’è stato un contrattacco dei militari.
Scontri che inevitabilmente si trasformeranno in uno spot per l’altra Grecia, che da giorni evoca il caos se mai dovesse vincere il “no”.
Matteo Pucciarelli, la Repubblica 4/7/2015

***

QUELLI DEL SÌ. “UNICO VOTO PER RESTARE NELL’EURO E NELLA UE” –
ATENE.
«Il nostro giorno non è oggi, è domenica », mette le mani avanti Anastasia Paleologou smanettando sul suo smartphone. Fino a un secondo fa ha tenuto ben alta sulla testa la sua professione di fede «Sì, credo e appartengo all’Europa», è scritto nero su bianco sul cartellone. Ora, cercando di non farsi vedere dai vicini, sta controllando in streaming come vanno le cose nella piazza dell’Oxi, 500 metri più in là. E le riprese dai droni trasmesse su tutte le tv nazionali le hanno fatto una brutta sorpresa: a Syntagma, dove è schierato l’esercito del “No” c’è — almeno ad occhio — molta più gente di quella che è arrivata qui davanti al meraviglioso stadio del Panathinaikos per dare l’ultima spinta al “sì”.
«E’ la prima manifestazione della mia vita — confida Stergios Giannodis, tenendo per mano i due figli con bandiera arancione del “Nai” d’ordinanza in mano — Ma domenica si decide il futuro dei miei ragazzi. E non potevo mancare». Parte l’Inno, l’Inno alla gioia. Sventolano nel maestrale serale centinaia di bandiere della Grecia mescolate a quelle dell’Europa. «Ci portano fuori dall’euro» è l’urlo di guerra che Antonis Samaras, ex premier del centrodestra, ruggisce da giorni. Qui ne sono convinti tutti. «Non si faccia ingannare dai numeri delle piazze — esorcizza le immagini tv Giorgos Xoristras, 23 anni, tornato da Londra dove studia per votare — La folla che vede davanti al Parlamento sono in gran parte quadri di Syriza mobilitati per l’occasione. Questa invece è la manifestazione della gente qualunque. Gli operai, i commercianti, i pensionati che pagheranno il conto più salato alle folli scelta del tandem Tsipras- Varoufakis. Dilettanti allo sbaraglio». Non che dei professionisti ci sia troppo da fidarsi. Il vero problema del fronte del sì è che a sostenerne la causa nei giorni scorsi si sono presentate esattamente le stesse persone che hanno portato il paese nel baratro negli ultimi decenni.
Dal limbo di un silenzio un po’ misterioso durato sei anni è spuntato Kostas Karamanlis (che molti davano in ottimi rapporti con Alexis Tsipras), titolare dal 2004 al 2009 di un esecutivo che ha gonfiato di debiti il bilancio nazionale. “Fatichiamo a rinnovarci, non presentiamo facce nuove — ammette Irene Broutsas, un’altra dei non tantissimi giovani presenti in piazza — E alla fine sembra sempre più nuovo di noi un volto già vecchio come quello di Tsipras ».
Vero. Il cartello del sì — facendo le prove generali di un governo di unità nazionale per il dopo elezioni — prova stasera a tenere nascosti i tirannosauri del bipartitismo ellenico e a proporre qualche faccia nuova. Furoreggia il partito dei sindaci. Sul palco sale George Kaminis, amatissimo sindaco della capitale: «Non date retta alle sirene di Syriza — arringa la folla — Sono passati 5 mesi in cui non sono riusciti a fare uno straccio di accordo e hanno distrutto l’economia nazionale. E ora hanno la faccia to- sta di dirci che, se vincono, fanno un’intesa con i creditori in 48 ore! Fantascienza». Lui e il primo cittadino di Salonicco Yannis Boutaris, rampollo della famiglia titolare dell’omonimo marchio di vini, sono la speranza di questa piazza per riuscire davvero a voltar pagina.
«Non ci facciamo illusioni — confessa Stelios Papagiannou, un avvocato all’esordio in piazza — . Che vinca il sì o il no, si andrà ad elezioni molto presto. E il rischio è che comunque vada alla fine vinca di nuovo Syriza». «Comunque si voti — dice Samaras — bisogna che lunedì si serrino le fila e si resti uniti». Chi ha orecchie per intendere, intenda. Nea Demokratia, forza egemone davanti al Panathinaikos, si candida a fare da pivot al grande governo di unità nazionale che potrebbe decollare con la vittoria del sì. Un minestrone con il Pasok, To Potami e le colombe di Syriza con cui approvare le riforme e approvare un terzo piano di aiuti con i creditori prima di tornare alle urne.
Parte l’inno nazionale greco. Tutti sull’attenti, mano sul cuore. La folla sciama verso casa. E il deflusso è rapido e tranquillo, con la polizia che ha anche aperto la strada che passa proprio di fronte a Megarou Maximos, la residenza di Tsipras. Lontano, dal Parlamento, arriva l’eco del comizio del premier e gli applausi della folla oceanica del no. «In ogni caso la Grecia ha dato un’altra lezione di democrazia a tutti », dice avviandosi a casa Anastasia trascinando il suo cartello come una reliquia. I numeri della piazza non buttano bene. Ma il cartello del sì sorride lo stesso. La sua giornata, alla fine, è domenica.
Ettore Livini, la Repubblica 4/7/2015

Matteo Pucciarelli e Ettore Livini, la Repubblica 4/7/2015