Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 26 Venerdì calendario

IL FMI E IL TRASFORMISMO ELETTORALE CHE HA PORTATO UN MARE DI GUAI

Quale che sarà in queste ore l’esito del duro confronto a Bruxelles sul salvataggio della Grecia, dopo che l’Eurogruppo si è concluso nel pomeriggio di ieri con un nulla di fatto e mentre si intrecciano ottimismo e pessimismo, con il solito Wolfgang Schaeuble che ha contestato, a un certo punto, arretramenti e mancanza di novità nella posizione ellenica e altri leader (a cominciare da Hollande) che invece dichiarano di volere l’intesa a tutti i costi, l’aspetto emerso con maggiore evidenza in queste giornate è stata l’asprezza della contrarietà del Fmi con Christine Lagarde alle proposte presentate da Alexis Tsipras. Il punto centrale dell’opposizione è stata la critica del programma greco, ad avviso della Lagarde nettamente sbilanciato sull’aumento delle imposte. Il direttore ha potuto cogliere l’occasione non solo del ribadimento della linea del Fondo, che è diventata un vero ideologismo, sulla necessità di un intervento prioritario e assorbente sulla spesa, ma ha pure avuto modo così di corrispondere ai dubbi e alle contrarietà dei Paesi emergenti partecipanti allo stesso Fondo, nonché di meglio definire un proprio identikit, che verosimilmente sarebbe apprezzato dalla maggioranza dei Paesi aderenti, in vista della scadenza della carica nel prossimo anno. Alla base di questa conciliazione di tre profili di interesse, vi è verosimilmente una non sufficiente fiducia nell’azione del governo ellenico, in particolare nella capacità di attuare il progettato inasprimento fiscale con conseguente realizzazione del corrispondente gettito e senza incidere negativamente sull’economia. Insomma, la linea del Fondo, finora risultata perdente in non poche realtà, trova rispondenza in una concreta situazione che, se ci si ferma alla superficie, potrebbe confortarla. Ma la pervicacia del dissenso della Lagarde ha portato Tsipras a parlare di una sorta di boicottaggio dell’intesa da parte del Fondo. È noto che quest’ultimo fu invitato a partecipare al piano di salvataggio ellenico per una forte spinta della Germania, mentre contrarietà erano state espresse dalla stessa Bce e da altri Paesi che ritenevano necessario pervenire a una soluzione esclusivamente europea. Fu dunque una partenza sbagliata, annoverabile tra le diverse scelte negative che dall’inizio della crisi sono state compiute sotto l’impulso del governo tedesco.
L’atteggiamento del Fondo è stato in questi anni ambivalente: nella Troika incarnava la linea dura, vestale del rigorismo a oltranza; invece, nelle dichiarazioni soprattutto della Lagarde, poneva l’accento sulla necessità di rilanciare in generale l’economia e sembrava criticare la scelta comunitaria della cosiddetta austerità espansiva. In qualche circostanza madame Lagarde ha contestato apertamente la strategia della Bce perché, a suo tempo, temporeggiava nell’espandere la liquidità, incontrando però la dura replica di Mario Draghi. Qualche volta, dopo la diffusione da parte dell’Fmi di stime e analisi sulle condizioni finanziarie nell’Unione particolarmente allarmanti, si è detto che esso agiva come un grande fondo di investimento. Sul debito greco e, in particolare, sulla sua ristrutturazione le posizioni del Fondo sono risultate oscillanti. Poi, è sopravvenuta la fase della riflessione critica sulla politica di austerità, ma ciò è stato merito esclusivo del capo economista del Fondo, ora in uscita, Olivier Blanchard, apprezzato anche dai più aspri critici del Fondo, quali sono, tra gli altri, i Nobel Stiglitz e Krugman. Sempre pronto a trovare negli altri - Paesi, istituzioni, banche - aspetti negativi, mai finora l’Fmi si è fermato a riflettere sulla necessità di un’autoriforma, comprensiva pure di una più netta distinzione di compiti nei confronti della Banca mondiale.
Le proposte formulate da più parti nel vivo della tempesta finanziaria perfetta per una rivisitazione del Fondo, oggi a circa settanta anni dagli accordi di Bretton Woods che lo istituirono, per farne, per esempio, come a suo tempo si disse una Centrale di allarme delle crisi internazionali, sono rimaste lettera morta. Ora, però, la vicenda greca non può essere né un terreno di ulteriore sperimentazione delle politiche del Fondo, come è accaduto con esiti fallimentari diversi anni fa in diversi paesi dell’America latina, né un caso in cui questa Istituzione voglia esercitarsi nell’essere sola contro tutti, sostenendo le proprie linee senza mediazione alcuna. È sperabile che nella notte passata e, se necessario, in queste ore l’evoluzione delle trattative di Bruxelles, alla luce dell’affermazione del pragmatismo e della capacità mediatoria conduca a un risultato concreto non negativo. Angela Merkel ha continuato, però, a escludere una soluzione politica e ha ribadito che l’accordo va trovato nell’Eurogruppo. Il passaggio è delicatissimo: si è vicini a un’intesa, ma anche altrettanto vicini a una rottura e al precipizio. Un’impasse che fosse dovuta all’atteggiamento non realistico dell’Fmi non è detto che procuri i vantaggi sperati nei confronti dei Paesi emergenti e nella prospettiva elettorale del prossimo anno, perché, anche se questi esiti si verificassero, poi essi verrebbero più che ridimensionati dall’avere il Fondo fatto fallire un negoziato, difficile quanto si vuole, ma certamente suscettibile di essere sbloccato. In ogni caso, ciò che è avvenuto, sperando che quando queste note saranno pubblicate l’impasse sarà stata superata, rilancia la necessità di una revisione istituzionale e funzionale del Fondo.
MilanoFinanza 26/6/2015