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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

UBRIACHI A LOURDES

Il giorno in cui il signor Silvio da Torino arrivò nella cittadina sui Pirenei, rimase sconvolto.
Orde di militari bivaccavano davanti ai locali armati di pinte di birra, per le strade la gente ballava al suono di trombe e tamburi, in un locale due biondine discinte intrattenevano un gruppetto di generali. «Ovunque c’erano soldati ubriachi. Non era quel che mi sarei aspettato quando ho deciso di venire a Lourdes».

Succede da 71 anni, da quando nel 1944 un cappellano militare francese riunì davanti alla grotta di Massabielle, dov’erano avvenute le apparizioni, ex combattenti francesi e sovietici e, l’anno seguente, anche quelli statunitensi di stanza in Europa. Negli anni successivi i raduni continuarono, fino a quando nel 1958 venne indetto ufficialmente il primo vero pellegrinaggio internazionale.
Ma soprattutto, succede anche questa sera: le strade sono invase da dodicimila soldati in divisa e dalle loro famiglie, e si cammina a stento tra la folla in festa, accalcata davanti ai locali a bere tanta di quella birra che manco all’Oktoberfest.
Sul ponte sul fiume Gave, che alimenta la sorgente dall’acqua miracolosa che in 157 anni avrebbe portato alla guarigione 69 fedeli, due ragazzi si scambiano un bacio, noncuranti del caos.
Sei irlandesi si spartiscono una cassa di birra, tirando fuori le bottiglie da una delle tre scatole di cartone sul marciapiede, due ormai vuote. Un gruppetto di italiani si isola lungo il fiume, al buio, per farsi una canna. Poco più avanti i tedeschi brindano e si fanno selfie davanti a un enorme manifesto, la pubblicità dell’ultimo film su Bernadette, la ragazzina che a 14 anni affermò di vedere la Madonna in una grotta fino ad allora considerata luogo di degrado e prostituzione, e oggi simbolo della città.
«Ma la vera festa inizia dopo mezzanotte», mi dice un aviatore offrendomi fette di salume e formaggi portati dalla Spagna. «Non andartene, sta arrivando da bere», mi trattiene. Otto commilitoni ci raggiungono con quattro fustoni pieni di sangria. «Ci abbiamo messo una giornata per prepararla», ridono. «Sull’aereo a momenti non ci imbarcavano i bagagli».

La cosa che colpì di più il signor Silvio furono i preti. «Fumavano sigari cubani e bevevano anche loro. Inoltre, non c’erano paralitici. Mi chiesi come si conciliava tutto questo con un luogo così sacro, ma in fondo non m’importava, ci stavamo divertendo».
L’anno dopo Silvio ritornò con due amici. «Lasciammo a casa i rosari e portammo gli abiti per la sera. Eravamo pronti a tre giorni di baldoria, ma da lassù qualcuno ci punì. Appena arrivati, uno di noi cadde e si ruppe il femore. Passammo la prima notte al pronto soccorso. Il giorno dopo, a pranzo, un altro amico si fratturò un polso. All’ospedale ci dissero: “Di solito si viene a Lourdes per guarire”. Andammo alle vasche, a fare il bagno».

È la banda dei carabinieri, quest’anno arrivati insieme ai cadetti della scuola militare Teulié e dell’Accademia di Modena, ma ci sono anche un po’ di pompieri. Corro in strada per vederli da vicino, ma sotto il mio hotel si stanno radunando le guardie svizzere. Un turista appena sceso da un pullman mi ferma sorpreso: «Che succede? C’è il Papa?».
In lontananza gli scozzesi suonano le cornamuse, il suono delle bande ci accompagnerà per tutto il giorno.
«I militari sfilano, suonano, fanno animazione e così attirano turisti», mi dice nel suo negozio di souvenir Philippe Bianco, un italiano che fino a 25 anni fa viveva a Nizza, ma poi ha deciso di cercar fortuna a Lourdes, e oggi è il presidente di tutti i commercianti. «I quattro giorni del pellegrinaggio militare sono i più belli dell’anno, e anche quelli in cui guadagniamo di più. Noi li attendiamo con ansia, e anche se la sera ci sono tanti ubriachi per le strade, non abbiamo mai avuto problemi. I soldati, per fortuna, non sono come gli zingari, che arrivano ad agosto e ci costringono a tener chiusi i negozi perché rubano e non pagano le consumazioni».
Poco distante, in uno dei bar all’aperto, militari tedeschi bevono birra seduti a un tavolo. «E sono solo le nove del mattino», commenta una commessa portoghese che di nome fa Maria di Lourdes. «Da qui a stasera saranno tutti ubriachi». Poi aggiunge: «Lo so che questo stride un po’ con l’idea che il mondo ha della religione e della nostra città, ma la gioia e il divertimento fanno parte della vita. E a Lourdes non siamo tutti così religiosi come si pensa. Non tutti andiamo al santuario, e soprattutto non ci vanno i produttori dei souvenir».
Un aviatore francese le porge una medaglietta di San Michele, il gadget più venduto in questi giorni perché, mi dicono, è il protettore dei militari. «Ci piace vedere soldati di eserciti in guerra tra di loro camminare a braccetto per le strade», aggiunge Maria di Lourdes, «è bella la gioia che portano e anche la confusione, che comunque si arresta davanti alla cancellata che porta al santuario. La sacralità del luogo la rispettano».

Nei tre anni successivi il signor Silvio e gli amici tornarono a Lourdes. «Ma ormai avevamo imparato a unire meditazione e divertimento, e non abbiamo avuto più incidenti. Quest’anno però siamo arrivati tardi, l’ultimo giorno, e non abbiamo tempo per le preghiere. Spero che la Madonna non si arrabbi e tutto vada bene. In ogni caso, per scaramanzia, ho prenotato un altro viaggio. La settimana prossima saremo a Medjugorje».

«Qui i soldati cancellano dai loro occhi il dolore e il male del mondo, e le immagini delle guerre scolpite nelle loro menti», mi sussurra un giovane cappellano, sospendendo per un attimo la recita del rosario. E aggiunge: «Tolto il casino di questi giorni, sta proprio in questo il senso del viaggio militare in questo luogo: questi ragazzi trovano qui la pace e la sicurezza per festeggiare e stare insieme come fratelli. È questo il vero miracolo di Lourdes». Chissà se lo pensa anche il signor Silvio.