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 2015  maggio 28 Giovedì calendario

DALL’ANNO PROSSIMO SI AVRÀ A CHE FARE CON IL COSIDDETTO BAIL-IN. SVOLTA STORICA. PERÒ...

Il caso ha voluto che nella giornata in cui il governatore Ignazio Visco leggeva le Considerazioni finali e sollevava problemi riguardanti anche i rapporti con la Commissione Ue, nonché, più in generale, i processi di riforma che riguardano il sistema bancario pure a livello europeo, il Parlamento di Strasburgo abbia bocciato, con un solo voto di scarto, l’introduzione, benché in forma assai blanda e sulla base delle scelte da adottarsi dalle autorità nazionali, del vincolo di separazione tra banche commerciali e banche di investimento. Non si trattava, certamente, del Glass-Steagall Act, la cui abrogazione è alla base dell’esplosione, negli Usa, dei subprime e, dunque, della tempesta finanziaria perfetta scatenatasi nel 2008; né si voleva la previsione di una disciplina identica a quella della legge bancaria italiana del 1936, poi superata dal Testo unico bancario del 1993; neppure si trattava della Volcker rule che nemmeno gli americani hanno introdotto, pur compiendo dei passi avanti - con la riforma bancaria voluta da Obama - in questa direzione.
Ciò nonostante il Parlamento europeo ha votato la bocciatura, probabilmente per spinte contrapposte (tra chi ritiene la nuova normativa debole e chi, invece, non la vuole), sicché ora bisognerà riprendere il noto trilogo, tra Commissione, Consiglio e lo stesso Parlamento, per un nuovo testo normativo. Come si vede, quando le istituzioni europee sono chiamate a valutare e a promuovere vere riforme, allora, anche per l’azione delle varie lobby, ci si arresta e si va alla ricerca di compromessi, quasi sempre molto al ribasso. In questo caso la separazione delle predette attività - che presenta anche aspetti sui quali è opportuno riflettere, ma nel complesso, se fatta in maniera appropriata e senza le ampie discrezionalità nazionali, è positiva- costituisce uno degli impegni a suo tempo diffusamente condivisi da una pluralità di Paesi come necessari per tener conto delle cause della crisi globale e per predisporre gli opportuni antidoti. Un impegno completamente disatteso: passata la festa, gabbato il Santo. Invece la velocità è massima quando si devono adottare direttive comunitarie o misure similari che incidono sul capitale delle banche o su altri aspetti di importanza certamente minore rispetto alla separazione anzidetta. Qui sopravviene la constatazione delle oscillazioni nei comportamenti, in specie, della Commissione Ue e di quella convivenza al suo interno, di cui Visco ha fatto menzione nelle Considerazioni, adottando una terminologia molto delicata perché più direttamente si sarebbe dovuto parlare di contrasto, tra strutture tecniche ed embrione di un governo politicamente responsabile.
Su questa base e nell’identificazione che viene bizzarramente compiuta dalla Commissione tra politiche per attivare meccanismi di mercato e aiuti di Stato, si compiono passi avanti in istituti normativi -quale il costituendo fondo di garanzia europea dei depositi e il meccanismo unico di risoluzione delle crisi- sui quali sarebbe stata opportuna una maggiore meditazione. La scelta, infatti, che se ne ricava è quella di preferire dedicare lavoro e risorse per progettare come agire a valle (quando la crisi si è verificata) e non a monte, prima ancora degli stessi parametri riguardanti i bilanci, le norme sulla governance, le strategie, come invece sarebbe accaduto varando in maniera tempestiva ed efficace la disciplina sulla separazione. È giusto sollecitare, come Visco ha fatto, il Parlamento a recepire le due direttive sul fondo di garanzia e sulla risoluzione delle banche comprensiva del cosiddetto bail-in con l’approvazione della legge-delega alla quale seguirà il decreto legislativo del Governo, che dovrà introdurre il nuovo meccanismo a partire dal 1 gennaio. E ciò, come ha detto il Governatore, per la certezza del diritto e per evitare di essere messi in mora dalle istituzioni europee.
M nel recepimento potrebbero essere introdotti elementi che non contrastino frontalmente con la direttiva sulla risoluzione, ma che tengano conto, a proposito del bail-in, delle tradizioni e delle specificità nazionali. Fin qui, nessun risparmiatore, dopo il 1936, ha mai perso una lira (o un centesimo di euro) dei propri depositi bancari. Dal prossimo gennaio, alle crisi bancarie dovranno far fronte, in primo luogo, gli azionisti e i creditori (e ciò è in linea con quanto di fatto si qui praticato) ma anche i depositanti e gli obbligazionisti per la parte che non è garantita dalle misure di protezione nazionale. Da questo punto di vista, includendo cioè espressamente gli investitori e, soprattutto, depositanti e obbligazionisti per la parte non garantita, si può parlare di una svolta storica, ma non nel senso compiutamente positivo, anche se motivata dall’intento di sottrarre oneri al bilancio pubblico al quale potrebbero essere addossati per la tutela dei depositanti di banche in crisi. Di qui l’insistenza di Visco perché sia promossa un’opera capillare di informazione e perché l’acquisto di strumenti finanziari più rischiosi sia riservato a investitori professionali. Il tema si incrocia con quello, in generale, dell’informazione e dell’educazione finanziaria, il cui sviluppo appare sempre più necessario.
Angelo De Mattia, MilanoFinanza 28/5/2015