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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - DE LUCA E GLI ALTRI IMPRESENTABILI


De Luca: "Per Renzi Severino superabile". Regionali, il premier: "Il Pd è legalità"

Il presidente del Consiglio a Perugia difende il partito e lancia le "tre L". Grillo a Bindi: "Fuori i nomi". Ap: "Inopportuno aspettare fino a venerdì"

ROMA - Dopo la fuga di notizie che ha reso noti i primi quattro nomi della lista nera degli impresentabili (tutti candidati della Puglia), e in attesa che venerdì la Commissione Antimafia renda pubblici gli altri 13 aspiranti consiglieri, tutti campani, il Movimento Cinque Stelle ha attaccato il Pd. Mentre il premier-segretario Matteo Renzi, da Perugia, in un comizio in sostegno della candidata presidente Catiuscia Marini, ha difeso il partito: "Sento parlare di impresentabili, ma sulla legalità non prendiamo lezioni da nessuno. Questo è il Pd, è legalità. C’è chi la combatte a parole, chi con i fatti".
In tutto questo, il candidato governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che corre con il centrosinistra ma è a rischio decadenza per via della legge Severino, ha affermato in una nota: "Renzi ha chiaramente definito la Severino un problema superabile, confermando che chi viene scelto dai cittadini, con un voto democratico, potrà tranquillamente governare. Rimaniamo sui problemi dei cittadini. Prepariamoci a far rinascere la Regione dell’immobilismo e dei 400 consulenti inutili".

Renzi e le tre L. "Il Pd è il partito che ha fatto la legge anticorruzione con pene per chi ruba molto più dure - ha detto Renzi - una legge per cui chi vuole patteggiare deve restituire ciò che ha rubato, il Pd ha rimesso il falso in bilancio che altri avevano tolto, abbiamo fatto l’autoriciclaggio, gli accordi con la Svizzera e il Vaticano, la legge sui reati ambientali e su questo sono pronto al confronto con tutti".

Il premier ha poi lanciato lo slogan delle "tre L": Per "far ripartire l’Umbria e l’Italia" servono tre "L: legalità, lavoro, e leggerezza". Lo afferma il premier Matteo Renzi intervenendo a un comizio elettorale a Perugia che, sul tema del lavoro sottolinea come "questo si costruisca non solo semplificando le regole, ma con uno Stato più semplice". Quindi ricorda il Jobs Act, "la cosa più di sinistra fatta negli ultimi anni".

Le accuse dei 5S. Ma il Movimento Cinque Stelle ha accusato i democratici di aver inscenato "una vera e propria farsa criminale nel volerci buttare addosso la responsabilità della fuga di notizie sugli impresentabili. Ci domandiamo: chi ci guadagna nel tenere i nomi nascosti fino a venerdì, vale a dire dal giorno d’inizio del silenzio elettorale? Chiaramente il Pd e i loro amati colleghi del centrodestra". È quanto affermano i deputati M5S della commissione Antimafia.

"È una vergogna: la commissione Antimafia -aggiungono- farebbe meglio a indagare su sé stessa. Il Movimento 5 stelle è pulito e noi ieri siamo stati gli unici a chiedere la pubblicazione dei nomi. Qui si parla di reati spia di mafia e di voto democratico e loro giocano a fare polveroni".

Grillo: fuori i nomi. Più tardi anche Beppe Grillo è intervenuto sul suo blog: "Perchè se ci sono impresentabili in odor di mafia nelle liste dei partiti che si presentano alle elezioni regionali del 31 maggio non devono esserne resi pubblici i nomi? Perchè Rosy Boccacucita Bindi ha deciso di tenere segreti i nomi fino a venerdì, al limite del silenzio elettorale? lo fa solo per non imbarazzare i candidati presidenti del Pd?", si è chiesto il leader dei Cinque Stelle che ha aggiunto: "I cittadini devono sapere chi vanno a votare. #Bindifuoriinomi: con l’omertà si aiuta la mafia. Chiedi anche tu a Rosy Boccacucita di rendere noti i nomi degli impresentabili con l’hashtag #bindifuoriinomi. Facciamo sentire alta la voce degli onesti!"

Alfano: non aspettare venerdì. Anche Area Popolare ha criticato la scelta di rinviare a venerdì la pubblicazione dei nomi dei candidati impresentabili: "La decisione della commissione Antimafia è poco opportuna e poco rispettosa per i cittadini, evitiamo altri autogol per una classe politica il cui discredito è già alto". I capigruppo di Ap alla Camera e al Senato, Maurizio Lupi e Renato Schifani, e il coordinatore Ncd Gaetano Quagliariello hanno aggiunto: "Siamo assolutamente fuori tempo massimo per dare la patente di impresentabilità si è scelto il modo meno opportuno per intervenire" su questo tema.

Gia ieri il candidato presidente del centrosinistra pugliese Michele Emiliano ha chiesto al coordinatore della lista Udc, Realtà Italia-Centro Democratico di ritirare il candidato Fabio Ladisa dalla competizione elettorale, uno dei quattro candidati pugliesi indicati dall’Antimafia, uniformandosi così alle regole dettate dalla commissione. Oggi, a chi gli chiedeva un commento sulla opportunità della diffusione dei nomi degli ’impresentabili’ a pochi giorni dalle elezioni, ha risposto: "Rispondo dopo il 2 giugno".

GLI IMPRESENTABILI PUGLIESI

Renzi: "Tra gli impresentabili nessuno del Pd". Emiliano chiede il ritiro di un candidato
Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia (ansa)
ROMA - Una riunione fiume dalla quale filtreranno soltanto quattro nomi (poi confermati ufficialmente) con tanto di reazioni politiche a catena: una volta rese note le identità dei primi impresentabili, in Puglia il candidato governatore Michele Emiliano non ci pensa due volte e chiede il ritiro di una candidatura finita nel mirino della commissione parlamentare Antimafia.

A palazzo San Macuto, infatti, l’ufficio di presidenza della commissione bicamerale presieduta da Rosy Bindi ha discusso per molte ore i contenuti della lista con i nomi dei candidati impresentabili alle regionali del 31 maggio. Una lista che, nella sua versione completa, sarà resa nota venerdì. Il documento, redatto con l’ausilio di quattro consulenti, non è vincolante ai fini delle candidature per le elezioni del 31 maggio. Il testo di riferimento è il codice di autoregolamentazione dei partiti e delle formazioni politiche che prevede la non candidabilità per chi è stato rinviato a giudizio per i reati di stampo mafioso (416 bis del codice penale) e per i cosiddetti reati spia: racket, usura, riciclaggio, traffico di esseri umani, traffico di rifiuti, ma non falso in bilancio.

Di certo c’è che i partiti sono in fermento in attesa della lista contenente i nomi, tra i dieci e i venti. Per ora si sa che ce ne sono sicuramente quattro in Puglia e nessuno nelle regioni del centro-nord, ossia Liguria, Marche, Toscana e Veneto. Il primo nome che circola è quello dell’imprenditore barese Fabio Ladisa, in corsa con i Popolari per Emiliano (Udc, Centro democratico, Realtà Italia): nel 2012 l’allora consigliere comunale Ladisa risultava imputato per truffa aggravata, tentata estorsione e furto. Degli altri tre che sarebbero finiti nel mirino dell’Antimafia, due fanno parte dello schieramento alleato dell’oncologo Francesco Schittulli e uno di quello che fa capo ad Adriana Poli Bortone. Il primo è il brindisino Massimo Oggiano (Oltre con Fitto), che nel 2011 fu accusato di concorso esterno in associazione mafiosa (l’ex capogruppo di An al Comune di Brindisi era sospettato di essere un fiancheggiatore di un clan della Sacra corona unita capeggiato dai fratelli Giovanni e Raffaele Brandi). E’ imputato al tribunale di Brindisi per fatti commessi in epoca anteriore e prossima al 28 febbraio 2007, nonché per il reato corruzione elettorale aggravato dall’aggravante mafiosa, accertato il 1° gennaio 1999 e commesso fino al 31 gennaio 2006. La procura di Lecce ha comunicato che il candidato è stato assolto in primo grado e pende appello, la cui udienza è fissata per il 3 giugno 2015.

Il secondo è un medico di Cisternino, sempre in provincia di Brindisi, si chiama Enzo Palmisano e fa parte del Movimento Schittulli: accusato di corruzione continuata in concorso, associazione a delinquere e truffa aggravata dal danno patrimoniale di rilevante gravità. Nel procedimento per corruzione aggravata, 416 (associazione per delinquere semplice), truffa aggravata dal danno patrimoniale di rilevante gravità commessi nel 2003, è stato condannato in primo grado. Il procuratore di Bari ha comunicato che la Corte di appello, con sentenza dell’11 febbraio 2013, ha dichiarato la prescrizione; è stato presentato ricorso e il procedimento pende in Cassazione.

L’ultimo nome che sarebbe finito sulla graticola è quello di Giovanni Copertino, ex presidente democristiano della Regione ex ex assessore della giunta Fitto, era stato accusato di corruzione aggravata, truffa e falso nell’ambito del processo La Fiorita, sembra che gli avessero contestato pure il voto di scambio. Reato che però era stato prescritto.

Le reazioni politiche non si fanno attendere e dal centrosinistra arriva la richiesta: "Preso atto della comunicazione ufficiale della Commissione nazionale Antimafia il candidato presidente del centrosinistra pugliese Emiliano ha chiesto al coordinatore della lista Udc, Realtà Italia, Centro Democratico di ritirare il candidato Fabio Ladisa dalla competizione elettorale".

Nel merito delle altre regioni, il parlamentare di Sel Beppe De Cristofaro ha poi spiegato: "Non ci sono impresentabili in Toscana, Veneto, Liguria, Marche. Manca solo la Campania, che forse avrà più nomi impresentabili. Mancano perché non è stato ultimato l’elenco, c’è stata una sciatteria", ha spiegato .

In serata, intanto, una nota comunica che "la presidente ha riferito sulle difficoltà e i limiti della verifica e ha comunicato i primi risultati. Per la regione Liguria non sono emersi casi che rientrano nelle previsioni del codice. Per la Puglia sono stati riscontrati quattro casi" che corrispondono a quelli già filtrati. "Per la Campania i dati sono ancora parziali, così come per le altre regioni. L’ufficio di presidenza ha dato mandato alla presidente Bindi di completare la verifica entro venerdì prossimo. Preso atto che durante la riunione e prima che si concludessero i lavori sono stati divulgati alcuni nominativi, la presidente ha stigmatizzato la violazione del segreto e sottolineato il venir meno delle regole di correttezza e reciproca fiducia tra i membri dell’ufficio di presidenza. Nel ringraziare la Dna, gli uffici giudiziari e le prefetture per la collaborazione che stanno fornendo, la presidente ribadisce l’esigenza di mantenere il massimo riserbo sul lavoro in corso e diffida chiunque dall’utilizzare le attività d’inchiesta e il ruolo istituzionale della Commissione antimafia per diffondere informazioni non suffragate da una verifica ancora in corso".

L’elenco si basa sul codice di autoregolamentazione per i partiti, che l’Antimafia ha approvato all’unanimità il 23 settembre 2014 e che li invita a non candidare "soggetti che risultano coinvolti in reati di criminalità organizzata, contro la Pubblica amministrazione, di estorsione e usura, di traffico di sostanze stupefacenti, di traffico illecito di rifiuti" e in altre "gravi condotte", come le definisce il testo.

Come è stata condotta la verifica? La commissione ha chiesto l’elenco dei candidati a tutte le prefetture, poi li ha incrociati con i dati su rinvii a giudizio e carichi penali pendenti, grazie ai magistrati e agli ufficiali di collegamento con i corpi dello Stato. Sono stati indicati i candidati sottoposti a misure di prevenzione, rinviati a giudizio o condannati in primo grado per reati gravi, che vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione. E alla fine il verdetto.

Dal Pd ci tengono a ribadire pulizia e trasparenza. Nell’elenco dei candidati impresentabili "non ci sarà nessun esponente del Partito democratico" ha detto il vicesegretario del partito, Lorenzo Guerini. "Rispettiamo il lavoro della commissione - ha aggiunto Guerini - e aspettiamo l’esito. Non so quali saranno le decisioni, ma per il lavoro che abbiamo svolto sulle nostre liste, ritengo che non ci sarà nessun esponente del Pd. Abbiamo applicato il codice etico e in alcune realtà siamo andati anche oltre". ù

Qualche ora dopo anche il premier Matteo Renzi ha ribadito lo stesso concetto. In un’intervista all’emittente Canale 21 ha detto: "Con grande chiarezza dico che il partito democratico nelle sue liste per le regionali non ha alcun impresentabile".

Renzi ha poi definito "centrale e strategica" la Campania nelle politiche del governo: "Il governo ritiene che la Campania sia la regione più strategica per il pil nazionale. La vera sfida è sulle start-up, sugli insediamenti industriali, sulla grande risorsa turismo e sulla lotta alla illegalità. Oggi la vera discussione è su chi è in grado di governare in Campania e per quanto riguarda Bagnoli e la posizione espressa dal sindaco di Napoli, sottolineo che il problema di Bagnoli non sono gli ultimi 6 mesi ma gli ultimi 20 anni. De Magistris pensa solo a mettere le bandierine".

Ma pure dalla Lega Nord arriva un concetto simile. Ed è il segretario Matteo Salvini a dire: "Sono orgoglioso delle mie liste, delle donne e uomini della Lega. Se qualcun altro ha candidato gente strana ne risponderà. Io rispondo delle mie liste. Spero che i nostri alleati abbiamo fatto la stessa pulizia".

IL CASO DE LUCA


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REGIONI
ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2015
COMUNI
sentenza della cassazione
Elezioni regionali e caos Pd
Il giudice riapre il caso De Luca
I primi candidati impresentabili
Chi sono i quattro |Speciale voto
Il candidato Pd in Campania a rischio per la legge Severino sui condannati. Se sarà eletto e decadrà, non potrà contare sulla linea favorevole del Tar
di Fulvio Bufi
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Sospeso in base alla legge Severino dopo una condanna per abuso di ufficio, il sindaco di Napoli de Magistris fu reintegrato dal Tar in trenta giorni. All’attuale candidato pd alla Regione Campania Vincenzo De Luca, quando era ancora sindaco di Salerno, bastò mezza giornata affinché il Tar accogliesse il suo ricorso contro la sospensione dopo una condanna, pure lui per abuso.

Altri tempi. Da oggi non è più così. A cambiare la scena è una decisione di ieri delle sezioni unite civili della Cassazione chiamate a esprimersi su un ricorso presentato dal Movimento per la difesa del cittadino. I giudici della Suprema corte hanno stabilito che a esprimersi sui ricorsi contro l’applicazione della Severino da ora saranno i giudici ordinari.

Non è un cambiamento da poco. L’effetto immediato è che decadono le questioni sollevate davanti alla Corte costituzionale, che non potrà prenderle in considerazione perché proposte da un giudice (il Tar) non più competente. Ma soprattutto resta da scoprire l’orientamento dei tribunali ordinari di fronte ai ricorsi di quei pubblici amministratori colpiti dagli effetti della legge che porta il nome del Guardasigilli del governo Monti. L’orientamento del Tar finora è stato abbastanza univoco, almeno nei casi più importanti come quelli citati di de Magistris e De Luca, ma anche di altri: accogliere i ricorsi, sospendere le sospensioni e investire i giudici costituzionali. Non c’è invece giurisprudenza che possa far prevedere cosa succederà ora. Difficilmente, però, ci si può aspettare dai giudici ordinari la stessa solerzia che ha contraddistinto, per esempio, il caso di De Luca: in mezza giornata nessun tribunale deciderà mai niente.

Ma al di là delle linee generali, sono i casi particolari che ora balzano all’attenzione. Che cosa accadrà a Napoli, dove c’è un sindaco in carica soltanto grazie a un provvedimento del Tar? De Magistris dovrà preparare un nuovo ricorso, e presentarlo entro trenta giorni al giudice ordinario. Nel frattempo dovrebbe poter rimanere a Palazzo San Giacomo.

Diversa la situazione di De Luca, che non ambisce a tornare a fare il sindaco, ruolo dal quale, tra l’altro, è stato pure dichiarato decaduto per non aver scelto, come invece era obbligato per legge a fare, tra la carica di viceministro (Infrastrutture e Trasporti nel governo Letta) e quella di primo cittadino di Salerno. In precedenza però De Luca era stato sospeso in base alla legge Severino perché condannato per abuso di ufficio, e questo provvedimento pende tuttora sulla sua eventuale nomina a presidente della Regione Campania. Se cioè De Luca dovesse uscire vincitore dalla consultazione di domenica prossima, potrà, sì, essere proclamato eletto (la Severino non può intervenire prima dell’ufficializzazione del risultato elettorale) ma subito dopo dovrà essere sospeso. E così come avvenne per il presidente della Regione Calabria Scopelliti, dovrebbe essere il presidente del Consiglio Matteo Renzi a firmare il decreto.

Se vincerà De Luca la Campania precipiterà quindi nel caos, anzi nel vuoto istituzionale? Chi governerà la Regione? «La Severino rimanda agli statuti regionali, e lo statuto della Campania prevede che il presidente possa nominare la giunta, e quindi anche il suo vice, dopo la prima seduta del Consiglio», spiega l’avvocato Gianluigi Pellegrino, uno dei più esperti amministrativisti italiani, che ha presentato il ricorso accolto ieri dalla Cassazione.
Da puramente giuridica, quindi, la vicenda De Luca, rischia di diventare una bomba politica che potrebbe scoppiare nelle mani di Renzi. Sarà lui, scegliendo i tempi del decreto di sospensione (salvo non ci sia un preventivo intervento della Corte d’Appello), a stabilire se il suo candidato (sempre qualora risultasse il vincitore), quello per il quale il premier sta facendo campagna elettorale, riuscirà a o meno a nominare un vice che gli subentrerebbe al vertice della Regione governandola in suo nome? A De Luca non resterà che ricorrere al giudice ordinario e aspettare. Certo non mezza giornata.

ILFATTO
DANIELA GAUDENZI
Il corposo capitolo “impresentabili” delle regionali 2015 si arricchisce dell’effetto suspence per i tempi dell’elenco completo redatto dalla commissione Antimafia che slitta all’antivigilia del voto sempre che “tutto vada bene”. Per ora si sa che l’elenco sarebbe di 12 nomi e che quattro sono in quota alla Puglia, quasi equidistribuiti tra le liste di Emiliano, della Poli Bortone e del fittiano Schittulli che ne esibisce ben due. Da segnalare che l’ex-magistrato Emiliano fuori tempo massimo ha “scomunicato” il suo candidato “collegato” Fabio Ladisa rinviato a giudizio per voto di scambio, tentata estorsione e associazione mafiosa.

I rimanenti 8 o più sarebbero tutti in Campania, anche qui naturalmente felicemente accasati presso De Luca e Caldoro, protetti dai loro sponsor e totalmente impermeabili alle denunce di Saviano come ai ripetuti richiami del capo dello Stato contro le pratiche opache e predatorie.

Le modalità delle “complicazioni” dell’ultima ora, quando la lista era già pronta in busta chiusa ed era stato formalmente promesso dalla commissione per bocca della presidente Rosy Bindi che sarebbe stata resa pubblica entro le 20 di martedì 26 maggio, la successiva discussione di oltre 3 ore, infine la “fuga di notizie” con i nomi degli impresentabili pugliesi fanno pensare ad un “pasticcio” che in pochi volevano scongiurare.
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Il risultato è che “il fatto di civiltà e coraggio” come ha voluto definirlo il vice-presidente Claudio Fava, di segnalare agli elettori i candidati più improponibili sebbene tardivamente e con i limiti denunciati dal capogruppo in Commissione del M5S dei numerosi nomi non vagliati dalla Commissione, si è risolto in una colossale presa in giro.

Anche se l’elenco verrà reso noto venerdì, la percentuale di elettori che ne potrà effettivamente prendere visione sarà limitata a chi si aggiorna in tempo reale e sul web, dato che dalle 24 scatterà il silenzio pre-voto.

Non è certo questo ultimo “scivolone” a screditare una campagna elettorale che si fatica obiettivamente a definire e sarà solamente un ulteriore incentivo a disertare le urne.

D’altronde gli impresentabili “certificati” sono solo una categoria, anche se particolarmente disgustosa perché riguarda i reati di stampo mafioso o riconducibili come riciclaggio e voto di scambio, della galassia ben più vasta delle candidature opache o sporche: infatti tutti i reati contro la pubblica amministrazione dalla corruzione alla concussione fino al falso in bilancio non concorrono al curriculum di “impresentabilità”.

Appena apposta la firma alla legge anticorruzione “avanguardia in Europa” come la definisce Renzi, anche se nel paese della mafia non colpisce adeguatamente il voto di scambio e dopo il ventennio berlusconiano non riforma in modo organico la prescrizione, il presidente-segretario ha ribadito: “Nessun impresentabile nel Pd”. Probabilmente gli sono sfuggiti gli almeno 4 impresentabili, di cui avremmo già dovuto conoscere i nomi certificati dalla commissione antimafia, che in Campania all’ombra del candidato ineleggibile che lui è andato personalmente a sostenere potrebbero diventare consiglieri e, perché no, assessori.

IL FATTO DEL 5 MAGGIO
Indagati, imputati, condannati. Trasformisti incalliti. Trasformisti dell’ultima ora. Ex cosentiniani, ex fascisti. Familiari di inquisiti per camorra. Gente indagata per voto di scambio. Personaggi arrestati e sotto processo. Leader dell’ultradestra schierati nel centrosinistra. Ex sindaci di Forza Italia alleati del Pd. Ex sindaci del Pd in lista con Forza Italia. Ex sindaci furbetti che si sono fatti decadere per aggirare l’incompatibilità. E’ la carica degli impresentabili in Campania. I casi più discussi imbottiscono le liste del candidato Pd Vincenzo De Luca. Ma anche il governatore uscente, l’esponente di Forza Italia Stefano Caldoro, ha imbarcato di tutto, turandosi il naso. De Luca dice: “Non abbiamo controllato”. Caldoro invece replica: “Sono garantista”. Poi fanno a gara ad accusarsi reciprocamente a chi ha messo in campo le liste peggiori. Senza dimenticare che il primo degli impresentabili è De Luca, condannato in primo grado per abuso d’ufficio per aver inventato la figura del project manager del termovalorizzatore di Salerno in modo da favorire uno dei suoi più stretti collaboratori: retribuito con ‘appena’ 8.000 euro netti, ma sarebbero stati molti di più (circa 450.000 euro lordi) se l’impianto fosse stato realizzato. Ecco il dizionario degli impresentabili al consiglio regionale campano. Non ha la pretesa di essere completo. Qualcuno, sicuramente, ci è sfuggito.
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Antonio Amente (Campania in Rete per De Luca). Ex sindaco di Forza Italia a Melito, oppositore dell’attuale sindaco Venanzio Carpentieri. Che, per la cronaca, è il segretario del Pd di Napoli. “L’ho denunciato tre volte” ricorda Carpentieri. Ora sono alleati.

Antonio Agostino Ambrosio (Forza Italia): Due volte sindaco di San Giuseppe Vesuviano negli anni in cui il consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni camorristiche, l’ultima nel 2009. Fu così giudicato ‘incandidabile’ alle elezioni successive, in applicazione della legge 94 sugli scioglimenti degli enti per mafia, misura preventiva che gli è stata poi revocata. Nel 2002 ha patteggiato una condanna a due anni, pena sospesa, per concussione.

Carmine Attanasio (Verdi). Cambi di casacca a gogò. Ne fece un buon riassunto il suo attuale coordinatore, Francesco Emilio Borrelli, in un comunicato del luglio 2013, quando in risposta a una minaccia di querela definì Attanasio “l’ex consigliere di Forza Italia, Idv, Verdi, Rivoluzione Civile, Rifondazione Comunista, Pd ed altri soggetti politici”. Ora hanno fatto pace.

Carlo Aveta (Campania in Rete per De Luca). Mai un processo, è uscito intonso dalle inchieste sui rimborsi in consiglio regionale, ha rinunciato al vitalizio. Ma fu eletto nella Destra con Caldoro, e fa un po’ impressione trovare tra le file del centrosinistra un politico che posta le foto dei suoi pellegrinaggi a Predappio a rendere omaggio alla tomba del Duce.

Tommaso Barbato (Campania Libera per De Luca). L’ex senatore mastelliano dei tumulti in aula durante la sfiducia a Prodi è sotto inchiesta per voto di scambio, un paio di posti di lavoro ad amici in prossimità delle elezioni politiche del 2013 in cambio di un aiuto alle liste di Giulio Tremonti. Al telefono i complici lo definivano ‘Barbapapà’. Ha sostenuto De Luca già alle primarie: “Sono nel Pd da tempo”.

Dario Barbirotti (De Luca Presidente). Ds, poi Idv, poi in cerca d’autore fino al ritorno nell’area dell’amico De Luca, Barbirotti è sotto processo a Salerno per associazione a delinquere finalizzata al saccheggio sistematico dei fondi del Consorzio Rifiuti, l’ente pubblico che ha presieduto a metà degli anni 2000 in quota De Luca. Durante le indagini, nella sede del consorzio furono ritrovate cartelline con le fotocopie del tesseramento Ds tra i dipendenti del consorzio.

Raffaele Cardamuro (Forza Italia). E’ il responsabile napoletano emergenza abitativa degli azzurri. Come lo è diventato? Fomentando le ragioni degli abusivisti. Nel 2012 la Procura Generale ordinò la demolizione della sua abitazione a Bacoli, totalmente abusiva. Il paese reagì con una rivolta di piazza, e le ruspe dovettero attendere qualche giorno per entrare in azione, riducendo casa Cardamuro in un ammasso di detriti.

Mario Casillo (Pd): Consigliere regionale uscente, il pm ne ha chiesto il rinvio a giudizio per peculato al termine dell’inchiesta sulla Rimborsopoli Campania. Spese non sufficientemente documentate con risorse prelevate dal fondo per il funzionamento dei gruppi consiliari. L’udienza preliminare si terrà subito dopo le elezioni.

Gennaro Castiello (Noi sud per Caldoro): Consigliere comunale di Napoli, eletto nel Pdl. Il 10 marzo 2014 Castiello è stato arrestato con accuse di voto di scambio. Candidato alle politiche nel Mir di Samorì, ha sguinzagliato sul territorio dei galoppini che senza sapere di essere intercettati discutevano di voti da comprare “a 20 euro a cranio”. Il processo è in corso.

Armando Cesaro (Forza Italia). Il papà è il leggendario Luigi ‘Giggino’ a Purpetta Cesaro, deputato di Forza Italia raggiunto da una richiesta di arresto per collusioni camorristiche negli affari delle imprese di famiglia a Lusciano. Richiesta che non è mai approdata in Parlamento, perché Riesame e Cassazione l’hanno annullata per grave carenza di indizi. Ma l’indagine è ancora in piedi. Il figlio, perfidamente soprannominato ‘Purpettina’ ha iniziato la campagna elettorale con un festone hollywoodiano al quale erano presenti Caldoro, l’imprenditore Vittorio Romano e la moglie, Noemi Letizia, la pietra dello scandalo del divorzio di Berlusconi.

Bruno Cesario (Udc per De Luca). Il cerchio della sua parabola politica parte da e arriva a Ciriaco De Mita, del quale era fedelissimo a livelli imbarazzanti. Nel mezzo, una esperienza da deputato eletto nel Pd e poi corso in soccorso a Berlusconi insieme ad altri due ‘Responsabili’, Scilipoti e Calearo. Cesario fu premiato con uno strapuntino da sottosegretario all’Economia, ma il governo B. era al crepuscolo. Ricandidato nel 2013 in Forza Italia, è risultato il primo dei non eletti. Poi la telefonata da Nusco. E il figliuol prodigo è tornato.

Gennaro Cinque (Forza Italia). Sindaco di Vico Equense, l’opposizione provò a chiedere contro di lui l’applicazione della Severino. Ma la condanna in primo grado che lo aveva colpito era per “tentato abuso d’ufficio”. Reato tentato, niente sospensione. Pochi mesi fa l’ufficio tecnico gli ha notificato un’ordinanza di demolizione di un bagno abusivo. Lui ha fatto ricorso e si è fatto ‘decadere’ per lite pendente. Così il Comune ha evitato il commissariamento e l’amministrazione prosegue con un vice facente funzioni.

Angela Cortese (Pd): Si trova nella stessa situazione di Casillo.

Rosa Criscuolo (Cd – De Luca): “Quella scaloppina me l’hanno fatta mangiare mille volte, dovrei essere diventata cento chili”. Si riferisce alla scaloppina della sua cena in camera d’albergo con Claudio Scajola la notte prima dell’arresto dell’ex ministro a sua insaputa. Criscuolo è una praticante legale e componente della direzione nazionale del Partito Radicale che si è battuta contro la carcerazione preventiva di Nicola Cosentino. Di qui l’etichetta di ‘cosentiniana’ che lei respinge. “I veri cosentiniani sono Caldoro e Armando Cesaro”.

Ugo De Flaviis (Ncd per Caldoro): Assessore enfant prodige della prima giunta Bassolino, in quota Mastella. E’ stato rinviato a giudizio per peculato al termine dell’inchiesta sui rimborsi consiliari. Il capo di imputazione gli contesta una allegra gestione di circa 100.000 euro di fondi del gruppo Udeur. Poi ha cambiato partito.

Vincenzo De Leo (Campania in Rete per De Luca). “Sono sempre stato di centrosinistra, non sapevo che il Fronte Nazionale fosse di estrema destra”. Questo il succo dell’intervista rilasciata da De Leo al Corriere del Mezzogiorno. Intervista pubblicata due giorni dopo lo scoop del Fatto Quotidiano sulla presenza nella coalizione di De Luca del segretario di Casal di Principe del movimento di Adriano Tilgher.

Silvia De Luca Ferrara (Campania in Rete per De Luca). Alcuni ex cosentiniani hanno preferito non esporsi direttamente, ma hanno messo in campo le mogli. Come Michele Ferrara, che ha diviso con Cosentino e Cesaro 15 anni di politica. Affinché il messaggio sia chiaro, la signora De Luca si candida col cognome del marito.

Dario D’Isa (Noi Sud per Caldoro). Figlio di un giudice del collegio di Cassazione che ha condannato definitivamente Berlusconi per frode fiscale, D’Isa è coinvolto in un’inchiesta sull’usura in costiera sorrentina. E’ stato intercettato al telefono mentre chiedeva al padre di verificare una causa in Cassazione.

Pietro Diodato (Ncd per Caldoro): Galeotta fu una condanna per gli scontri nei seggi durante le comunali di Napoli del 2001, quando a molti saltarono i nervi per le lunghe code in attesa del voto. Diventata definitiva, con annessa interdizione ai pubblici uffici, questa condanna è stata la causa della rimozione di Diodato dal consiglio regionale della Campania: nel 2010 era stato eletto nella lista Pdl, in ticket con Mara Carfagna. Ora l’interdizione è terminata.

Fernando Errico (Ndc per Caldoro). E’ un ex mastelliano sotto processo per le presunte clientele dell’Udeur, partito di cui fu capogruppo nell’ultima legislatura Bassolino.

Pietro Foglia (Ncd per Caldoro). E’ il presidente uscente del consiglio regionale. Nell’inchiesta sulla Rimborsopoli campana è emerso che avrebbe prodotto più di 30.000 euro di ricevute di rifornimenti di carburante con un timbro contraffatto. Proprio stamane il pm ne ha chiesto il rinvio a giudizio per peculato: il suo collaboratore invece è imputato di peculato e falso, avrebbe fornito lui al politico le false attestazioni per l’acquisto di carburante.

Corrado Gabriele (Psi per De Luca). Richiesta di rinvio a giudizio per peculato, 4 anni di condanna in primo grado per presunte molestie sessuali alle figlie di primo letto dell’ex compagna.

Giuseppe Galasso (Forza Italia). Dieci anni sindaco Pd di Avellino, nel 2013 si dimette poco prima della scadenza naturale del secondo mandato per partecipare alle Parlamentarie. Le perde, si infuria, esce dal partito, fa una lista contro il candidato ufficiale dem. Due anni dopo è in Forza Italia, introdotto dai buoni amici parlamentari azzurri Sibilia e Cesaro. E’ sotto inchiesta per la mancata bonifica dell’amianto di Isochimica e per i lavori di ristrutturazione di una clinica.

Alberico Gambino: (Fratelli d’Italia per Caldoro). L’ex sindaco di Pagani, consigliere regionale uscente, fu arrestato e poi condannato a due anni e dieci mesi per violenza privata al termine di un processo dove era imputato di collusioni col clan camorristico Frezza-Petrosino. Da queste accuse Gambino è stato assolto, ma un’inchiesta bis della Dda di Salerno è culminata in una nuova richiesta di arresto. Il Gip lo ha negato, ma il pm ha fatto ricorso e i giudici del Riesame lo hanno accolto: secondo loro, Gambino deve andare in carcere per concorso esterno in associazione camorristica e non si spiega l’assoluzione nel processo ‘Linea d’Ombra’. La Cassazione deciderà a settembre.

Carlo Iannace (De Luca presidente): Medico, è sotto processo per truffa. Secondo la Procura di Avellino è invischiato in una storia di interventi estetici rimborsati come oncologici.

Massimo Ianniciello (Forza Italia). Rinviato a giudizio per truffa, il suo è uno dei casi più clamorosi della Rimborsopoli campana. Il 20 dicembre 2012 finisce agli arresti domiciliari perché i finanzieri hanno scoperto che ha portato a rimborso 50.000 euro di fatture di attività di comunicazione emesse da un’azienda che si occuperebbe di tutt’altro, il commercio di rottami ferrosi, intestata a due sconosciuti svedesi irreperibili e a un pregiudicato tossicodipendente.

Pietro Maisto (Caldoro Presidente). Fresco di archiviazione nell’inchiesta sui rimborsi, Maisto è un politico che ha cambiato spesso maglietta. Nel 2010 sosteneva De Luca. Oggi Caldoro. Ricapitoliamo. Nel 2005 Maisto viene eletto in consiglio regionale nell’Udeur (centrosinistra). Nel 2008 aderisce a Idv. Nel 2010 si ricandida ancora nel centrosinistra, nell’Api di Rutelli. Rieletto, nel 2013 va a rinforzare la maggioranza di centrodestra: “Si tratta di un approdo, per così dire, naturale – spiegò Maisto – avendo apprezzato fortemente, sin dall’inizio di questa legislatura, l’azione politica e istituzionale del presidente Caldoro così come improntata al rigore e alla sobrietà”.

Attilio Malafronte (Campania in Rete per De Luca). Pittoresco politico di Pompei, consigliere comunale che candidamente confessa alla Zanzara: “Volevo giocarmi la mia partita, mi sarei candidato anche con Caldoro”. La partita Malafronte se la gioca pochi mesi dopo un arresto per induzione alla concussione, nell’ambito di una storiaccia di loculi e cadaveri dissepolti al cimitero di Pompei. I carabinieri gli hanno sequestrato delle armi mal custodite sopra un armadio.

Franco Malvano (De Luca presidente). L’ex questore di Napoli nel 2006 fu il candidato sindaco di Forza Italia contro Rosa Russo Iervolino. Ha seguitato a gravitare nel centrodestra ed è diventato commissario antiracket della Regione Campania. Su nomina di Caldoro.

Diego Manna (Sud per De Luca). E’ il figlio di un ex parlamentare del Msi. Ma il Consiglio di Stato ha cancellato la sua lista dalla competizione per vizi formali.

Nicola Marrazzo (Pd). E’ nell’identica situazione di Casillo e Cortese, ma per importi superiori: 42.000 euro di fondi pubblici rispetto ai 7.000 euro circa contestati agli attuali colleghi di partito (Marrazzo fu eletto in Idv).

Sandra Lonardo Mastella (Forza Italia). Si porta appresso il fardello di un paio di processi nati dai fatti del 2008, quando fu messa agli arresti domiciliari a Ceppaloni per presunte ingerenze nella sanità casertana, e pochi giorni dopo il marito ministro di Giustizia diede la sua spinta per far cadere il governo Prodi. Nei mesi scorsi la signora Mastella e il coniuge hanno collezionato due assoluzioni a Benevento da accuse di corruzione e concussione.

Sergio Nappi (Caldoro Presidente). Eletto in ‘Noi Sud’, il 22 aprile 2013 Nappi è finito agli arresti domiciliari con accuse di truffa nell’ambito dell’inchiesta sull’utilizzo dei fondi del consiglio regionale. Nei mesi scorsi è stato rinviato a giudizio. Il pm contesta più di 50.000 di fatture poco chiare.

Enricomaria Natale (Campania in Rete per De Luca). Avversario del sindaco anticlan Renato Natale alle comunali di Casal di Principe, Enricomaria Natale è uno dei nomi più discussi. Il Fatto Quotidiano e Roberto Saviano hanno ricordato le vicende giudiziarie del padre, un presunto prestanome del clan Schiavone. “Ho rotto col centrodestra di Cosentino nel 2010 e i miei familiari hanno chiarito tutto” dice Natale.

Marco Nonno (Fratelli d’Italia per Caldoro). Vice presidente del consiglio comunale di Napoli, è stato condannato in primo grado a 8 anni per le devastazioni di Pianura durante la rivolta antidiscarica del gennaio 2008. Il pm aveva chiesto 14 anni.

Luciano Passariello (Fratelli d’Italia per Caldoro). E’ indagato dalla Dda di Cagliari in un’inchiesta sul presunto riciclaggio dei proventi del clan dei Casalesi in un complesso turistico in Sardegna, l’avviso di conclusione indagini è stato firmato a fine marzo.

Paolo Romano (Ncd per Caldoro). E’ presidente del consiglio regionale in carica, e candidato alle europee, quando il 20 maggio 2014 il Gip di Santa Maria Capua Vetere ne ordina l’arresto per tentata concussione. Avrebbe provato a costringere il manager dell’Asl di Caserta Paolo Menduni a nominare persone da lui indicate ai vertici dell’ente sanitario, facendo riferimento al rispetto di “accordi di natura politica” altrimenti avrebbe messo i bastoni tra le ruote alla gestione dell’Asl attraverso “continui controlli”.

Gennaro Salvatore (Caldoro Presidente). E’ uno degli uomini più vicini a Caldoro, col quale divide i trascorsi socialisti, nonché uno dei ‘simboli’ dell’inchiesta sulla Rimborsopoli campana. Arrestato e rinviato a giudizio, da capogruppo del Nuovo Psi avrebbe prodotto tra gli scontrini portati a rimborso anche l’acquisto di una tintura per capelli. Lui è calvo.

Rosalia Santoro Turco (Campania in Rete per De Luca). Archeologa, è la moglie di Nicola Turco, ex cosentiniano editore di Notix, un sito di news e gossip politico ultra cliccato nel casertano. Il marito è indagato per concorso esterno in associazione camorristica nell’inchiesta sugli affari di Cesaro a Lusciano. Davanti al pm, Nicola Turco ha raccontato notizie inedite sulla mancata candidatura di Cosentino alle regionali del 2010.

Cosimo Silvestro (Campania in Rete per De Luca). Nel 2005 si candida in Idv, diviene capogruppo in Campania. Per una lite furibonda con un dirigente locale, esce dal partito e si dichiara indipendente. Nel 2010 si ricandida. Nel Pdl. “Ma non ho preso mai la tessera”. Ora ci riprova nel centrosinistra.

Luigi Sorianiello (Campania in Rete per De Luca). Nel 2009 fu eletto consigliere provinciale di Napoli nella maggioranza del forzista Luigi Cesaro. Unico che riuscì nell’impresa da candidato in ‘Italiani nel Mondo’, il mini partito di Sergio De Gregorio. Nel febbraio 2012 un’inchiesta della Dia rivelò che all’exploit avrebber contribuito una circostanza: secondo le carte dell’ordinanza di custodia cautelare notificata al boss Carmine Montescuro, i collaboratori di Sorianiello furono gli unici ad accordarsi con il clan camorristico di ‘Zi Minuzzo per assicurarsi l’affissione (e la permanenza sui muri) dei manifesti elettorali nel quartiere di Sant’Erasmo. I manifesti degli altri candidati venivano inesorabilmente strappati.

Antonella Tramontano (De Luca presidente). Avvocato, moglie del figlio di un ex senatore, la signora Tramontano è imputata in un processo per associazione a delinquere finalizzata alla truffa nato da un’inchiesta su presunti falsi sinistri stradali nell’agro nocerino.

Teresa Ucciero (Campania in Rete per De Luca). Ex assessore della giunta di Caserta, nel 2013 fu nominata vice coordinatore del Pdl in provincia di Caserta. E’ politicamente legata al senatore Vincenzo D’Anna, un ex azzurro che fu molto vicino a Cosentino e che ora è tra gli ispiratori di ‘Campania in Rete’, la lista civico-politica alleata col Pd.

Annalisa Vessella Pisacane (Cd – De Luca). Nel 2010 fu eletta nell’Udc, all’epoca alleato di Caldoro. E’ la moglie di Michele Pisacane, coordinatore campano del partito di Tabacci, ex parlamentare dei Responsabili corso in soccorso di Berlusconi.

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Severino, il dilemma di Renzi premier-segretario: in Campania meglio perdere
Severino, il dilemma di Renzi premier-segretario: in Campania meglio perdere
Politica

Il candidato Pd alle Regionali: “Il capo del governo ha detto che la questione è risolvibile. Tar o giudice ordinario non ci cambia nulla". Ma dopo la proclamazione si annuncia una specie di conto alla rovescia perché la sospensione verrà applicata proprio da Palazzo Chigi. Intanto il caso arriva sul Financial Times: "E’ un caso che mostra i limiti dei poteri del leader democratico"
di F. Q. | 27 maggio 2015
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Più informazioni su: Candidati Impresentabili, Cassazione, Governo Renzi, Legge Severino, Matteo Renzi, Vincenzo De Luca

Con una battuta si potrebbe dire che a Matteo Renzi converrebbe che il Pd in Campania perdesse. Il rischio è che con l’elezione a presidente di Vincenzo De Luca – “presentabile”, candidabile e però ineleggibile per la legge Severino – qualsiasi mossa faccia il presidente del Consiglio finisca per metterlo in un vicolo cieco. Sarebbe infatti il governo a far partire la procedura di sospensione del governatore, sostenuto in campagna elettorale dal segretario del Pd, cioè Renzi stesso. E se lo fa senza lasciare tempo a De Luca di nominare almeno un vice, la Campania rischia di finire paralizzata e le sue elezioni praticamente inutili. Se prende tempo, lasciando fare le nomine a De Luca (che quindi affiderebbe il governo regionale a un vice reggente in attesa di fare ricorso al tribunale) il capo del governo sarebbe accusato di conflitto d’interessi. Tutto questo mentre il caso De Luca arriva sul Financial Times, Renzi rivendica la legge anticorruzione (che ha delle falle, come sostengono i magistrati) e che “il Pd è legalità” e mentre la storia della lista degli impresentabili si è risolto con un pasticcio in commissione Antimafia.
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L’affare è diventato più complicato dopo la decisione della Corte di Cassazione che ha tolto ai Tar la competenza sui ricorsi alle sospensioni delle cariche elettive che scattano con la legge Severino affidandola ai tribunali ordinari, meno celeri nelle loro decisioni. Quindi è tutta una questione di tempi. Se De Luca domenica prossima verrà eletto presidente, dovrebbe essere sospeso appena proclamato: “La sospensione non può scattare – spiega all’HuffingtonPost David Ermini, responsabile Giustizia del Pd – prima che De Luca entri in possesso delle sue funzioni”. In Campania la seduta del consiglio regionale deve essere convocata nei primi 20 giorni dopo l’elezione. A quel punto potrebbe iniziare il conto alla rovescia perché si arrivi alla sospensione. Il presidente ha 10 giorni per nominare la giunta, vicepresidente compreso. Ma De Luca dovrà fare il prima possibile perché dopo la proclamazione inizierà l’iter della Severino, una specie di gioco dell’oca: la Procura segnalerà il caso di De Luca al prefetto che a sua volta avviserà il governo (i ministeri coinvolti sono quelli degli Interni e degli Affari regionali, tra l’altro vacante) che comunica la sospensione al prefetto che la notifica al consiglio regionale.

Financial Times: “Campania mostra limiti poteri di Renzi”
Ma il caos Campania varca i confini nazionali. Sulla storia di De Luca infatti scrive anche il Financial Times: “Vincenzo De Luca – si legge – ha grandi piani se verrà eletto presidente della Campania il 31 maggio”. Il titolo dell’articolo è “Il voto in Campania mostra i limiti della portata di Renzi”, spiegato poi nell’articolo: “Relazioni opache tra figure politiche al Sud frenano l’influenza di Roma”. Il messaggio di trasformazione di De Luca, spiega il Ft, “ricalca la piattaforma portata avanti a livello nazionale dal primo ministro riformista Matteo Renzi”. Il Financial Times avverte tuttavia che “l’imminente voto in Campania ha messo in evidenza i limiti dell’influenza di Renzi al di fuori di Roma, dove i politici locali possono ancora appoggiarsi a personaggi sgradevoli e ad una rete di clienti estremamente difficili da smantellare”. Il sindaco di Salerno, scrive ancora il Ft, “rappresenta la tenacia di quel vecchio sistema”.
Renzi: “Questo è il Pd, è legalità. C’è chi la combatte a parole, chi con i fatti”

Renzi: “Il Pd è legalità”
In precedenza il presidente del Consiglio Renzi volando “più alto”, senza soffermarsi sulla questione De Luca. “Sento parlare di impresentabili, ma sulla legalità non prendiamo lezioni da nessuno – ha scandito da Perugia – Questo è il Pd, è legalità. C’è chi la combatte a parole, chi con i fatti”. E ha ricordato la legge anticorruzione approvata dal Parlamento: “Sento parlare di impresentabili, presentabili… Ma il Pd è il partito che ha fatto la legge anticorruzione con pene più dure di quelle che c’erano prima, ha fatto una legge per cui chi vuole patteggiare perché ha rubato, patteggia ma paga fino all’ultimo centesimo e fino all’ultimo giorno della sua pena. Ha rimesso il falso in bilancio, ha messo l’autoriciclaggio e ha fatto accordi con Svizzera e Vaticano per riportare i soldi in Italia facendo pagare le tasse, ha fatto legge sugli ecoreati. Questo è Pd, perché erano anni che queste leggi venivano vagheggiate, ispirate, sussurrate, noi le abbiamo fatte”.

De Luca: “Renzi ha detto che è un problema superabile”
Ma Renzi, in questa situazione, in effetti appare sempre più solo. Lo stesso De Luca, infatti, reagisce alla pronuncia della Suprema Corte come se il problema non fosse suo: il capo del governo, ha detto il sindaco di Salerno, “ha chiaramente definito la Severino un problema superabile, confermando che chi viene scelto dai cittadini, con un voto democratico, potrà tranquillamente governare”. Il presidente del Consiglio, esattamente due settimane fa, aveva detto: “Quando a De Luca si è consentito di partecipare alle primarie – ha aggiunto Renzi – si è preso atto che la norma è stata disapplicata a Salerno ma soprattutto a Napoli. Di fatto è un problema superabile”. Il problema, come ricorda il Corriere della Sera in un’analisi di Marco Demarco, è che non ha mai specificato come.
De Luca: “Hanno paura di perdere. Sono alla disperazione. Se la Cassazione stabilisce che la competenza è del tribunale ordinario per noi non cambia nulla”

“E’ strategia della confusione: hanno paura”
Non solo: la norma nel caso di Napoli e Salerno fu disapplicata dal Tar, in pochi giorni, mentre la Cassazione ora dà tutti i poteri ai giudici ordinari che – a prescindere dal merito – sono meno rapidi a decidere. De Luca ironizza: “Dibattito commovente, fantastico”. E derubrica la pronuncia della Cassazione a “nuovo episodio della strategia della confusione“: “Hanno paura di perdere. Sono alla disperazione. Se la Cassazione stabilisce che la competenza è del tribunale ordinario, piuttosto che del Tar, per noi non cambia assolutamente nulla”. Secondo il sindaco di Salerno è “tutto come prima. In casi precedenti, i giudici ordinari e quelli amministrativi sono arrivati alle stesse conclusioni, garantendo pienamente l’esercizio delle cariche pubbliche”.

Il precedente pugliese del “giudice ordinario”
De Luca dice che è tutto come prima perché nel merito lui e il Pd puntano molto, oltre alla tempistica su sospensione e ricorsi vari, sul precedente di un caso pugliese, quello di Fabiano Amati, ex assessore regionale in Puglia, reintegrato in consiglio regionale dopo la sospensione avvenuta per la condanna per tentato abuso d’ufficio. Il reintegro era avvenuto attraverso la pronuncia della corte d’appello di Bari, quindi un giudice ordinario.

Guerini: “La politica rifletterà su modifiche a legge”
Tutto questo, che come minimo è motivo d’imbarazzo dentro al Pd sembra il preludio a possibili modifiche alla legge Severino. “Si è aperto un dibattito in questi mesi – ha annunciato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, parlando proprio da Napoli, epicentro della questione “impresentabili” – Credo quindi che chi sarà chiamato a intervenire su eventuali ricorsi dovrà lavorare, ma poi più avanti la politica dovrà riflettere sul tema”. Per Guerini, dunque, non ci sarà “nessun caos istituzionale, ma una legge decisa dal Parlamento in una fase particolare del nostro Paese che ha dei percorsi precisi”. Una “fase particolare” che però non sembra del tutto conclusa: proprio oggi 5 persone sono state arrestate per compravendita di voti.
di F. Q. | 27 maggio 2015

BRAMBILLA
Cronaca di un delirio, di cui il lettore non capirà nulla. La questione è quella dei cosiddetti «impresentabili». Cioè i candidati che, per vari motivi, primi fra tutti i guai giudiziari, sarebbe stato opportuno non mettere in lista. Diciamo così: se i segretari di partito avessero avuto il buon gusto di non candidarli, il problema non si sarebbe posto. Ma siccome non hanno avuto il buon gusto, non resta che chiedere lumi alla legge. E qui comincia il delirio
La Stampa, mercoledì 27 maggio 2015
Quella che segue è la cronaca di un delirio, di cui il lettore – lo avvertiamo per tempo – non capirà nulla. Ma la colpa non è nostra. Se non si capisce nulla, è perché la notizia è proprio questa: l’Italia è un Paese dove non si capisce nulla.
La questione è quella dei cosiddetti «impresentabili». Cioè i candidati che, per vari motivi, primi fra tutti i guai giudiziari, sarebbe stato opportuno non mettere in lista. Diciamo così: se i segretari di partito avessero avuto il buon gusto di non candidarli, il problema non si sarebbe posto. Ma siccome non hanno avuto il buon gusto, non resta che chiedere lumi alla legge.
E qui comincia il delirio. Dunque. Che cosa dice la legge? Un politico condannato può candidarsi alle elezioni oppure no? In qualunque altro Paese la risposta sarebbe un «sì» o un «no»: probabilmente più «no» che «sì», ma in ogni caso una risposta chiara. In Italia è un po’ più complesso. C’è una legge approvata dal Parlamento, la Severino, che dice che no, non ci si può candidare. Così, ad esempio, era stato dichiarato ineleggibile Silvio Berlusconi.
Poi erano stati fatti decadere i sindaci di Salerno, Vincenzo De Luca, e Napoli, Luigi de Magistris.
Ma che cos’è in fondo una legge di fronte ai Tar, questi giudici onniscienti che pare abbiano il potere di decidere su tutto, dalle bocciature a scuola ai campionati di calcio? Così, De Luca e De Magistris avevano fatto ricorso a un Tar, avevano vinto ed erano stati reintegrati. Non solo: De Luca si è candidato alle regionali di domenica prossima alla presidenza della Campania, diventando a furor di popolo il primo, appunto, degli «impresentabili».
Ieri, però, le sezioni unite civili della Cassazione hanno stabilito che sulla legge Severino non può esprimersi il Tar, ma un giudice ordinario. Così De Luca torna ineleggibile: e se domenica vince le elezioni, un attimo dopo essere diventato presidente verrà fatto decadere. Da chi? Pare dal presidente del Consiglio, anche se questa è la tesi di alcuni avvocati ma non di tutti. Comunque la Campania resterebbe senza presidente. Fino a quando? Ah beh, non si può pretendere di saperlo con precisione. Ci sarebbe un giudizio in tribunale, poi un secondo e un terzo grado, e a quel punto la Campania avrebbe forse un presidente. Magari ottuagenario, ma un presidente.
Attenzione, però. Un Tar ha posto la questione di incostituzionalità della legge Severino, e in ottobre la Consulta dovrà esprimersi. Dovesse bocciarla, e dichiararla anticostituzionale, De Luca tornerebbe immediatamente eleggibile e si riprenderebbe la poltrona di governatore della Campania. Ma ri-attenzione: il giudizio fissato per ottobre davanti alla Corte Costituzionale potrebbe saltare, perché la questione di incostituzionalità della legge Severino era stata sollevata, appunto, da un Tar, e siccome ieri la Cassazione ha detto che il Tar non è competente sulla Severino, il ricorso dovrebbe essere invalidato. A quel punto De Luca decadrebbe di nuovo. È chiaro perché dicevamo che non è chiaro?
Aggiungete che la commissione Antimafia, a sua volta, avrebbe individuato altri tredici candidati «impresentabili» e si apprestava a farne i nomi. Ma ieri c’è stata una fuga di notizie su quattro candidati pugliesi, e le prefetture della Campania pare abbiano smarrito alcuni documenti che avrebbero dovuto inviare a Roma. E così, niente lista. Tutto rinviato a venerdì, a campagna elettorale chiusa.
Capite, cari lettori, in quali condizioni si andrà a votare, domenica prossima, in sette regioni italiane? Resta un dubbio: che questa confusione, in fondo, non dispiaccia poi tanto a chi compila le liste elettorali.
Michele Brambilla