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 2015  giugno 26 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ATTENTATI ISLAMICI IN QUATTRO PAESI CONTEMPORANEAMENTE


LASTAMPA.IT
Un venerdì di terrore. Con attacchi in quattro Stati di tre continenti diversi: Francia, Tunisia, Somalia e Kuwait. Non c’è ancora un bilancio finale delle vittime, ma gli occhi del mondo tornano a guardare con sospetto l’integralismo islamico. Al momento, però, non ci sono indicazioni che le stragi siano coordinate. Ecco tutto quello che sappiamo, per punti.

TUNISIA
• Due uomini armati hanno aperto il fuoco in una spiaggia a Soussa, a circa 140 km a sud di Tunisi, uccidendo una trentina di persone.
• Almeno uno dei sospettati terroristi è stato ucciso. L’altro è stato fermato dalle forze dell’ordine tunisine.
• Tra le vittime britannici, tedeschi e belgi. I feriti sarebbero almeno sei.
Due attentatori hanno attaccato oggi i turisti sulla spiaggia di Sousse, la terza città della Tunisia. Ci sono 30 morti, tra le vittime molti stranieri. I feriti sarebbero invece sei.
Analisi - La guerra jihadista contro i turisti per paralizzare l’economia (Molinari)
La dinamica
Gli attentatori hanno fatto irruzione in un resort composto da due hotel: l’Imperial Marhaba a Hammam-Sousse, nella zona turistica di Kentaoui, e il Port el Kantaoui. I terroristi sarebbero arrivati via mare a bordo di un gommone e avrebbero fatto irruzione sulla spiaggia. A quel punto uno dei due, vestito con degli short, come un normale turista, avrebbe aperto il fuoco con granate e un kalashnikov, nascosto sotto un ombrellone che teneva in mano. Uno dei terroristi è stato ucciso dalle forze di polizia durante lo scontro a fuoco avvenuto sulla spiaggia. Il secondo terrorista, che in un primo momento era riuscito a a fuggire, è stato arrestato in un secondo momento. Le persone sulla spiaggia sono tutte scappate nei rispettivi alberghi e si sono barricate nelle stanze, terrorizzate.
I racconti dei testimoni
«Pensavamo fossero dei petardi, ma abbiamo capito velocemente quello che stava accadendo», ha raccontato a Sky news un turista inglese, Gary Pine, che si trovava sulla spiaggia di Sousse.
Una donna di Dublino ha raccontato alla radio pubblica irlandese Rte di aver appena fatto in tempo a raccogliere i suoi figli dall’acqua, una volta sentiti i primi spari, per poi rifugiarsi in hotel. «Era circa mezzogiorno e ho visto a circa 500 metri da me una piccola mongolfiera venire giù e poi subito una sparatoria. Poi ho visto alcune persone correre verso di me, io pensavo fossero fuochi d’artificio». Poi, appunto, la presa di coscienza. «Ho pensato, “oh mio Dio, sembrano colpi d’arma da fuoco”, così sono corsa in mare, ho acchiappato i miei figli e le nostre cose e mentre correvo verso l’hotel i camerieri e il personale gridavano “correte! correte”! Così siamo corsi verso il nostro bungalow».
Nessuna rivendicazione
Il ministero dell’Interno tunisino conferma che i morti sono soprattutto turisti ma al momento non si conoscono le nazionalità, anche se le radio locali affermano che le vittime sono soprattutto tedesche e britanniche. Al momento nessun gruppo ha rivendicato l’attacco. Tuttavia nei giorni scorsi lo Stato islamico aveva lanciato un appello ad aumentare gli attentati nel mese di Ramadan.
Un utente Instagram ha pubblicato intorno alle 13.20 due fotografie che mostrano due corpi a terra, su una spiaggia. L’utente ha taggato le immagini con il nome dell’albergo oggetto dell’attacco.
Il commento di Maurizio Molinari
L’attacco terrorista a due alberghi sulla spiaggia di Sousse conferma la strategia jihadista di portare la guerra in Tunisia uccidendo i turisti stranieri. A quasi cento giorni di distanza dall’assalto al Museo Bardo di Tunisi - che causò la morte di 20 turisti, 2 tunisini e i due terroristi - i jihadisti tornano a colpire l’identico obiettivo degli stranieri ma con modalità diverse.
La strategia degli islamisti
Fare fuoco con i kalashnikov sui bagnanti che prendono il sole sulla spiaggia, fra ombrelloni, sdraio, asciugamani e docce in uno degli angoli più ricercati del Mediterraneo significa voler generare il terrore in qualunque straniero intenzionato a soggiornare nel Paese dei gelsomini. Che gli autori siano cellule nordafricane dello Stato Islamico (Isis) di Abu Bakr al-Baghdadi oppure kamikaze inviati dalla feroce Al Qaeda in Maghreb guidata da Moktar Belmoktar, l’obiettivo dell’offensiva jihadista è demolire il turismo straniero in Tunisia per paralizzarne l’economia nazionale e precipitare questo Paese nel vortice di violenze orrende che già tiene banco in Siria, Iraq e Libia.
L’incubo contagio dalla Libia
La Tunisia è un obiettivo per i jihadisti perché il governo guidato da Habib Essid è frutto di un accordo multipartito che include degli islamici moderati di Ennahda, rappresentando un raro esempio di coalizione fra le diverse anime del mondo arabo. Per Essid non si tratta tuttavia di un fulmine a ciel sereno: non solo per il precedente del Bardo, il numero record di tunisini volontari nei ranghi dell’Isis e la recente scoperta di cellule jihadiste interne ma per l’impatto della guerra civile nella confinante Libia, che ha trasformato il Sud in una regione segnata da violenze ed instabilità, frutto di ogni sorta di illegalità che il governo ha evidente difficoltà ad arginare. Proprio da questo confine libico-tunisino, per molti tratti oramai inesistente, potrebbero essere entrati i terroristi di Sousse.
Il crollo del turismo in Tunisia
di Giuseppe Bottero
«Siamo tornati un Paese sicuro, in cui gli italiani possono venire tranquillamente». Erano i primi di maggio e, durante la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la direttrice per l’Italia dell’Ente nazionale tunisino per il Turismo, Dora Ellouze, rassicurava i turisti italiani. «L’attentato al Bardo ci ha distrutto e addolorato, ma noi non ci siamo arresi e siamo rimasti in piedi». Rialzarsi, questa volta, sarà più complicato.
Granate e kalashnikov hanno colpito uno dei pilastri dell’economia locale: il turismo vale il 7% del Pil nazionale, dà lavoro a un tunisino su dieci. Ma dall’inizio dell’anno le presenze sono crollate: da Tunisi spiegano che, nei primi sei mesi del 2015, gli ingressi registrati sono diminuiti del 21,9%. E se si allarga lo sguardo a cinque anni fa, prima della rivoluzione, la picchiata fa segnare un -28,3 per cento.
A disertare sono stati soprattutto gli italiani: il calo rispetto al 2014 è del 48,7%. Poi ci sono i tedeschi (-26,3%) e i francesi (-24%). Ma è sceso pure il numero dei turisti magrebini. Qui, a pesare, è la flessione dei libici. «La situazione è sempre più preoccupante - racconta una tour operator italiana -. La Tunisia è sempre stata considerata una delle mete più tranquille del mondo arabo. Per noi la sicurezza dei luoghi è diventata una condizione fondamentale per la scelta delle mete». E infatti, da oggi, le cose tunisine spariranno dalle mappe delle agenzie. «Dopo ciò che è accaduto non consiglieremo più i viaggi in Tunisia», dice il presidente della Federazione Italiana Associazioni Imprese Viaggi e Turismo, Fortunato Giovannoni. «Pensavamo che dopo l’attentato al museo del Bardo la situazione fosse tornata sotto controllo, anche grazie alle rassicurazioni del Governo - spiega -. Tanto è vero che la Msc aveva annunciato che in autunno sarebbero riprese le soste in Tunisia. Adesso, però, la situazione ricomincia ad essere preoccupante, a maggior ragione per il fatto che ad essere colpito non sia stato un museo ma una struttura ricettiva. Con questo terrorismo non si scherza e i governi sono impotenti». Salma Elloumi, ministro tunisino del Turismo, lo sa benissimo: «E’ una vera catastrofe», taglia corto.
Ma i colpi assestati dai killer mettono a rischio anche una rotta storica per gli affari: la linea marittima Genova-Tunisi è uno dei principali «caselli del Mediterraneo per le rotte di passeggeri cosiddetti «etnici» e per le merci che fanno dell’Italia il secondo partner commerciale della Tunisia, con scambi bilaterali per quasi 5 miliardi e mezzo di euro e investimenti diretti italiani di oltre un miliardo.

FRANCIA
• Due sospetti terroristi hanno fatto irruzione in una fabbrica chimica della società americana Air Products, nell’Isère, Sud della Francia a una trentina di chilometri da Lione.
• La testa di un uomo, decapitato, è stata trovata nei pressi di un impianto di produzione di gas.
• Gli attentatori volevano «far esplodere tutto il sito industriale».
Attentato stamani nell’Isère, nel Sud della Francia. E l’integralismo islamico è ancora sullo sfondo della tragedia: la testa di un uomo, decapitato, è stata trovata nei pressi di un impianto di produzione di gas, dove due terroristi sono penetrati pochi minuti prima delle dieci. «Volevano provocare un’esplosione nel sito industriale», ha spiegato François Hollande. Il presidente ha anche confermato «il carattere terroristico dell’operazione ».
La dinamica
A essere colpita è stata una fabbrica della società Air Products, che si trova a Saint-Quentin-Fallavier, a una trentina di chilometri da Lione. Secondo quanto riportato dal sito del quotidiano locale Le Dauphiné Libéré, la vettura con i terroristi sarebbe entrata a sorpresa nel cortile della fabbrica, percuotendo una serie di bombole di gas. Altre sarebbero state fatte esplodere dal conducente dell’auto, che tra le mani aveva delle bandiere scritte in arabo. Non è chiaro se dietro l’attacco ci sia lo Stato Islamico.
Il veicolo utilizzato per l’attacco nel sito di gas industriale vicino Lione aveva un’autorizzazione ad entrare nella fabbrica e per questo non aveva insospettito la vigilanza. Lo ha rivelato il prefetto di Isere, Jean-Paul Bonnetain.
Arrestati due terroristi
Un uomo, sospettato di essere il terrorista è già stato fermato dalle forze dell’ordine. Si chiama Yassin Sahli, nato nel marzo 1980. La sua identità è stata confermata dal ministro degli interni, Bernard Cazeneuve, che si è subito recato sul posto. Risiede in una cittadina della stessa zona, Saint-Priest, vicino a Lione. E’ stato bloccato da un pompiere, poco lontano dall’impianto, e Cazeneuve lo ha ringraziato pubblicamente per il suo coraggio e il suo sangue freddo. Sahli non ha alcuna pendenza con la giustizia ma fino al 2006 era finito nel mirino dei servizi segreti per manifestazioni di radicalismo islamico. Quella sorveglianza, però, era stata poi interrotta. Un secondo uomo, probabilmente il complice di Sahli, è stato arrestato dalla polizia, ma al momento la sua identità è sconosciuta. La polizia ha fermato inoltre anche la giovane moglie di Yassin Sahli.
La vittima
La testa decapitata di un uomo, che non sarebbe un dipendente dell’Air Products, è stata ritrovata ad alcune decine di metri dallo stabilimento: una visione macabra, la pelle con iscrizioni in arabo, appesa a un’inferriata intorno al sito industriale. Ci sono anche due feriti ma in maniera leggera. La zona è circondata dalla polizia e da unità dei pompieri. La fabbrica si trova in un’area industriale classificata «zona Seveso», con produzioni chimiche a rischio e controlli particolari.
Hollande: non cedere alla paura
Hollande, che si trovava a Bruxelles per il Consiglio europeo, ha subito lasciato la capitale belga e ha convocato d’urgenza un consiglio di difesa alle 15:30 a Parigi. «Non abbiamo dubbi che volessero far saltare l’intero complesso industriale. Non bisogna cedere alla paura», ha detto il presidente francese. Intanto il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, ha già raggiunto il paesino di Saint-Quentin-Fallavier.
«La Francia deve armarsi di fronte al terrorismo islamico. Deve combatterlo e cacciare dal suo territorio nazionale ogni comportamento fondamentalista», scrive in un comunicato ufficiale la presidente del Front National, Marine Le Pen. Nella stessa nota la leader dell’estrema destra sostiene che “nulla è stato fatto negli ultimi anni contro il fondamentalismo islamico” in Francia e chiede a questo proposito che vengano prese “misure ferme e forti”, tra cui chiudere le frontiere nazionali e espellere dalla Francia “tutti gli stranieri sospettati di essere dei fondamentalisti”.

KUWAIT
• Un uomo con addosso una cintura esplosiva si è fatto saltare in aria durante la preghiera del venerdì nella moschea sciita al Imam al Sadiq di Kuwait City.
• Il nuovo bilancio ufficiale fornito dal ministero dell’Interno kuwaitiano è di 25 morti e 202 feriti.
• L’attacco è stato rivendicato dall’Isis.
Il bilancio provvisorio è di 24 morti e 50 feriti. Il luogo di culto era pieno di fedeli in preghiera per il Ramadan
Lo Stato islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attacco kamikaze contro la moschea sciita Imam al-Sadiq, nel centro di Kuwait City. La rivendicazione è giunta con un post pubblicato sui social network, in cui l’attentatore viene identificato come Abu Suleiman al-Muwahed.
Il bilancio provvisorio delle vittime è di 24 morti e circa 50 feriti, riferisce l’emittente Sky News Arabia, ma potrebbe aggravarsi ulteriormente, visto che la moschea era piena di fedeli in preghiera, nel secondo venerdì di Ramadan. Gli sciiti rappresentano circa il 30% della popolazione del Kuwait, che è complessivamente di 1,3 milioni di abitanti.
Il governo del Kuwait si è riunito per una riunione d’emergenza dopo l’attacco kamikaze. Non è la prima volta che l’Is prende di mira moschee sciite nella regione del Golfo. Nelle scorse settimane, due bombe sono esplose in altrettante moschee saudite. È però la prima volta che un attentato del genere colpisce gli sciiti del Kuwait.

SOMALIA
• Un kamikaze a bordo di un’autobomba si è lanciato contro una base militare dell’Unione Africana a Leego, 130 chilometri a sud della capitale somala Mogadiscio
• È di almeno trenta morti il bilancio dell’attentato
• La base è guidata dai soldati del Burundi che fanno parte dell’Amisom, la missione dell’Unione Africana in Somalia, che conta oltre ventimila militari nel Paese: i miliziani somali di al-Shabab avevano annunciato l’intenzione di intensificare gli attacchi contro i militari
Al-Shabaab attacca le truppe dell’Unione africana
Uccisi 35 soldati
I militanti di al-Shabaab hanno fatto scoppiare un’auto carica di esplosivo contro la base delle truppe di peacekeeping dell’Unione africana a Leego, 130 chilometri a sud della capitale somala Mogadiscio, e ne è poi seguito uno scontro a fuoco.
Un portavoce del gruppo terroristico al-Shabaab, Sheikh Abdiasis Abu Musab, sostiene che i militanti abbiano ucciso 35 soldati, ma spesso i terroristi forniscono bilanci delle vittime più alti rispetto a quelli che vengono poi confermati. La forza di peacekeeping, nota con l’acronimo Amisom, è composta principalmente da soldati di Kenya, Uganda e Burundi e lo scontro a fuoco ha coinvolto i militari del Burundi.