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 2015  maggio 26 Martedì calendario

L’INCREDIBILE AUTO CHE VOLA


QUESTO È IL RACCONTO di un viaggio nel tempo. Un’avventura iniziata a Bratislava alla fine degli anni Ottanta, quando l’Europa è divisa in due dal Muro di Berlino e la Cecoslovacchia, lo si capirà nei mesi a venire, si trova dalla parte sbagliata della storia. Dopo quasi tre decenni di salite ardite e discese precipitose – troppo precipitose – il viaggio non è ancora terminato. Anzi: il bello deve ancora venire.
Se fosse un film, nella prima scena si vedrebbe un gruppo di giovani seduti sulla sponda del Danubio. Guardano verso Ovest, al di là del fiume, dove ci sono l’Austria e il mondo libero. Uno di loro, 30 anni non ancora compiuti, alza lo sguardo al cielo. Si chiama Stefan e viene da una famiglia di aviatori: il padre e il nonno, entrambi piloti, l’hanno cresciuto fra piste d’atterraggio, aggeggi volanti e pezzi di ricambio. E in quel momento, mentre fissa il cielo e sogna di librarsi in aria e oltrepassare la cortina di ferro, che la vita di Stefan cambia rotta.
«Durante la Guerra fredda, nella Cecoslovacchia sovietica l’aereo era un simbolo di libertà, una delle possibilità per scappare via. Tanti piloti tentarono di superare il confine in volo: alcuni ci riuscirono, altri persero la vita sotto i colpi dei caccia che controllavano lo spazio aereo» racconta Stefan Klein, oggi 55enne. Il suo piano di fuga, immaginato quel giorno sulla sponda Est del Danubio, non contempla aerei. Prevede invece un’automobile volante con cui arrivare fin sulla riva del fiume, decollare e poi atterrare dall’altra parte. Una macchina come tutte le altre non fosse per un piccolo dettaglio: le ali che si aprono schiacciando un bottone.
L’idea, romantica e un po’ pazza, non è nuova. Il primo brevetto per un’auto volante è datato 1903, il primo prototipo del 1917. «Ricordatevi le mie parole: la combinazione fra aereo e automobile sta per arrivare. Potrà farvi sorridere, ma sta per arrivare» disse nel 1940 il pioniere Henry Ford. Sedici anni dopo, quando Aerocar – una specie di utilitaria con le ali – è pronta per la produzione in serie, è il mercato a non essere ancora pronto (ne vengono ordinati appena sei esemplari).

Il giovane Stefan, cresciuto leggendo i libri di fantascienza di Jules Verne e guardando film come Quei temerari sulle macchine volanti, queste storie le conosce bene. Come sa di Vladimir Prislupsky, il cecoslovacco che nel 1987 tentò la fuga su un aliante equipaggiato con il motore di una Trabant. Non ha però il tempo di mettere in pratica il suo piano: nel dicembre 1989, un mese dopo la caduta del Muro, la Cecoslovacchia si apre alla democrazia e al mondo. Eppure il sogno dell’auto volante non rimane in un cassetto. Stefan lo mette su carta, trasformandolo nella sua tesi di laurea all’Accademia di design e belle arti di Bratislava, e poi comincia a lavorarci in un garage fra le mura del castello di Nitra, nell’attuale Slovacchia.
Passa qualche anno. Mentre Klein diventa un designer affermato, il progetto cresce assieme a lui. «Mi costruivo i pezzi da solo, oppure li prendevo dalle auto in commercio» racconta. «AeroMobil 1.0, il primo prototipo, era un veicolo non trasformabile in grado di viaggiare su strada e di volare. Pur possedendo tutti i requisiti fondamentali, esteticamente era piuttosto bizzarro e inadatto a un uso normale». Dopo anni di attesa, arriva il momento di spiccare il volo: «Quando mi sono alzato in cielo e ho osservato il mondo da dentro l’abitacolo, e mi sono sentito davvero parte dell’oggetto che avevo creato... Beh, quello è stato l’attimo migliore».
Chissà quanti, ascoltando questi racconti, avranno preso Stefan Klein per un inguaribile sognatore, un folle alla Emmeth Brown, l’inventore della DeLorean volante di Ritorno al futuro. Eppure lui va avanti, e dal garage nel castello di Nitra dopo il primo prototipo esce anche il secondo. Siamo negli anni Duemila ed è a questo punto della sceneggiatura che compare un altro personaggio: «Una volta completato AeroMobil 2.0» ricorda Klein «non avevo più risorse per proseguire lo sviluppo. Così feci visita al mio vecchio amico Juraj, che si innamorò subito del progetto».

Juraj Vaculik: c’era anche lui, quel giorno di fine anni Ottanta, sulla sponda del Danubio. Pure Juraj, studente di Arti drammatiche, lanciava lo sguardo verso l’Austria e sognava le libertà del mondo occidentale. Di lì a qualche mese, da leader del movimento studentesco, avrebbe guidato la Rivoluzione di velluto e la transizione della Cecoslovacchia dal comunismo alla democrazia. Manager teatrale, poi pubblicitario di successo, nel 2010 Vaculik apre il portafoglio e fonda la società AeroMobil con Stefan Klein. L’obiettivo è trasformare il prototipo in un mezzo di trasporto prodotto in serie. «Stefan è un pazzo» dice Vaculik, «ma anche un genio. Facciamo sei persone in due: lui è il designer, l’ingegnere e il pilota; io sono l’investitore, il businessman e l’uomo marketing».
Nell’ottobre 2014 AeroMobil 3.0, la prima «flying car» completamente trasformabile al mondo, viene presentata al Pioneers Festival di Vienna. Vista dal davanti somiglia a una fiammante supercar sportiva; di profilo, con le ali aperte, sembra uno strano ibrido da fumetto. «Guidare in città, e trovarmi cinque minuti dopo in cielo, mi ha dato la sensazione di libertà più incredibile che abbia mai provato» dice Klein dopo il volo inaugurale. Il veicolo ha due posti e quattro ruote. Largo due metri e lungo sei, come la Cadillac One del presidente Barack Obama, ha ali estraibili in fibra di carbonio. In versione stradale viaggia fino a 160 km/h, in volo supera i 200 km/h con un’autonomia di 700 chilometri. Per decollare ha bisogno di un rettilineo lungo 200 metri mentre per l’atterraggio ne bastano appena 50. «È arrivato il momento di rendere gli spostamenti più emozionanti, accessibili ed efficaci: il trasporto personale sta per cambiare per sempre» annuncia il ceo Vaculik.
Nel frattempo, dagli anni Novanta, la concorrenza è aumentata. I due slovacchi non sono gli unici a tenere il prototipo di un’auto volante parcheggiato in garage. Ci sono i veicoli Vtol, a decollo e atterraggio verticale; e poi c’è Terrafugia Transition, la vettura con ali estraibili progettata da un gruppo di ingegneri usciti dal Mit di Boston. AeroMobil, però, è in una fase di sviluppo più avanzata, pronta per essere venduta già nel 2017 per qualche centinaia di migliaia di euro. E i finanziatori disposti a investire qualche milione di euro non mancano: «C’è chi considera ancora improbabile che le auto volanti possano trasformarsi in veicoli di uso quotidiano. Ma pensate ai telefoni cellulari: all’inizio si diceva che non sarebbero mai diventati dei prodotti di massa... Il momento è ora» dice Juraj Vaculik.

La favola del genio folle che costruisce l’auto volante in un remoto castello della Slovacchia sembra vicina al lieto fine. Al nostro film mancano solo i titoli di coda. E invece, ecco il colpo di scena: sullo schermo, al posto della fiammante supercar alata, compaiono i rottami di un veicolo in mezzo a un prato. È l’8 maggio 2015, nemmeno un mese fa: mentre sta testando AeroMobil 3.0 nei cieli sopra Nitra, Stefan Klein è costretto ad attivare la procedura di emergenza e lanciarsi col paracadute. «Il sistema ha dimostrato la sua piena funzionalità portando a terra il veicolo senza alcun danno al pilota. I dati raccolti e l’esperienza fornita da questo volo di prova saranno analizzati, e i risultati utilizzati per migliorare il prototipo. I test e lo sviluppo proseguiranno dopo aver sostituito le parti danneggiate» recita il comunicato della società.Forse, dopo quasi 30 anni di lavoro, AeroMobil non è ancora pronta per diventare un mezzo di trasporto prodotto in serie. Forse nemmeno noi siamo preparati per un futuro in cui le code si superano aprendo le ali, e il cielo si popola di piccoli aeroplani a quattro ruote. Ma se siete arrivati fino in fondo a questo racconto, sarete d’accordo anche voi con Henry Ford: «Potrà farvi sorridere, ma l’auto volante sta per arrivare...».