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 2015  luglio 04 Sabato calendario

MENTRE NELLA VICENDA DELLA GRECIA RECITA LA PARTE DEL FALCO, LAGARDE (FMI) VUOL SOTTRARRE A HOLLANDE IL POSTO DA PRESIDENTE

Pochi giorni fa Christine Lagarde si è dichiarata disponibile per un secondo mandato alla guida del Fondo monetario internazionale (Fmi), di cui è direttrice generale dal 2011. Ma pochi le hanno creduto, soprattutto in Francia, dove i sondaggi la accreditano come uno dei candidati più quotati nella corsa all’Eliseo che si terrà nel 2017, in gara con Nicolas Sarkozy, Francois Hollande e Marine Le Pen. Ancora pochi mesi fa, Lagarde giurava di non avere alcuna ambizione politica. Nel febbraio scorso, quando Arianna Huffington le chiese quante probabilità ci fossero di vederla all’Eliseo, liquidò l’argomento con tre parole: «Not a chance», non ce l’ho nemmeno in nota. Ma, da allora, molte cose sono cambiate. E perfino la vicenda della Grecia, dove il Fmi sta giocando un ruolo chiave, è diventata uno snodo cruciale per la sua carriera, che è a un bivio: essere confermata nel 2016 alla guida del Fmi, oppure puntare all’Eliseo nel 2017, sfruttando la popolarità conquistata in Francia grazie al Fondo monetario e ai primati della sua carriera.
Già, i primati. Le sue biografie ne elencano soprattutto tre. Il primo: nel 1999, a soli 43 anni, è stata la prima donna a diventare presidente del comitato esecutivo mondiale di Baker & McKenzie, prestigioso studio d’avvocati d’affari di Chicago, dove la Lagarde era entrata dopo uno stage con il deputato William Cohen, segretario alla Difesa di Bill Clinton. Assunta nel 1995, in appena quattro anni, Lagarde scala le gerarchie dello studio, fino a diventarne il numero uno. Cinque anni dopo, nel 2005, in virtù della sua esperienza e delle amicizie politiche, viene chiamata a fare parte del governo francese da Dominique de Villepin, e anche qui scala come un razzo la gerarchia dei ministeri: prima al Commercio estero, poi all’Agricoltura, infine all’Economia con il premier Francois Fillon (2007). E’ la prima donna a diventare ministro dell’Economia di un Paese del G8: secondo record. Il terzo arriva nel 2001, quando Nicolas Sarkozy la designa a prendere il posto di Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fmi, travolto dallo scandalo Sofitel, l’albergo di New York dove una cameriera l’aveva accusato di stupro. Anche qui, Lagarde è la prima donna a dirigere il Fmi.
Ora si dà il caso che in Francia, secondo i sondaggi, l’opinione pubblica (molto delusa da Hollande, che ha un gradimento del 23%) non vede l’ora di poter eleggere una donna come presidente della Repubblica, e che la Lagarde sia quella preferita. Un sondaggio condotto in aprile per la rivista femminile Femme Actuelle ha appurato che il 95% dei francesi vedrebbe con favore un presidente donna. E un’inchiesta del Journal du Dimanche ha rivelato che la direttrice del Fmi, con il 43% di gradimento, precede Martine Aubry (35%) e Ségolène Royal (30%), considerate le uniche candidate spendibili al di fuori del Front National di Marine Le Pen, che con il suo partito ha ottenuto il 25% nelle elezioni europee d un anno fa.
Per ora, di fronte a queste sollecitazioni, Lagarde dice che non ha alcuna tentazione politica. Anzi, in un’intervista recente a Challenges, ha ribadito di volersi ricandidare alla guida del Fmi. Dove però le sue quotazioni sono in ribasso, e lo sono a causa della Grecia. Tra i Paesi membri del Fmi, soprattutto tra gli emergenti, non pochi si sono lamentati per la durata della crisi greca, che va avanti da cinque anni, senza che se ne veda la soluzione. Troppo tempo, dicono, per un Paese che vale solo il 2% del pil dell’eurozona. Una fronda che via via si è ingrossata, in quanto alcuni Paesi membri giudicano eccessivi i prestiti accordati a un Paese dell’eurozona, rispetto a quanto è stato concesso in passato ad altri Paesi veramente poveri.
Non sono mancate, poi, alcune frecciate francesi. Strauss-Khan, ora assolto da tutte le ipotesi di reato, ha scritto un articolo per ammettere che nel 2010 fu un errore includere il Fmi nella Troika che doveva salvare la Grecia, insieme a Bce e Ue. Il problema era europeo, e i creditori dovevano restare separati. Allora era lui a dirigere il Fmi, ma la sua ammissione è stata vista come una censura per chi ha perseverato nell’errore. Concetto ribadito pochi giorni fa da Jacques Attali, ex consigliere di Francois Mitterrand: perché mai i Paesi asiatici e sudamericani dovrebbero voler salvare la Grecia? Il Fmi ha interessi lontani da quelli europei, e avrebbe fatto meglio a seguire una strategia diversa da quella di Bruxelles e Berlino.
Forse perché punta sul vivo da queste critiche, la Lagarde ha assunto via via una posizione sempre più dura nel negoziato con il governo di Alexis Tsipras, così che il Fmi è stato il primo a lasciare il tavolo del negoziato. Tavolo che subito dopo è stato rovesciato da Tsipras, con il rifiuto di rimborsare proprio una rata del prestito Fmi. Ora, prima di riprendere il negoziato con Atene, la Lagarde dovrà soppesare bene gli umori e gli equilibri interni al Fmi. Ne va della sua eventuale rielezione. Ma in gioco sa bene che c’è soprattutto la sua immagine di donna di potere, di decisionista dal polso fermo. Qualità che hanno fatto di Angela Merkel la donna più potente al mondo. Ma Lagarde, inserita da Forbes tra le prime cinque donne più potenti, è convinta di non esserle da meno. E se dovesse salire all’Eliseo, quello franco-tedesco diventerebbe un asse tutto femminile. Un altro primato? Possibile, ma il più difficile da conquistare.
Tino Oldani, ItaliaOggi 4/7/2015