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 2015  maggio 28 Giovedì calendario

UNA CASTA DI INTOCCABILI CHE DECIDE LE SEDI DI MONDIALI E OLIMPIADI

House of Sports. Era l’ultima casta degli Intoccabili. Non a caso con sede in Svizzera. I padroni dello sport mondiale abitano qui. Pallone e Cinque Cerchi. Fifa a Zurigo e Cio a Losanna. Sedi private, giuridicamente impenetrabili, con poca trasparenza e nessun sistema di controllo. Dove le decisioni vengono prese da un piccolo vertice, senza dibattiti o spiegazioni. In modo del tutto bizantino, stipendi compresi. E dove un sistema medioevale di omertà, complicità e ricatti regna sovrano. Tanto è sport, diverte la massa, e non mancano i miliardi (con tangenti) da spartirsi. Stavolta tocca al calcio. Rendere conto delle sue malefatte e della sua presunzione di poter essere al di sopra di tutto e di tutti. Anche se gli Usa sono molto attenti alle accuse quando dall’altra parte c’è il sistema elvetico. Infatti si è mossa l’Fbi. La gola profonda è Chuck Blazer, americano, ex dirigente dell’esecutivo Fifa, già sotto inchiesta dell’Fbi nel 2011, ora gravemente malato di tumore, che due anni fa ha patteggiato con la giustizia americana.
È lui che ha permesso di iniziare a scardinare il sistema. Il trattato bilaterale tra i due paesi dà alla Svizzera il potere di rifiutare l’estradizione per reati fiscali. Ma questa volta si tratta di riciclaggio e di frode (150 milioni di dollari). Anche se la corruzione, viene definita in maniera particolare dal codice penale elvetico, che permette l’estradizione solo se questa è avvenuta nell’ambito dei media (diritti tv) e pubblicità. E di nuovo non è un caso che gli avvocati degli arrestati stiano studiando il caso del regista Polanski, che l’America voleva in carcere per un reato di stupro. Lo sanno tutti: l’assegnazione di Mondiali e Olimpiadi è tutto tranne che sportiva. E se c’è qualche peccatore come in ogni sistema mafioso viene eliminato dall’organizzazione in modo da poter dire al mondo: vedete come siamo bravi?
Indagare su Sport Pulito è complicato. Per la ramificazione e la frammentazione di contratti con società e sponsor. Nel ‘99 toccò all’allora presidente del Cio, lo spagnolo Juan Antonio Samaranch fare un po’ di pulizia nella sua sacra famiglia con il congresso straordinario numero 108. Per il voto venduto a Salt Lake City 2002. A Losanna il lago sonnecchiava, ma all’hotel Palace si votò l’espulsione di sei membri Cio, colpevoli di aver tradito la carta olimpica. I sei (Ganga, Arroyo, Abdel Gadir, Lamine Keita, Mukora e Santander) protestarono: cosa avevano fatto di male? Si erano fatti pagare una buona università per i figli, un buon dottore per la madre, degli ottimi pezzi di ricambio per le loro auto scassate, dei viaggi in prima classe, avevano accettato un po’ di cash per le loro finanze. Uno srotolò perfino il conto della sua carta di credito. Il congolese Ganga andò a protestare alla tv svizzera: «Se la prendono con me, scambiano un vecchio frigo per una macchina di lusso. A me che ho fatto parte della commissione marketing nessuno ha mai chiesto un parere sui contratti firmati del Cio, né me li hanno mostrati prima di approvarli. Loro guadagnavano e io dovevo stare a guardare. Loro sono santi, e io sono un bandito ».
Aveva solo venduto il suo voto a chi si era fatto avanti per comprarlo. Briciole, rispetto ai guadagni miliardari del Cio, dove sedeva gente, non sempre politicamente corretta: il generale nigeriano dalle mani sporche, l’amico di Idi Amin Dada, l’ex capo della sicurezza alla frontiera indo-pakistana, un alto dirigente della Samsung, quel Kun Hee Lee, multimilionario coreano che a Vancouver nel 2010 verrà riammesso nell’élite olimpica, nonostante la condanna in patria di evasione fiscale per 100 milioni di dollari. E pazienza se Lee aveva violato «i principi etici della Carta olimpica » e nel suo paese era stato condannato a 3 anni di carcere con la condizionale. Per il Cio solo un membro che sbaglia: «Ha ricevuto due delle tre sanzioni più dure che potevamo imporre ». Volevate mica espellerlo? Altri si erano dimessi prima: il membro libico Bashir Mohammad Attarabulsi, di professione insegnante di ginnastica, la finlandese Pirjo Haeggman, rea di aver venduto il suo voto in cambio di un lavoro al marito Bjarne.
C’era chi esigeva il pagamento di costose cure mediche, chi voleva per i suoi ragazzi borse di studio all’estero, chi pretendeva che la figlia, artista mediocre, venisse accompagnata da prestigiose orchestre filarmoniche, chi chiedeva terreni, donazioni, contributi per campagne elettorali, lavori per i parenti, cash, lobbies e agenzie pubblicitarie che esigevano miliardi per pacchetti di voti. Una piccola mafia olimpica che si arrangiava, sempre più aggressiva, che alzava il suo tariffario, e pretendeva sempre di più. Folklore a Cinque Cerchi in salsa svizzera. Dietro alle ultime decisioni Fifa e assegnazione dei Mondiali di calcio c’è invece una corruzione più sistematica e organizzata. Non qualche bandito, ma una malavita del pallone.