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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

MEGLIO MANGIARE I GATTI NATURE O I POLLI E I BOVINI ALLA CANDEGGINA CHE CI SARANNO IMPOSTI SE SARÀ APPROVATO IL TRATTATO INTERATLANTICO?

Nella Svizzera tedesca ci sono due semicantoni, Appenzell Interno, Appezel Esterno, indipendenti fin dal 1513, luoghi che, da sempre, sanno cosa sia la libertà, quella vera, vissuta giorno per giorno. Da tempo, seguo un piccolo caso, quello di un vecchio contadino di Haslen (in solitudine vive nel suo mini podere). Ora siamo giunti alla conclusione della vicenda. Il caso nasce quando il vecchio contadino si rifiuta di sottoporre a castrazione tutti i gatti della sua numerosa brigata, sollevando le ire della locale associazione animalista. Malgrado i suoi vicini si fossero detti disposti ad assumere loro i costi della sterilizzazione, lui non accetta. La motivazione alla base del suo rifiuto era sia filosofica: «Neppure gli uomini vengono castrati» (si vede che non conosce gli eunuchi di Bruxelles, Francoforte, Washington, e i nostri politici chiacchieroni); sia pratica: «Li allevo per mangiarli».
Il dibattito si fa rovente, anziché ricorrere alle denunce, a avvocati, peggio giudici, il giornale locale, St. Galler Tagblatt, si fa carico dell’istruttoria, interpella le autorità cantonali, il medico legale (cantonale), le Associazioni animaliste, il contadino, i suoi vicini, e tutti quelli che potevano interloquire. Ora, il St. Galler ha emesso la sentenza:
1 Secondo la legge cantonale, non essendo specificamente vietato consumare carne di gatto, è ammesso farlo (principio liberale).
2 È vietato invece commercializzare carne di gatto, non l’autoconsumo, considerato parte della propria economia domestica (altro principio liberale).
3 L’uccisione del gatto deve avvenire in modo conforme alla legislazione sulla protezione degli animali (i liberali rispettano la legge, figuriamoci le sentenze della Consulta).
Anche la Rete (Grillo, impari), pur non avendo alcun ruolo ufficiale, si è espressa: la maggioranza sostiene come non vi sia nulla da indignarsi, visto che si mangiano vitelli, conigli, maiali. Il consiglio più intelligente l’ha dato un giovane internauta: «Mangi pure i gatti che alleva ma salvi il suo gatto preferito, al quale è affezionato»: il vecchio contadino ha annuito. Le Associazioni Animaliste (di sinistra) hanno accettato il verdetto del giornale e della maggioranza dei cittadini. Bravi!
La sentenza morale l’ha però scritta un altro giovane internauta: «Chi non vuole mangiare il suo animale domestico non deve farlo, ma per favore smettetela di imporre alla gente regole riguardo a ciò che è giusto per voi». Grazie, amico sconosciuto, hai sotterrato nel ridicolo il politicamente corretto dei radical chic di tutto il mondo.
Ancora una volta la Svizzera, quella popolare, contadina, del buon senso, del referendum, della legge elettorale proporzionale, senza bisogno di Preture, Tribunali, Consulte, ha preso una decisione saggia. Pensate un caso simile in Italia, eppure è la stessa Italia il cui Premier si appresta a firmare baldanzoso (Renzi, la prego si fermi! La puniremo alle urne) l’osceno Ttip che costringerà i cittadini a mangiare carne grondante antibiotici e ormoni.
Nel Natale del 1943, in Lunigiana, dopo anni vissuti da vegani ante litteram, mio zio, tenendocelo nascosto, cucinò nel forno dove faceva il pane (era panettiere) il gatto, che aveva sottratto alle suore del convento di clausura. Una frollatura sul davanzale per una settimana, rosmarino e aglio, lo avevano trasformato in coniglio. Teniamolo presente, quando arriveranno carne e polli alla candeggina.
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Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 27/5/2015