Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 26 Venerdì calendario

LA ROTTAMAZIONE DELL’ENIT SAREBBE STATA UN OTTIMO INIZIO DELLA SPENDING REVIEW DI RENZI. INVECE È ARRIVATA CHRISTILLIN

Nel giugno 2014 il premier Matteo Renzi aveva annunciato la rottamazione dell’Enit (Ente nazionale del turismo), un carrozzone noto per avere dato pessima prova nel promuovere il turismo italiano all’estero, ma efficientissimo nel dotarsi di stipendi da favola, visto che gli stipendi netti dei suoi dipendenti variano da un minimo di 9mila a un massimo di 17 mila euro netti al mese. Erano i tempi del Renzi 1, e la rottamazione di un ente tipicamente parassitario aveva fatto ben sperare: finalmente una spending review come si deve. Trascorso un anno, Renzi2 ha smentito Renzi1 e annunciato che l’Enit non sarà soppresso, bensì rilanciato da Evelina Christillin, già presidente del Museo egizio di Torino e del Teatro stabile torinese.
Il fatto che la Christillin sia un personaggio in vista dell’alta borghesia di Torino, ha attirato inevitabilmente l’attenzione dei giornali su quello che si definisce «capitalismo di relazione», di cui la signora è una campionessa. Da sempre vicina agli Agnelli, moglie di Gabriele Galateri di Genola, che è presidente delle Generali, la Christillin, in passato, ha organizzato con successo le Olimpiadi invernali di Torino, ed ha bene operato anche al Museo egizio, che avrebbe raddoppiato i visitatori. Sarà anche una «collezionista di poltrone», come dicono i suoi critici, ma puntare i fari solo su di lei, in questo caso serve a ben poco.
Il punto chiave della vicenda Enit non può essere la notorietà della signora Christillin, bensì la missione che le è stata affidata: rilanciare un settore strategico per l’economia italiana qual è il turismo, che ha un giro d’affari di oltre 162 miliardi l’anno, pari al 10% del pil nazionale, e dà lavoro a 2,5 milioni di persone. Rilancio più che mai necessario, visto che il World Tourism Barometer (aprile 2015) dice che, mentre nel resto del mondo il turismo sta crescendo del 4,4%, in Italia è fermo, mantenendo con fatica la sesta posizione in classifica tra le mete preferite nel mondo, dopo Stati Uniti, Spagna, Cina, Francia e Macao.
Come si rilancia il turismo? «Non ho una ricetta in tasca», ha risposto la Christillin al Corriere della sera. E già questo non è sembrato un buon esordio. Tanto più che, confessando di essere digiuna del settore affidatole, ha aggiunto: «Ogni dieci anni mi invento un mestiere, ascoltando e imparando da chi ne sa più di me. Tra sei mesi potrò dire se è un’idea buona o meno». Ed è così che l’Enit sta passando dalla rottamazione alla sperimentazione, come se l’ultimo anno della sua governance non avesse insegnato nulla.
Ecco un breve ripasso. Nonostante la cura dimagrante degli ultimi anni, l’Enit continua a succhiare dalle casse dello Stato circa 20 milioni di euro (erano 48 milioni nel 2005): più della metà se ne va in lauti stipendi per i 190 dipendenti, sparsi per lo più in 23 sedi in giro per il mondo, mentre alla promozione del turismo vera e propria sono destinati appena 5 milioni. Nel tentativo di rimettere ordine, un anno fa Renzi e il ministro del Turismo, Dario Franceschini, hanno nominato un commissario straordinario, Cristiano Radaelli, con il compito di trasformare l’Enit da ente pubblico non economico a ente pubblico economico. Un cambiamento radicale: nel secondo caso (ente pubblico economico), l’Enit dovrebbe infatti uscire dal perimetro della pubblica amministrazione, e i suoi dipendenti verrebbero pagati in base a un contratto di lavoro di tipo privato (quello del turismo), dopo un’adeguata selezione.
Il commissario Radaelli, bocconiano con un curriculum prestigioso, con alle spalle un’esperienza ai vertici di Siemens e Nokia, ha svolto il suo lavoro con puntualità, nonostante gli ostacoli frapposti dal direttore generale Andrea Babbi, che incautamente era stato lasciato al suo posto con tutte le deleghe operative. Nel giro di sei mesi, Radaelli ha riscritto lo statuto dell’Enit e l’ha inviato a Palazzo Chigi, dove però è rimasto in giacenza per alcuni mesi. Forse perché pressato dagli impegni, Renzi lo ha firmato solo a marzo. Poi il nuovo statuto Enit è transitato alla Corte dei conti, che l’ha bloccato per altri due mesi, prima del benestare. Pare che una mano a questi ritardi l’abbia data lo stesso direttore generale Babbi, da sempre vicino a Comunione e liberazione, nominato a suo tempo su indicazione dell’ex ministro Maurizio Lupi. Una nomina giudicata irregolare da un sindacato (Fialp) e denunciata alla procura di Roma, che ha aperto un’indagine su Babbi e altre 17 persone per concorso in truffa, falso in atto pubblico e altri reati, a seguito della quale Babbi si è dimesso a metà giugno.
Di tutti questi ritardi, Renzi e Franceschini sono stati tenuti informati per iscritto da Radaelli, che vista l’impossibilità di fare lavorare l’Enit in modo efficiente, ha proposto di fonderlo con l’Ice (Istituto commercio estero). Idea che è stata fatta propria da 64 dipendenti Enit, convinti che, in questo modo, non perderebbero lo status di dipendenti pubblici, né le preziose indennità. Per questo, i 64 hanno scritto una lettera a Renzi per sollecitarlo a «porre fine alla laconica agonia dell’Agenzia», fondendola nell’Ice. Ovviamente con un obiettivo opposto a quello suggerito da Radaelli, che voleva l’Enit fuori dal perimetro pubblico, e di fatto la sua fine. In ogni caso, anche il commissario esce ora di scena, e lascia la poltrona di comando alla Christillin. Con tanti saluti alla rottamazione.
Tino Oldani, ItaliaOggi 26/6/2015