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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

QUANDO VERRANNO A CHIEDERMI

[Intervista a Dori Ghezzi] –
Il terrazzo è come lui l’aveva voluto: pieno di piante, perché la città doveva scomparire alle loro spalle, anche se adesso i nuovi grattacieli dello skyline milanese bucano la coltre di campagna metropolitana. Il salotto ha una grande foto, libri ovunque e tanti ricordi. Come quella volta in cui «eravamo seduti proprio qui con gli amici, suona il citofono: è un mazzo di fiori per me. Dopo poco, di nuovo: un altro mazzo. E Fabrizio, un po’ seccato: “Ma che sta succedendo?”. Era il mio compleanno, se l’era dimenticato, non amava gli anniversari, e io non era sui fiori che misuravo il suo amore».
Di Fabrizio De André ormai sembra di aver sentito raccontare tutto, eppure ogni tanto affiorano nuovi dettagli, altre parole. Dettagli, parole e canzoni si ritrovano anche nel film di Gianfranco Cabiddu Faber in Sardegna & L’ultimo concerto di Fabrizio De André, che uscirà in sala solo due giorni – il 27 e 28 maggio – e che è diviso in due parti. Nella seconda, le riprese di un concerto dell’ultima tournée, estate ’98, interrotta dalla malattia che lo avrebbe portato alla morte l’11 gennaio dell’anno seguente. Nella prima parte, invece, più che il cantautore è protagonista il contadino: quello che ha ricostruito la tenuta dell’Agnata, che la notte faceva partorire le mucche, annaffiava il prato, imparava (male) a fare la pasta. E questo lo raccontano le persone – il fattore, la cuoca, il prete – che hanno lavorato fianco a fianco con lui e la moglie.
Dori Ghezzi oggi ha 69 anni e una frangetta bionda che ti fa fare un tuffo nel passato. Ma questo passato quanto ha poi ingabbiato la sua vita, nei ricordi che sembrano solo attendere il ritorno di lui?

Dopo Fabrizio, ci sono stati altri amori, altri ce ne potranno essere?
«Non ho chiuso la porta, ma non riesco più a provare interesse. Non è così semplice ricominciare, è più facile per una ragazza vergine che per una donna che ha avuto un amore così grande. Mi sono tolta qualcosa, a non cercare altro? Me lo chiedo a volte, forse dovrei domandarlo a un professionista ma ormai è tardi. E soprattutto per me non è un tormento, sono fatalista».
Prima di lui aveva avuto molti uomini? Per esempio, Gianni Rivera...
«Quella è un’invenzione, che ci ha anche fatto male: ero molto amica di Gianni, e i pettegolezzi su una nostra storia che non c’è mai stata ci hanno un po’ allontanati. Per il resto, sì, c’è stata una storiella con Mal. Ma il primo uomo l’ho avuto a quasi 22 anni, e non è che dopo abbia strafatto. Finché, a 28, ho incontrato Fabrizio. Io reduce dal successo di Casatschok, lui premiato per Tutti morimmo a stento: pensi che differenza fra noi».
Eppure vi siete trovati. Ai tempi, lui era già padre di Cristiano. È stato difficile instaurare un buon rapporto?
«Per me, è come un figlio. Anzi, rispetto a Luvi (la figlia di Ghezzi e De André, 37 anni, ndr), lui è quasi più dipendente da me. Certo, c’è stato un primo momento difficile, ma è stato subito superato».
Quando poi lei è rimasta incinta di Luvi, si è trasferita in Canada: voleva separarsi?
«No, ero molto tranquilla, quello con Fabrizio era stato un incontro benedetto e sarebbe rimasto tale anche fosse finito in quel momento. È una cosa che ho sempre pensato: se a un certo punto ci fossimo lasciati, non ci saremmo comunque persi. Quando aspettavo Luvi, me ne sono andata per evitare pettegolezzi, Fabrizio poi mi ha raggiunta».
Perché avete deciso di sposarvi, dopo quindici anni che stavate insieme?
«Non è che ne sentissimo la necessità, tanto che ci siamo dimenticati di comprare le fedi. Però a lui sembrava giusto, e me l’ha proposto. Io non gli ho mai chiesto nulla: doveva venire da sé, anche se desideri una cosa non puoi forzare una persona a fare ciò in cui non crede, bisogna avere fiducia».
Siete stati una coppia molto legata: questo può far sentire una figlia un po’ «estranea»?
«Guardi che Luvi ricorda molto bene anche le nostre litigate, non solo l’amore».
Lei non sembra una persona litigiosa.
«Non lo sono, ma quando è necessario combatto».
Per che cosa diventava necessario?
«Fabrizio ha sempre avuto un enorme rispetto per la libertà altrui. Però, per me era importante anche la forma, e lì c’era lo scontro. Con il tempo, ci sono arrivata: ognuno ama a modo suo».
Ha pensato mai di lasciarlo?
«Contrariamente a quello che si crede, io sono stata molto più dura di lui, per due volte ho chiuso davvero».
Perché?
«Sa che non lo ricordo?».
Quando vi siete trasferiti all’Agnata, allora quasi un rudere lontano da tutti, lei ha avuto dubbi nel cambiare così la sua vita?
«Io adoro la città. Però Fabrizio a un certo punto si è trovato a voler cambiare ogni cosa, era insoddisfatto, il suo Storia di un impiegato (del 1973, ndr) era stato criticato, e allo stesso tempo era sempre stato innamorato della campagna. Ma anch’io avevo frequentato la campagna, avevo passato tante estati nel Cremonese. Non è stato difficile seguirlo. E poi ogni giorno c’era qualcuno che suonava il campanello, veniva a trovarci».
E la sua carriera?
«Ho smesso con i concerti e mi sono adeguata ai miei tempi di donna. Il matrimonio deve essere mutuo soccorso, e io ho dato a lui altre prospettive, punti fermi e obiettivi».
Lui che cosa ha dato a lei?
«Ti immagini che quello che fai sarà sempre il tuo lavoro, invece lui mi ha aperto la possibilità di un’altra vita, che poi corrispondeva alla mia essenza, mi ha fatto scaturire le ali. Io ho sempre creduto molto nella famiglia, e questo secondo me ha colpito anche Fabrizio».
Siete anche riusciti a conciliare i vostri ritmi biologici: lui stava sveglio tutta notte, e lei come faceva?
«Io mi svegliavo, lui andava a letto. Però il tempo per stare insieme c’era comunque, mi creda».
Adesso chi vive all’Agnata?
«È affittata, e io mi sento un po’ sfrattata. Ma non poteva essere diversamente. Ci sono posti troppo legati a lui perché io possa starci. Per esempio, Fabrizio aveva firmato per comprare un budello a Genova con sotto un posto barca: si immaginava lì vecchio, ad andar per mare. Ma dopo aver firmato il compromesso si è ammalato, e io non ce l’ho fatta a tenermi quella casa, era troppo sua».
Come ricorda quell’ultima tournée del ’98, che fu interrotta per la malattia?
«Con l’emozione di sapere quanto ogni concerto fosse accolto da un grandissimo amore. E con dolore, Fabrizio soffriva ma non pensavamo fosse così grave, ogni anno lui faceva i controlli, invece in pochi mesi è successo il finimondo».
Chi di voi due è stato più coraggioso nell’affrontarlo?
«Lui certamente, anche se io cercavo di esserlo quando eravamo insieme. Ricordo quando all’improvviso non riuscì più a suonare la chitarra perché aveva perso la coordinazione dei movimenti...».
Ha avuto molte persone vicino?
«Sì, tanti amici».
Anche di Beppe Grillo De André era amico, tanto da essere stato testimone al suo matrimonio. Secondo lei, oggi che cosa direbbe del Grillo politico?
«Non condividerebbe. Lui era anarchico, Beppe continua a dire che non è un politico, però lo fa. Preferivo il Grillo dei concerti, quello anche irriverente e satirico, ma più brillante, che riusciva a colpire meglio di come faccia oggi».
Ho letto che è in preparazione una fiction su De André: lei che cosa ne pensa?
«Non sarà una fiction ma un film. Fabrizio non è da fiction: la Tv tende a omologare tutto per appagare il pubblico, quindi non riuscirebbe a mettere a fuoco l’essenza del personaggio. Nel film puoi essere meno didascalico, lavorare per metafore, un po’ come faceva lui quando scriveva. Ci sono già alcuni attori (fra cui Filippo Timi, nei panni di Luigi Tenco, ndr), ma manca il protagonista e manco io. È molto difficile trovare qualcuno che possa interpretare Fabrizio, forse si useranno immagini di repertorio».
Senta, lui non ricordava gli anniversari, ma le ha fatto un regalo cui lei è particolarmente legata?
«Quando hai avuto il suo amore, che altro vuoi? Poi, tendeva a non pensarci. Come non diceva “Ti amo”, perché in fin dei conti è troppo superficiale, l’amore lo dimostrava negli atti. Diciamo che da uno come lui, che aveva pudore degli affetti e non ha mai dedicato una canzone a un amore in corso, forse il regalo più grande che ho ricevuto è stato Hotel Supramonte, una grande dichiarazione».
Se questa non fosse stata la sua vita, si è chiesta che cosa avrebbe fatto?
«Chissà, la mia vera passione era fare l’estetista, anche se quando mi truccavo mi trovavo un po’ stucchevole e secondo me davo il meglio quando il trucco era ormai un po’ passato».
Lui la preferiva con o senza trucco?
«Gli piacevo, e basta».