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 2015  luglio 04 Sabato calendario

«NOI, COLOSSO CINESE CHE GUARDA ALLE PMI»

[Intervista a Wang Hongzhang] –
Wang Hongzhang è approdato a Milano per tenere a battesimo la nuova filiale di China construction bank al termine di un lungo giro che l’ha portato a visitare le capitali di mezza Europa. Il banchiere ha voluto concedere questa intervista in esclusiva al Sole 24 Ore, il giornale delle imprese italiane, in pratica proprio quelle alle quali China construction guarda con maggiore attenzione.
Wang Hongzhang è approdato a Milano per tenere a battesimo la nuova filiale di China construction bank al termine di un lungo giro che l’ha portato a visitare le capitali di mezza Europa. Ultima tappa, prima dell’Italia, è stata Parigi. Ma è in Italia, per sua stessa ammissione, che China construction bank, seconda banca cinese per capitalizzazione di borsa, potrà esprimere al meglio i suoi obiettivi. Il banchiere ha voluto concedere questa intervista in esclusiva al Sole 24 Ore, il giornale delle imprese italiane, in pratica proprio quelle alle quali China construction guarda con maggiore attenzione. Segnale non secondario, la sede della banca sarà nel “Diamantino” di Porta Nuova, l’area ristrutturata dalla Hines di Manfredi Catella, una Milano che guarda, deliberatamente, al futuro.
Mr. Wang Hongzhang, lei da tre anni è il chairman di China Construction Bank, un gigante che vanta oltre 14mila filiali e circa 300mila dipendenti, e che è tra le quattro più grandi banche cinesi accanto a Agricultural Bank of China, Industrial and Commercial Bank of China e Bank of China. In cosa si caratterizza CCB rispetto alle altre banche cinesi concorrenti?
La nostra banca ha sostanzialmente la stessa struttura delle altre grandi banche cinesi. Ha però dalla sua un focus molto deciso sulle opere infrastrutturali e sugli interventi in favore delle medie e piccole imprese. Inoltre, ci contraddistinguiamo per la grande managerialità del nostro personale, un elemento che ci caratterizza in maniera decisa anche rispetto al panorama cinese. Una delle cose che abbiamo dovuto considerare è stata la qualità del servizio che in banca è un elemento essenziale. Abbiamo imparato molto dal caso BoFa.
Infatti, CCB ha cominciato anni fa ad attuare la strategia Go Global, prima è stata quotata alla Borsa di Hong Kong nel novembre del 2005, raccogliendo ben 9,23 miliardi di dollari. Poi circa sei anni fa è entrata in una porzione consistente del capitale di Bank of America attraverso il ramo di BoFA di Hong Kong e Macao. Come valuta dunque questa operazione realizzata sul fronte americano?
Il Go global rappresenta solo una parte di questa nostra marcata specializzazione sui mercati stranieri. Per quanto riguarda l’operazione su BoFa che risale a qualche anno fa le considerazioni che oggi possiamo fare sono davvero ottime. Avevamo acquisito attraverso la filiale di Hong Kong e Macao come lei ben ricorda decine e decine di sportelli. Questo ci ha permesso di affinare le nostre competenze nel private banking che ancora oggi rappresentano il nostro fiore all’occhiello. Lo scambio formativo con gli Usa – decine anche di nostri addetti sono andati in America per stage sul campo - ci ha permesso di fare passi in avanti nel modello di gestione bancaria. In definitiva, anche se BoFa sarà nel business solo fino al 2016, China construction bank ha comunque acquisito valore aggiunto. Il che la rende capace di affrontare meglio le sfide dell’internazionalizzazione. Per China construction bank andare all’estero è sempre stato un fatto naturale. Ricordo che siamo l’unica banca autorizzata al clearing in Amercia Latina, un’area completamente nuova per la Cina.
Adesso la sua banca ha deciso di muovere le pedine anche in Europa. Ci può spiegare come pensate di posizionarvi nei diversi Paesi europei? Ci saranno delle differenze tra Italia e Spagna o Francia, ad esempio?
In questo momento si è aperta una nuova era nell’economia cinese. In Europa nonostante le difficoltà e la crisi abbiamo notato dei segnali positivi. La stessa Italia, ieri ero a Roma a parlare con il consigliere economico del premier Matteo Renzi, mi spiegavano che un passaggio c’è da meno zero a più zero per la crescita economica. Ciò che manca in molti Paesi europei è il capitale che, invece, in Cina in questo momento abbonda. Anche in questo caso il nostro modello di banca si presta a operazioni positive per entrambe le parti. Da un lato le nuove acquisizioni da parte della Cina alla quale mancano talvolta competenze tecniche. mentre dall’altro lato alle pmi italiane manca il capitale necessario per crescere. I rapporti con l’Italia in ogni caso migliorano, la bilancia commerciale ha raggiunto un volume di ben 47 miliardi di dollari. Le prospettive di miglioramento esistono. Vorrei ricordare che noi di China construction bank abbiamo avuto un ruolo importante nel deal tra China chemical e Pirelli, questo vuol dire che siamo pronti a fare altrettanto con altre aziende di interesse per la Cina. Se siamo stati effettivi in questa operazione vuol dire che possiamo fare altrettanto in simili casi, anche con realtà più piccole. Questa è la nostra vera mission. Utile sia per l’Italia sia per la Cina, entrambe caratterizzate da realtà di medio calibro dal punto di vista aziendale.
L’Italia nel 2014 ha registrato un vero boom di operazioni di merger & acquisition con realtà cinesi. A quale tipo di strategia pensate? Le aziende cinesi sono incentivate dal Governo di Pechino a fare sempre di più e meglio fuori dalla Cina. Una banca come CCB cosa può fare per facilitare questo incontro?
L’Italia può essere davvero il Paese di elezione per la nostra attività. Intanto devo dire che abbiamo sottoposto l’Italia a un’attenta indagine preliminare. Le cose che abbiamo valutato sono tre, come facciamo di solito in casi come questo, quando dobbiamo decidere se aprire o no una nuova filiale in un nuovo Paese. Il sistema nel complesso, poi l’attrattività del Paese per gli investimenti, infine se la struttura combacia con la nostra cultura di intervento e con i nostri interessi. Abbiamo anche notato che il sistema di controllo bancario italiano è molto sviluppato, questo è sicuramente un valore aggiunto dal nostro punto di vista. L’Italia sta procedendo nella riforma del sistema bancario e anche questo è molto importante nella valutazione dell’intero Paese.
La Nuova Via della Seta arriverà anche in Italia, che ruolo potrà avere CCB in questa strategia di investimenti che tanto sta a cuore al presidente Xi Jinping?
La Nuova Via della Seta rappresenta un importante strategia del Governo cinese. Tra Oriente e Occidente non è mai mancato il legame storico e culturale che ora si sta rafforzando con una ben maggiore ampiezza. L’Italia è fondamentale nell’importanza dello sviluppo umanistico. Ricordiamo che la strategia «One belt one road» prevede almeno 60 tappe per attività collegate alla New Silk Road e trasporto e comunicazione sono i punti di forza della nostra banca. Noi siamo pronti. Esiste una notevole serie di attività che noi stiamo seguendo attentamente circa 10 delle nostre filiali si trovano lungo la Via della Seta. Il problema in tutti questi casi è sempre il grande fabbisogno di capitale.
Secondo lei sono possibili alleanze tra CCB e istituti bancari italiani o europei per comuni operazioni?
Il sistema bancario italiano è solido. Direi che la questione è importante, la collaborazione è fattibile, ma a patto di costruire una solida piattaforma che funzioni da velocizzatore degli interventi stessi. Si potrà lavorare anche su questo fronte.
Lei personalmente ha una lunga e importante carriera in People’s Bank of China e prima ancora in Icbc, una grande banca commerciale, la prima della Cina. Cosa le hanno insegnato queste esperienze passate? Come ha vissuto la richiesta del Governo centrale di dimezzare il suo stipendio?
Vero, la mia carriera è stata tutta all’interno del sistema bancario, una cosa di cui sono particolarmente orgoglioso e alla quale mi sono dedicato in tutti questi anni. Certo, il mio entusiasmo non è venuto meno e non è rapportabile al mio stipendio. Quando prendevo meno di quanto prendo adesso, la passione per il mio lavoro non era inferiore a quella attuale. L’esigenza di ridimensionare gli stipendi dei manager pubblici raccordandoli a quelli degli altri dipendenti è un obiettivo che va oltre la lotta alla corruzione, vuol semplicemente attribuire il giusto valore al lavoro anche di responsabilità. Ma come dicevo, per me non è cambiato nulla.
Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 4/7/2015