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 2015  maggio 28 Giovedì calendario

SESSANTADUE OPERAI MORTI PER PARTITA. IL PREZZO FOLLE DEGLI STADI IN QATAR

«Mi erano stati promessi 370 dollari ma una volta qui mi hanno detto che avrei guadagnato la metà e finora non ho ricevuto nulla. Non ho contratto né documenti, mi alzo ogni giorno alle 4, faccio colazione e doccia e poi lascio l’area industriale dove vivo in una stanza con 7 uomini per essere in cantiere a Doha alle 6». Ranjith ha 28 anni, è arrivato pochi mesi fa dallo Sri Lanka dopo aver chiesto un prestito di mille dollari a un tasso del 36% per sgobbare nei cantieri dei Mondiali 2022. La sua storia è una delle tante denunciate dall’ultimo rapporto di Amnesty International sull’abuso del milione e mezzo di lavoratori immigrati in Qatar. Ranjith, come gli altri, non può mollare perché il sistema feudale della «kafala» assegna al padrone ogni diritto, compreso quello sul suo passaporto.
Da un anno e mezzo le organizzazioni umanitarie denunciano il sangue versato negli stadi in costruzione nel piccolo e ambizioso Paese del Golfo. Nel solo 2014 le morti bianche sono state 441 (i turni sono di almeno 12 ore al giorno a temperature di oltre 50° all’ombra): una cifra in aumento che, secondo il Guardian, continuando di questo passo ci porterebbe al fischio d’inizio con 62 vittime per ogni partita in calendario. Quando pochi giorni fa Doha ha negato agli operai nepalesi (un quarto del totale) il permesso di partecipare ai funerali dei parenti uccisi dal terremoto del 25 aprile, il governo di Kathmandou ha per la prima volta protestato ufficialmente.
Pressione internazionale
«La crescente pressione internazionale è positiva, da 10 anni mi occupo di migranti nel Golfo e le condizioni sono sempre state pessime quanto ignorate» spiega Nick McGheehan, ricercatore di Human Rights Watch. In realtà le promesse fatte un anno fa da Doha sotto il j’accuse dell’International Labour Organization sono rimaste pressoché lettera morta: «I lavoratori continuano a guadagnare 300 dollari quando guadagnano qualcosa, e la confisca dei passaporti resta la norma».